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 2010  maggio 22 Sabato calendario

QUANTI ”FURBETTI” ATTORNO AL MINISTRO

Gli piace la velocità, il brivido, al ”federale della Maremma”, Altero Matteoli. Gli piace sgommare con la macchina e correre, correre. E se non lo fa lui, lo chiede all’autista. Tanto che nessuno si stupì nel sentirlo dire, annunciando di voler aumentare i limiti di velocità, che in fondo ”è vero che se si va forte si consuma di più, ma si sta anche meno in strada, quindi ne beneficia pure l’inquinamento”. Sano pragmatismo toscano. Ecco, è così il ministro Matteoli, logico e franco. E, soprattutto, risoluto. Tanto per dirne una, nel febbraio scorso, ha usato quella franchezza un po’ ruvida per chiedere (e, ovviamente, ottenere) che l’Eurostar Genova’Roma tornasse a fermarsi nella natia Cecina in barba a Campiglia e Follonica che avevano chiesto un identico privilegio. Un vero ministro di destra fa così: ordina. Come ai bei tempi della prima Repubblica, quando Fanfani, faceva fare sosta ad Arezzo al treno per Roma o quando Scajola volle lo scalo direttamente sul pianerottolo di casa, ad Albenga. E dire che Almirante lo guardava storto a Matteoli perché era massone e lui gli rispondeva che uno che si chiama ”A l t e ro ” non può che esserlo davvero. Bei tempi, quelli, per Matteoli. Era prima che la sua carriera fosse tempestata di tanti ordini sbagliati e di soprattutto di altrettante scelte non proprio felici in fatto di collaboratori stretti e fidati. L’ultimo scivolone, certo il più grosso, riguarda Ercole Incalza, uomo chiave del ministero delle Infrastrutture tornato, suo malgrado, agli onori delle cronache per un alloggetto acquistato (a sua insaputa?) per la figlia via Diego Anemone. Ma Incalza è solo l’ultimo. Nel 2003 sul proscenio ce n’era - no altri. Fu in quell’anno che Tremonti, sempre in caccia di denaro, decretò la cartolarizzazione di alcuni beni dello Stato. Uno di questi era l’isola di Pianosa, inserita nel parco Nazionale dell’arcipela - go Toscano. E giusto per far piacere ai suoi elettori, Matteoli – a l l o ra ministro dell’Ambiente – affer mò che l’isola non sarebbe mai stata messa in vendita. Ci credettero tutti. Poi, però, successe un’a l t ra cosa. Che il parco venne commissariato e Matteoli nominò commissario Ruggero Barbetti (An) sindaco di Capoliveri. Pianosa, però, faceva tanta gola ai palazzinari. E ad agosto un consulente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Giuseppe Foresi, ex responsabile di An per l’Elba, ebbe la bella idea di accettare in regalo da due imprenditori toscani un sorvolo in elicottero a Pianosa. Ad aspettarli sull’isola c’era anche il Professor Brogi della segreteria di Matteoli che li portò a visitare le strutture del carcere e gli fece fare pure il bagno a Cala Giovanna. Al ritorno, l’elicottero venne sequestrato dai Carabinieri perché non aveva le necessarie autorizzazioni al sorvolo di Pianosa. Scoppiò uno scandalo e Barbetti si mise nei guai con una battuta infelice, ma rivelatrice: ”Pianosa diventerà la Disneyland dell’Elba”. Una frittata. Tale da costringere Matteoli ad avvicendare il commissario per il Parco. E chi nomina? Emilio Brogi, quello che ha fatto da guida alla visita ”on air” degli imprenditori. Il ”bandito che diventa sceriffo”? Chissà. Di fatto, di lì a breve lo stesso Brogi finirà in un’inchiesta della procura di Catanzaro per aver dato notizie parziali alla comunità Europea, ma nel frattempo Matteoli si era già messo nei guai per conto suo per aver rivelato (sempre agosto 2003) al prefetto livornese Vincenzo Gallitto l’esistenza di un’in - dagine nei suoi confronti; l’inchie - sta venne battezzata Elbopoli e riguardava appartamenti concessi a prezzo di favore a personaggi di spicco dell’isola e non solo. Un ciclone. Il tribunale di Genova in primo grado ha condannato Gallitto, il vice Giuseppe Pesce e l’ex capo dei gip Germano Lamberti. Per Matteoli, la Camera, il 28 ottobre 2009, ha negato l’autorizzazione a procedere. E nulla si è mosso. Ma la storia di Matteoli, in fatto di scelte sbagliate, è lunga. Come quando l’Ateneo di Perugia decise di conferigli la laurea ad honorem in Ingegneria. E chi gli mette in testa l’alloro? Franco Cotana, per pura coincidenza allora direttore (siamo nel 2006) del Centro Ricerca Biomasse, voluto dal ministero dell’ Ambiente, e consulente del medesimo dicastero. Lo si scopre, ma finisce lì. Stavolta con Incalza, però, è diverso, anche se non è facile dare il ben servito a chi, per t re n t ”anni, ha avuto ruoli chiave nell’ideazione e approvazione delle opere chiave del Bel Paese, che guarda caso arrivano a costare fino a nove volte la media europea. Amministratore delegato della Tav spa con Necci alle Ferrovie, con Lunardi nel 2006 consigliere del ministro con delega ai rapporti internazionali, Incalza finì nei guai per concorso in corruzione. Compagni di sventura Necci, Pacini Battaglia, Maraini. Con loro avrebbe corrotto l’ex capo dei gip di Roma Squillante e il pm Giorgio Castellucci, che dovevano indagare sulla Tav. Eppure, la sua carriera non ha avuto danni rilevanti. Passa persino incolume sotto Prodi e Di Pietro. Ma appena torna al ministero ”il federale della Maremma”, Incalza fa incetta degli incarichi più rilevanti del ministero; ha persino la scelta delle opere da inserire nella ”legge Obiettivo” e di tutto quanto c’è di più delicato proprio in materia di appalti.