Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera 22/05/2010, 22 maggio 2010
DALLA DOPPIA ELICA ALLA BIOLOGIA ARTIFICIALE
La nostra è l’ era della genetica, la scienza che studia la trasmissione da una generazione all’ altra delle caratteristiche biologiche degli organismi. Almeno questa era la visione della genetica e del ruolo dei geni, i portatori materiali dell’ informazione genetica, fino a 60 anni fa. Abbiamo poi appreso che le istruzioni portate dai geni sono assolutamente necessarie per la vita di ogni cellula, e quindi di ogni organismo, in tutte le ore e i minuti della sua esistenza. Studiare i geni e la loro azione è divenuta quindi una necessità essenziale per capire la vita. Watson e Crick dettero nel 1953 un corpo e una forma - una bellissima, quasi simbolica, forma - al Dna nella sua essenza fisico-chimica e nel suo assetto spaziale. A quel punto si è aperta la caccia al significato biologico di questa bella realtà. Occorrono però diversi anni prima che si «decifri» il codice genetico, si comprenda cioè come l’ informazione biologica passi dal Dna alle proteine del corpo. Si tratta di nozioni che oggi si studiano a scuola, ma è stato necessario il lavoro di molti gruppi di ricerca, lavoro che vede il suo coronamento nel 1966. Da quel punto comincia una cavalcata inarrestabile, con alcune fasi particolarmente rilevanti, come quando a metà degli anni Settanta è nata l’ Ingegneria Genetica, quell’ insieme di tecniche che permettono di isolare e osservare da vicino il Dna di ogni singolo gene, di tagliarlo e ricucirlo a piacimento per produrre sempre nuove molecole di Dna, da inserire poi, eventualmente, nelle cellule dalle quali lo si è estratto. Così dal «capire» si passa al «fare», e soprattutto si procede ad analizzare organismi molto complessi, non più solo i batteri e i loro virus. Un numero impressionante di studi è stato compiuto sui geni più diversi degli organismi più diversi: gli anni 80 e 90 segnano l’ esplosione della Biologia Molecolare, la biologia moderna. Tanto confidenti si è diventati nel frattempo nelle proprie forze che si cominciano ad analizzare, nucleotide per nucleotide, pezzi di Dna sempre più lunghi, finché a qualcuno non viene in mente di imbarcarsi nello studio della sequenza nucleotidica di un intero genoma, cioè dell’ insieme di tutti i geni, di una determinata specie, dalle più semplici alle più complesse. Prima è toccato a certi batteri, che contengono solo qualche migliaio di geni e poco Dna, poi al lievito, organismo unicellulare, ma non batterico, che ha cellule non dissimili dalle nostre, in cui si può studiare con profitto anche il fenomeno dell’ invecchiamento. E siamo nel 1997. Poi in rapida successione è toccato al genoma di due organismi relativamente semplici ma che hanno fatto la storia della genetica: il vermetto nematode C. elegans e il moscerino dell’ aceto D. melanogaster. Ma già alla metà degli anni 90 a qualcuno, fra cui il nostro Renato Dulbecco, è venuto in mente di «aggredire» niente meno che il nostro genoma, la nostra più riposta essenza biologica, impresa che si presentava estremamente ardua e costosissima, che si è però conclusa in relativamente poco tempo e con grandi, epocali risultati. Per un astratto essere umano e per alcune persone specifiche si conosce oggi la sequenza di tutto il Dna. Con il risultato che oggi il genoma non è più l’ insieme dei geni, ma sono i geni a essere visti come i diversi capitoli di senso compiuto che possiamo individuare all’ interno del gigantesco testo rappresentato dal genoma, che è così divenuto il protagonista delle vicende della genetica. Fino a questo punto si tratta di una «indagine conoscitiva», un’ analisi della natura e del significato dei diversi genomi. Da questo punto comincia quella che Venter ama chiamare la biologia sintetica: si smette, almeno momentaneamente, di analizzare e si passa a progettare e costruire genomi «su misura» che poi vengono inseriti in cellule svuotate del loro genoma e fatte funzionare con il nuovo Dna. storia di questi ultimi anni, culminata con la produzione di un batterio elementare «pilotato» da un Dna sintetico. Adesso tocca, ovviamente, alla cellula: anch’ essa andrà sintetizzata a comando, ma non pare un problema insolubile, sempre che ci interessi.
Edoardo Boncinelli