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 2010  maggio 23 Domenica calendario

Il giovane Lenin a Ulianovsk Storia di un pianista mancato - ULIANOVSK (Russia)’ Avesse assecondato i desideri della madre, raffinata pianista, Vladimir Ilic Ulianov avrebbe forse potuto figurare tra i grandi compositori e concertisti russi di metà e fine Ottocento, quali Ciaikovskij, Borodin, Mussorgsky o, successivamente, Rimskij-Korsakov, Scriabin o Rachmaninov

Il giovane Lenin a Ulianovsk Storia di un pianista mancato - ULIANOVSK (Russia)’ Avesse assecondato i desideri della madre, raffinata pianista, Vladimir Ilic Ulianov avrebbe forse potuto figurare tra i grandi compositori e concertisti russi di metà e fine Ottocento, quali Ciaikovskij, Borodin, Mussorgsky o, successivamente, Rimskij-Korsakov, Scriabin o Rachmaninov. E invece, con lo pseudonimo di Lenin assunto nel 1901, passò alla Storia come il leader supremo della Rivoluzione proletaria marxista in Russia e nel mondo: e Simbirsk, la città sul Volga dov’era nato nel 1870, prese simultaneamente il suo cognome, diventando Ulianovsk. Ci sono appena arrivato da Seratov, la notte intera su un treno dormitorio di terza classe che sarebbe piaciuto a Tolstoj, insieme a frotte di bimbi miagolanti su materassi o nel budello del corridoio, tra lo sbatacchiamento continuo delle porte dei cessi come ninna nanna: chi non dormiva (ed erano i più) poteva intravedere dal finestrino decine di villaggi in fuga sulle colline subito inghiottiti dal buio e tante piccole case di legno, del tutto simili a quelle dipinte da Chagall, l’ebreo russo fuggito a Parigi negli anni Venti che passava le giornate nei bistrot della Rotonde di Montparnasse affogando nel vino. Di legno è pure l’abitazione di Ulianovsk dove Lenin visse con la famiglia dal 1878 al 1887’ nove anni tra l’infanzia e l’adolescenza ”, che è rimasta tale e quale: «Si tratta ormai naturalmente di una casa-museo – spiega la signora Lira, un’anziana pensionata che ci fa da guida introducendoci in ognuna delle dieci stanze della magione – ma ci vengono soprattutto gli stranieri, particolarmente numerosi gli italiani, gente che evidentemente nutre grande interesse per un personaggio storico di tali dimensioni... Devo invece ammettere, con rammarico, che l’affluenza dei miei compatrioti è piuttosto scarsa».  nato davvero nella bambagia, Vladimir Ilic: un’infanzia dorata, lontanissima dai traumi e dai drammi che avrebbero occupato, per intero, la sua esistenza. Il padre, Ilya, insegnante di matematica e fisica al liceo, sarebbe poi diventato direttore didattico nella provincia di Simbirsk; la madre, Maria Aleksandrovna, era una donna coltissima, poliglotta e con una grande passione per la musica che avrebbe trasmesso al figlio. Ecco infatti, in una delle stanze, il pianoforte a coda su cui, a quattro anni, Vladimir cominciò a far scorrere le sue manine. Sul fatto poi che solo cinque anni dopo, quand’era già in grado di ricamare sulla tastiera arabeschi da virtuoso, smise improvvisamente di suonare, esistono versioni contrastanti: secondo alcuni fu la mamma a decidere, ritenendo quella del pianista un’arte «tipicamente femminile»; secondo altri invece fu il ragazzo stesso a troncare, convinto com’era che esibirsi al pianoforte non poteva essere considerata «un’occupazione virile». Una casa e una famiglia, quella degli Ulianov, tipica della borghesia intellettuale russa fine Ottocento: condizioni di vita privilegiate che lo misero a disagio quando, giovanissimo, intraprese la carriera politica abbracciando la causa del proletariato. «Come può vedere – insiste la signora Lira’ questa è un’abitazione confortevole ma non lussuosa, senza