Franco Bechis, Libero 25/5/2010, 25 maggio 2010
MANOVRA DURA L’UNICO MODO PER RIPARTIRE
Dura lo è davvero, e assai meno fantasiosa di quelle a cui Giulio Tremonti aveva abituato gli italiani. La manovra da 24 miliardi di euro in due anni che questa sera il Consiglio dei ministri dovrà approvare è molto essenziale, come impone la necessità. La parte più rilevante è fatta di tagli alla spesa pubblica e di congelamenti stipendiali alla parte del Paese che più ha avuto in questi anni, perfino durante la prima parte della crisi economica: la pubblica amministrazione.
Ci sono sfumature qua e là nella bozza di testo preparata dai tecnici del ministero dell’Economia, ma la sostanza è questa: per tre anni nessun aumento contrattuale agli statali, risorse congelate e con un tetto massimo per le code contrattuali ancora non concluse, uscite pensionistiche ritardate (con un pizzico di flessibilità) per tutti. Un intervento netto che ha preoccupato nella sua prima stesura il ministro dell’Innovazione e della Funzione pubblica, Renato Brunetta (tocca a lui quasi metà della manovra), ma che ieri sera sembrano avere trovato la classica ”quadra” durante un aperto confronto nella consulta economica del PdL. Certo che i tagli e i blocchi prolungati di stipendio non piacciono ai diretti interessati. Ma se si confronta quel che negli ultimi anni hanno avuto gli statali rispetto a tutte le categorie del comparto privato, c’è poco da lamentarsi.
Hanno già ricevuto aumenti consistenti con gli ultimi contratti (con il governo di centro destra e la regia di Gianfranco Fini misero fieno in cascina per lunghi anni) e in più hanno goduto di una condizione invidiabile nell’ultimo biennio horribilis: non licenziabili, gli statali sono l’unica categoria di lavoro dipendente a non avere perso un solo posto di lavoro o avuto un giorno di cassa integrazione, mantenendo un potere d’acquisto superiore a tutti gli altri.
All’interno delle attuali risorse finanziarie del pubblico impiego e grazie anche ai risparmi nella spesa corrente per i vari ministeri si riuscirà oltretutto a reperire fondi sufficienti a non mandare in malore la sacrosanta riforma di Brunetta, che premia la produttività e il merito anche all’interno del pubblico impiego. Così si riesce a mettere insieme le due filosofie che si sono confrontate alla vigilia della manovra. Unite dall’idea comune sulla finanziaria: ad accompagnare le cifre serve soprattutto un messaggio psicologico. Per Tremonti era essenziale quello da lanciare fuori dai confini ai mercati finanziari: ci saranno tagli e saranno tagli di spesa vera e duraturi, senza se e senza ma. Per Brunetta serviva anche un messaggio psicologico interno: non c’è solo da stringere al cinghia, ma anche la possibilità di rimboccarsi le maniche, stringere i denti e ottenere qualcosa di più domani. Avere potuto alla vigilia coniugare entrambi i messaggi psicologici è l’architrave più importante di questa manovra, quella che la irrobustisce di più.
In ogni capitolo della prossima finanziaria, d’altra parte, Tremonti ha inserito messaggi subliminali, se non psicologici certo simbolici. C’è ne è in abbondanza al di là del loro rilievo di cassa nei tagli alle spese fuori controllo dei ministeri: quei capitoli che ingrassarono sotto il governo di Romano Prodi come le consulenze, la convegnistica, le missioni di viaggio, gli studi, le sponsorizzazioni dei vari ministeri. Ora arriva la scure, che sarà graduata e nelle ultime ore si è adattata alle esigenze dei vari dicasteri.
La prima bozza tagliava del 50 per cento tutte le spese. L’ultimo testo di ieri sera ne tagliava alcune del 100 per cento (le sponsorizzazioni) e altre meno. Ma la sostanza è quella. Come simbolica e qualcosa di più è diventata la parte di tagli ai costi della politica. Sforbiciata a ministri, sottosegretari e grand commis oltre certi tetti di stipendio (5 per cento sopra gli 80 mila euro fino a 130 mila e da lì in poi il 10 per cento). Ma ha un peso anche sostanziale la decisione di dimezzare i contestatissimi rimborsi elettorali ai partiti politici, che tali non erano. Ora quella parola rimborso avrà un po’ più aderenza alla realtà delle spese effettuate e cade uno degli argomenti principi delle polemiche sulla casta.
Sul fronte delle entrate ci sono numerose misure di lotta all’evasione, e pace se si ripesca un pizzico di filosofia sfoggiata all’epoca da Vincenzo Visco e Pierluigi Bersani (tracciabilità dei pagamenti, limite all’uso del contante). Dopo le vicende della cricca e degli alloggi facili, era necessaria l’abiura. C’è anche qualche tassa indiretta, come quella ipotizzata su tangenziali e raccordi autostradali o sui ticket sanitari. Ma anche queste danno l’idea della emergenza, che è reale.