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 2010  maggio 25 Martedì calendario

LA MANOVRA NON TOCCA GLI SPRECHI DELLA SANITA

Nella piana di Gioia Tauro, in Calabria, ci sono ben sette ospedali. I n particolare a Palmi c’è una struttura con 268 dipendenti per 28 posti letto. Non se la passano male nemmeno in Molise dove c’è un nosocomio ogni 29mila abitanti, quando in Veneto ne trovi uno ogni 83mila. E i risultati si notano. Soprattutto alla voce ”spese”: la Calabria sborsa 3.110 euro l’anno per ogni suo cittadino. Campobasso invece ne tira fuori 2.849 per ogni molisano. Mediamente la spesa sanitaria in Italia è pari a 2.175 euro per ogni abitante. Peccato che in Lazio la cifra voli a 3.172 euro pro capite. Il record del Belpaese. Una somma lievitata del 91,4% soltanto fra il 2006 e il 2008. Il costo dunque è quasi raddoppiato sotto la gestione dell’ex governatore Piero Marrazzo. Ora la spesa vale il doppio di quella del Veneto. Eppure le strutture del Nordest, o meglio ancora quelle della Lombardia, non hanno nulla da invidiare ai centri laziali. Anzi. Venezia e Milano vantano ogni anno centinaia di milioni di euro di crediti dalle Regioni meridionali perché parecchi pazienti del Sud salgono al Nord per farsi curare. Stano, no? Nel Mezzogiorno ci sono più ospedali che sopra gli Appennini...
Costi standard
Il sistema è esploso proprio nell’ultimo decennio e ormai non sta più in piedi. Pochi giorni fa il governo ha intimato ad alcune Regioni in super rosso (Lazio, Campania, Molise e Calabria) di varare una finanziaria regionale per intervenire sul deficit. I neo governatori, che in molti casi sono in carica da appena due mesi, dovranno scegliere se tagliare le strutture o
imporre nuove tasse. Il fatto è che le manovre locali non risolveranno definitivamente il problema. Riusciranno solo a tamponare le spese. Solamente l’attuazione dei decreti sul federalismo fiscale che imporranno i costi standard al posto della spesa storica saranno in grado di far risparmiare decine di miliardi l’anno allo Stato e, di conseguenza, alle Regioni. E chi non riuscirà a rispettare le tabelle che usciranno dai ministeri dovrà arrangiarsi con l’Irap, l’addizionale Irpef e parte del gettito Iva. Finite queste voci non interverrà più lo Stato a metterci una pezza. O meglio, interverrà solo per commissariare l’ente sprecone e mandare a casa chi l’ha portato al dissesto.
La manovra di Tremonti come dice lui dovrà per forza essere solo «un aperitivo». L’Italia non può sperare di evitare la sindrome greca solo congelando gli stipendi agli statali o dimezzando i contributi elettorali ai partiti. Con la compartecipazione dei Comuni al gettito da evasione potrà arrivare una boccata d’ossigeno per lo Stato centrale e per le casse municipali. Ma non basterà. Solo un radicale cambiamento delle distribuzione delle risorse permetterà all’Italia di rimanere in piedi. Una rivoluzione che dovrà andare a braccetto con la responsabilizzazione della classe politica.
Sardegna meno sprecona
Chi dice che il federalismo costa, forse non sa di cosa parla. Non c’è solamente la spesa sanitaria che fa acqua. Alle voci ”assistenza” e ”istruzione” ci sono sempre le solite Regioni a primeggiare negli sprechi. Secondo una classifica stilata ieri dal Sole24 Ore, il Molise è in testa alla graduatoria dell’’assistenza” con 204 euro pro capite, mentre è ultima in quella dell’’Istruzione” con soli 10,71 euro.
La gara degli sprechi però non può ridursi semplicemente a un confronto fra Sud cattivo contro Nord buono. Basta vedere le spese delle Regioni a statuto speciale. In Italia si spendono mediamente 2.259 euro per ogni abitante fra sanità, istruzione e assistenza. Bene, in Valle d’Aosta la cifra raggiunge i 4.361 euro. Quasi il doppio. E la provincia autonoma di Bolzano? Nel Sud Tirolo gli euro si ”fermano” a 4.205 euro. Seguono i cugini di Trento (3.663 euro). Ultima è la Sardegna con 1.999 euro. Quasi come la Toscana (1.932) e il Piemonte (2.022). Oltre 650 euro in meno rispetto alla ricca Lombardia.