alcuna ostentazione di sfarzo, come usava fra i ricchi d’allora. Certo, gli Ulianov avevano il giardiniere, il cameriere, chi badava al fuoco e al riscaldamento e non mancavano le bambinaie per i pargoletti». La donna continua a parlare dell’affettuosa atmosfera domestica in casa Lenin: «Qui Vladimir dormiva e studiava – dice aprendo cautamente la porta di una stanzetta al primo piano, minuscola e spoglia come la cella di un certosino ”. Guardi, ci sono ancora tutti i suoi libri, i testi di greco e di latino, Erodoto...La sua curiosità culturale era insaziabile». Non deve sorprendere, a questo punto, che il rampollo di una famiglia benestante e apparentemente conservatrice sia stato affascinato dagli ideali rivoluzionari, come lo era stato, in misura minore, suo padre: il quale, pure appartenendo alla classe borghese, preferì dedicarsi all’istruzione popolare tra la povera gente piuttosto che cedere agli adescamenti di una brillante carriera nella burocrazia. Pagelle con 5 (che da queste parti è il voto massimo) in tutte le materie la dicono lunga sulle capacità mentali, oltre all’impegno e alla diligenza, dello scolaro Vladimir, che frequentò il ginnasio-liceo maschile di Simbirsk fino alla maturità, raggiunta con pieno merito a 17 anni. Ma, successo scolastico a parte, non si può dire che abbia avuto un’adolescenza serena. Smise presto di andare in chiesa e di fare il chierichetto e alla fine si lasciò trascinare nel vortice del Movimento rivoluzionario giovanile dove militava il fratello Alessandro, maggiore di 5 anni. Ciò che accadde ad Alessandro lo avrebbe segnato per il resto della vita. Il fratello, studente in legge presso l’Università di San Pietroburgo, venne arrestato nel marzo del 1887. L’accusa era pesante: insieme ad altre «teste calde» della città, che avrebbe poi assunto il nome di Leningrado, aveva organizzato un complotto per far fuori lo zar Alessandro II. Due mesi dopo, a maggio, lui e gli altri giovani congiurati pendevano dalla forca nella Fortezza di San Pietro e Paolo. Nella sala del liceo, dove gli studenti sostengono il colloquio-esame finale, conservano tuttora una foto del macabro evento. «Anche Alessandro’ ricorda ora un docente dell’Istituto sfogliando un albo fotografico dov’è ritratta la famiglia Lenin al completo – era molto bravo a scuola. Tanto che alla fine lo hanno congedato con la medaglia d’oro». Per far proseguire gli studi a Vladimir, la famiglia Ulianov decise di trasferirsi a Kazan, dove c’era un’antica Università che gode tuttora di grande prestigio. Al tempo si poteva accedere ai corsi universitari senza sostenere l’esame di maturità: a patto però che i voti ottenuti al liceo e registrati sulla pagella fossero ben sopra la sufficienza. E questo era senza dubbio il caso dello studente che anni dopo si sarebbe insediato al Cremlino col nome di Lenin. In realtà il pellegrinaggio a Ulianovsk sarebbe dovuto cominciare dalla casa natale di Vladimir Ilic, un edificio a due piani di mattoni bianchi, attorno al quale e sopra il quale è stata costruita nel 1970’ centenario della nascita’ una megastruttura in cemento che ospita gli uffici dell’apparato amministrativo e burocratico della città. Ma tanta opulenza architettonica ha finito per isolare ulteriormente la dimora dove il neonato emise i suoi primi vagiti e a renderla ancor più remota e inaccessibile. Nel tentativo di rinverdirne la memoria e scrostare l’uomo dai quintali di muffa retorica che gli avevano rovesciato addosso quand’era in vita e dopo, sono stati fatti (e si continua a farne) documentari e filmati che vorrebbero fare emergere soprattutto il lato umano, buono o cattivo, del personaggio. stata ad esempio ricostruita, così