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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

RAI, PETRONI L’AZZURRO CHE SI ASTIENE

Tra le pieghe del caso Santoro a Viale Mazzini, e non solo, scoppia il giallo di Angelo Maria Petroni, consigliere di amministrazione in quota Tesoro, cioè Tremonti. L’altro giorno, l’ardito Petroni si è infatti astenuto sul complesso affaire del conduttore di Annozero. Lui e il centrista dell’Udc Rodolfo De Laurentiis, per la precisione. Ma se per l’esponente cattolico la motivazione, spiegano dai piani alti di Viale Mazzini, è riconducibile a un tatticismo autonomista, ossia differenziarsi sempre dai due poli, questo l’imperativo del terzopolista Casini, per Petroni la questione è diversa. I soldi, in pratica. Per il consigliere azzurro-tremontiano la mossa del dg Mauro Masi ha un costo troppo elevato: quasi 17 milioni di lire tra liquidazione e progetti futuri. Insomma, una linea che stride con l’austerity del dante causa di Petroni. Di qui la decisione di astenersi e non votare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con Santoro.
Ieri, il bis. Stavolta, sul tanto atteso piano industriale della Rai, presentato dal dg Mauro Masi, e che punta al pareggio di bilancio nel 2012. Nel provvedimento anche gli esodi incentivati per i dipendenti cui mancano al massimo tre anni per la pensione. Altri 15 milioni di euro in ballo. E nuova astensione. Come per Santoro, Petroni ha boicottato il voto bipartisan del consiglio e ha preferito non pronunciarsi. Del resto il braccio di ferro con Masi, sul piano industriale, andava avanti da parecchie settimane. Petroni rivendicava, in quanto rappresentante dell’azionista, un coinvolgimento diretto nella redazione del piano. Invece nulla. Non a caso, quando gli è arrivato in visione, lo ha rispedito al mittente senza nemmeno aprirlo. Ennesimo schiaffo al poco amato direttore generale proveniente da Palazzo Chigi versante Gianni Letta, il concorrente di Tremonti nei santuari dei poteri forti.
Ma che Petroni sia diventato un caso per il centrodestra di Viale Mazzini, lo dimostrano anche altri episodi. Appena una settimana fa, il consigliere del Tesoro ha fatto saltare il blitz, anche questo bipartisan, sul rinnovo dei vertici di Rai Cinema, tirandosi appresso l’esponente ex An del cda, Guglielmo Rositani. Poi c’è la battaglia sulla Sipra, la concessionaria della pubblicità per il servizio pubblico. Da mesi, il centrodestra ha indicato l’ex sottosogretario Antonio Martusciello per il ruolo di amministratore delegato, oggi vacante. E da mesi, Petroni blocca la nomina perché vorrebbe la promozione del dg della Sipra, Reali. Nell’ottobre scorso, infine, il tremontiano del cda, con il sostegno del centrista del Pd Rizzo Nervo, si è messo di traverso al nuovo contratto di Bruno Vespa, oggi collaboratore esterno della Rai. Il motivo? Sempre lo stesso: «Troppo costoso».
Chi lo conosce, racconta che Petroni è sì legato al ministro dell’Economia, se non altro per il rapporto con l’azionista, ma «spesso si muove autonomamente, rispondendo solo a se stesso». Risultato: in alcuni casi tratta, in altri no. Introdotto nel 2001 nei palazzi romani che contano dall’allora presidente del Senato Marcello Pera, Petroni stempera il suo tremontismo mantenendo un filo diretto con il Cavaliere. Qualcuno giura di averlo sentito vantarsi di essere «il vero spin doctor» del Cavaliere. Come che sia, da tempo il premier ha individuato in Petroni, rinomato docente universitario di epistemologia, il rettore ideale per l’annunciata università del pensiero liberale con sede a Lesmo, nella Villa Gernetto acquistata da poco. Nel frattempo, in attesa di speculare intellettualmente sul liberalismo, Petroni continua a dilettarsi con la praxis della Rai. E a fare sconquassi, secondo gli esponenti del Pdl di Viale Mazzini, stanchi delle bizze del professore.