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 2010  maggio 22 Sabato calendario

LA FINANZA DI OBAMA

Con 59 voti a favore e 39 contro il Senato di Washington approva la più significativa riforma finanziaria dai tempi della Grande Depressione, consentendo alla Casa Bianca di ipotizzare la promulgazione della legge per il prossimo 4 luglio, l’«Independence Day».
Il testo del Senato prevede la protezione dei consumatori attraverso la creazione di un’apposita agenzia che sarà creata dentro la Federal Reserve, la vigilianza su mutui e crediti, la creazione del «Financial Stability Oversight Council» presieduto dal ministro del Tesoro per scongiurare «rischi sistemici», la creazione di un elenco per gli hedge funds, stretti controlli per limitare l’uso dei 600 trilioni di dollari di prodotti derivati - che innescarono nel settore immobiliare il terremoto finanziario del 2008 - e anche un versione ridotta della «regola Vocker» per obbligare le banche a cedere gli interessi accumulati con operazioni ad alto rischio a loro affiliate al fine di separare «le attività commerciali da rischi tipo-casinò». Senza contare la possibilità da parte del governo di assumere il controllo di «banche troppo grandi per cadere» se dovessero porre dei rischi al sistema finanziario.
Si apre adesso una fase di negoziati per armonizzare questo testo con quello già approvato dalla Camera dei Rappresentanti. Il presidente Obama ha riunito nello Studio Ovale i titolari delle commissioni Finanze dei due rami del Congresso, Chris Dodd al Senato e Barney Frank alla Camera, per tentare sprattutto di sciogliere i nodi relativi alla «regola Volcker» e alla necessità di impedire che «banche troppo grandi per cadere» possano porre grandi rischi alla stabilità dei mercati. «Abbiamo molto lavoro da fare - ha detto Obama all’inizio dei colloqui perché Camera e Senato devono limare le differenze e non c’è dubbio che in questa fase tanto il mondo della finanza che i lobbisti continueranno a battersi per scongiurare la possibilità di raggiungere l’accordo finale». A dare fiducia al presidente c’è però il fatto che al Senato quattro repubblicani hanno votato a favore della legge - incluso Scott Brown, che in Massachusetts detiene il seggio che fu di Ted Kennedy - consentendo di dare alla decisione dell’aula la veste bipartisan che la riforma della Sanità non ha invece avuto. A dare battaglia dalla sinistra sono invece i due senatori liberal Maria Cantwell e Russ Feingold, che hanno fatto mancare il sostegno alla maggioranza democratica lamentando la carenza di «forti garanzie» tese a impedire la formazione di «banche troppo grandi per cadere». Uscendo dalla Casa Bianca, Dodd si è comunque detto ottimista sulla possibilità di arrivare ad un testo concordato in tempo utile per farlo promulgare al presidente in occasione del 4 luglio, consentendogli così di affrontare la campagna elettorale di novembre per il rinnovo del Congresso con la forza politica derivante dall’approvazione di due delle maggiori riforme promesse agli elettori nel 2008: su Sanità e regolamenti finanziari.
I mercati finanziari hanno reagito al voto del Senato tradendo un chiaro nervosismo, con l’indice Dow Jones che è sceso del 3,6 per cento prima di risalire oscillando attorno allo zero. Dietro tale umore c’è la preoccupazione dei maggiori gruppi finanziari, da JP Morgan a Bank of America fino a Goldman Sachs, che la riforma approvata limiterà di molto le loro attività, con conseguenze negative a pioggia sui profitti. «La verità è che quando la legge sarà promulagata i colossi di Wall Street non potranno più continuare le loro spericolare discese libere a scapito degli interessi e dei risparmi consumatori» commenta Harry Reid, capo della maggioranza democratica al Senato.