com’era, la scuola elementare dove Vladimir – riferiscono le cronache di un secolo emezzo fa’ «stava sempre al primo banco perché era piccolo» e dagli ultimi non era in grado di leggere la lavagna. Su un grande schermo vediamo ora scorrere le immagini d’una Simbirsk d’epoca, quando sopra i tetti delle città svettavano i campanili aguzzi di tre chiese – in una delle quali era stato battezzato Lenin’ che negli anni Trenta il regime ridusse in polvere. Ma ciò che allora, nel momento dell’affermazione ed espansione del comunismo prima della Seconda guerra mondiale, poteva forse apparire come un evento ineluttabile, a distanza di tempo potrebbe essere considerato un atto di pura follia, una barbarie. a Kazan che il ragazzo di Ulianovsk viene infine arrestato dai gendarmi zaristi per la sua attività clandestina. La punizione è grave: espulsione immediata dall’Università e divieto di soggiorno, per lui e la famiglia, nella capitale del Tatarstan. Ma grazie all’intervento della madre, che ha via via allentato i rapporti con Ciajkovskij e Rachmaninov per stare più vicina al figlio, e di un gruppo di «persone che contano», il ministro delle Pubblica Istruzione ha rimosso i provvedimenti. Più forte di un mulo, neanche questa volta Vladimir Ilic era stramazzato sotto i colpi di frusta del regime che aveva sperato invano in un suo ravvedimento. Al contrario. Mentre ancora si leccava le ferite dell’ultima punizione, aveva ripreso i contatti coi vecchi compagni dell’Università e, stabilendosi definitivamente a Pietroburgo dopo la laurea in legge, l’ancor giovane e brillante avvocato s’era messo ad insegnare l’Abc del marxismo agli operai nei quartieri poveri della città. Ma da tempo ormai, la sua non è più la voce che grida nel deserto. Ha scritto libri e saggi importanti sul socialismo, prende contatto con le organizzazioni del lavoro di tutto il mondo e i suoi viaggi all’estero (in Svizzera, Italia, Messico, a Parigi, a Londra, a Berlino) sono sempre più frequenti. Nel ”17, infine, allo scoppio della Rivoluzione in Russia, afferma nel suo storico, perentorio messaggio che non c’è più tempo da perdere e che «il potere deve passare nelle mani del proletariato». Ma il suo fisico, minato dall’arteriosclerosi, non regge e Lenin muore a Gorkij nel gennaio del 1924, a 54 anni. Di tutt’altra razza il suo successore, Josip Vissarionovich Stalin, nato a Gori, in Georgia, nel 1878, quando Lenin aveva 8 anni e viveva con la famiglia a Ulianovsk, nella grande casa di legno con dieci stanze. Non è il caso qui di ricordare il ritmo dell’industrializzazione forzata da lui voluta in vista della guerra; le miniere di nichel, oro e platino di Norilsk, che videro la morte di migliaia di uomini, donne e bambini, stroncati dalla fatica e dalla fame; lo sterminio delle tristemente famose «purghe»; i gulag della Siberia trasformati in camposanti, con un cimitero a parte per sole donne dove avrebbe trovato pace (se non è leggenda) Lara, l’eroina del Dottor Zivago. Non sorprende che il Piccolo Padre avesse un’ammirazione sterminata per Ivan il Terribile, al punto da indurre il regista Sergej Eisenstein ad esaltare la figura in un film, dove il protagonista esordisce con le fatidiche parole: «Da questo momento non son più granduca di Mosca ma Zar di tutte le Russie». «Non t’allargà», avrebbero detto a Roma, ridimensionandolo con una battuta canzonatoria. Ma la Storia ha già pronunciato il suo autorevole verdetto; le statue di Stalin sono state rimosse dai piedistalli e abbattute con violenza, mentre quelle di Lenin continuano a troneggiare indisturbate su tutte le piazze della Russia. 3-continua. Le prime due puntate sono state pubblicate il 25 aprile