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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

QUEGLI 800MILA EURO NEL GIORNALE DI VERDINI

Chi si mette per mare lo sa, che il vento può d’improvviso prendere direzioni inaspettate. E non è che si cerca per forza l’immagine a effetto, ma insomma, quest’inchiesta della Procura di Roma sui progetti d’impianti eolici in Sardegna e sulla presunta corruttela che celerebbero si dirama dalla Capitale al Sulcis, e poi San Marino e Firenze, fino a Campania e Sicilia. L’ipotesi d’accusa è quella d’una sorta di comitato d’affari, che avrebbe illecitamente brigato per assegnare a imprenditori amici le concessioni relative al business dell’eolico succoso in teoria, di là da venire in pratica. Coinvolti sono il coordinatore del PdL Denis Verdini, il governatore di Sardegna Ugo Cappellacci, il finanziere specializzato in misteri Flavio Carboni.
E poi una serie di funzionari sardi, tipo il direttore dell’agenzia per lo sviluppo sostenibile Ignazio Farris, il commissario per le concessioni idriche Franco Piga, il consigliere provinciale di Iglesias Pinello Cossu. Per finire, l’imprenditore ed ex assessore napoletano Arcangelo Martino, e anche un ex giudice tributario, Pasquale Lombardi. Otto indagati in tutto. S’era parlato anche dell’assessore sardo all’Urbanistica Gabriele Asunis, ma la Procura ha smentito, «non è indagato a Roma»: si vedrà. Nei fascicoli compare poi il nome di Marcello Dell’Utri, e però nemmeno lui è iscritto nel feral registro. Un’inchiesta che procede in silenzio, quasi sottotraccia: val la pena di fare il punto. Comincia un paio d’anni fa, quando da alcune intercettazioni vien fuori che proprio Carboni si sta interessando agli affari legati all’eolico in Sardegna: si muove, prende contatti. All’inizio del 2009, poi, Ugo Cappellacci scalza dalla presidenza della Sardegna Renato Soru, a quel punto è a lui che bisogna arrivare. Carboni avrebbe allora chiesto a Dell’Utri come muoversi per segnalare aziende a lui vicine: «Parlane con Verdini», è in sostanza il consiglio. Così accade. Tanto che l’incontro a tre Carboni, Cappellacci e Verdini si tiene proprio a casa del coordinatore PdL. Circostanza confermata dallo stesso Cappellacci, che però assicura di aver smontato i progetti di Carboni: «Spiegai che non era possibile soddisfare le aspettative degli imprenditori». In effetti, la sua giunta ha poi bloccato i progetti, soprattutto i cosiddetti impianti eolici off-shore, quelli con le enormi pale impiantate in mare. Direttiva arrivata nel marzo scorso.
In ogni caso, gli investigatori vogliono intenderne di più. C’è da capire se la nomina di Ignazio Farris a responsabile dell’agenzia per l’energia sostenibile in Sardegna faccia parte del ”disegno criminoso”. Farris è amico di Carboni, quest’ultimo non ne fa mistero: «Farris è persona a cui voglio bene, raccomandare una persona mica è reato». Ma, soprattutto, si vuol accertare se Carboni abbia raccolto soldi fra le società interessate all’affare, soldi che sarebbero eventualmente serviti per ”facilitare” l’assegnazione delle concessioni. Mazzette, tanto per parlare fuor di metafora. Ed ecco che i pm si mettono a scartabellare fra conti correnti e passaggi di denaro. Si parla di cinque milioni riferibili proprio a Carboni che vanno e vengono da una banca di San Marino, e anche di controlli in un istituto romagnolo e in un altro di Iglesias.
E s’arriva ancora a Verdini: più precisamente al Credito Cooperativo Fiorentino, banca di cui lo stesso Verdini è presidente. Dove, sul conto corrente del Giornale della Toscana, testata dai conti in sofferenza con l’esponente PdL azionista fondamentale, vengono depositati 800mila euro in assegni circolari. Versamento effettuato da due persone. Una è Antonella Pau, 43 anni, che di Carboni è la compagna da anni. E insomma, l’avviso di garanzia a Verdini sarebbe anche conseguenza del sospetto che quei soldi rappresentino una sorta di ”onorario”, corrisposto allo stesso Verdini in virtù dei supposti interventi sulla questione. C’è da sottolineare che la signora Pau non è neanche indagata. L’ipotesi è del tutto rigettata da Marco Rocchi, l’avvocato dello stesso Verdini, lui che è poi stato il primo a fare il nome della Pau: «L’operazione è del tutto regolare, si tratta di due persone che vogliono entrare nella società editrice. E ne verseranno ancora, di denaro: altri due milioni entro fine anno. Tutto alla luce del sole. Se qualcuno pensa a una tangente mascherata, è fuori strada». Dal canto suo Carboni, intervistato dalla Nuova Sardegna, non nasconde «il mio interesse per l’editoria. I conti del Giornale della Toscana non vanno bene? Si acquistano i giornali in perdita, quelli che fanno utili sono ovviamente incedibili ». Come detto, l’inchiesta s’allarga anche in altre regioni. L’altro giorno la Procura di Roma ha deciso unire le proprie forze a quelle dei colleghi campani e siciliani, sorta di coordinamento fra i magistrati che indagano sulle irregolarità legate all’eolico. Si scambieranno informazioni e atti. Senza contare che, proprio fra le aziende interessate al business sardo, ce n’è qualcuna la cui composizione societaria non pare davvero trasparente. L’attenzione degli inquirenti si concentra su cinque società, tre delle quali riferibili a un uomo d’affari di Trento già condannato proprio per illeciti legati a impianti eolici in Sicilia.
A proposito: e l’eolico sardo? Tutto fermo o quasi. Come detto, l’11 marzo la giunta Cappellacci ha bloccato le autorizzazioni. C’era in ballo il progetto di un grosso gruppo di Cesena, Trevi Group: ritirato. Un altro era quello della veneziana Quantas: anch’esso naufragato. E poi c’erano i piani del gruppo Sorgenia-De Benedetti, che come scritto su Libero da Franco Bechis proprio sulle energie pulite, fotovoltaico più che eolico, avevano puntato il proprio sviluppo industriale fra Cagliari e dintorni, con l’accordo firmato nel dicembre 2008 con l’allora presidente Soru. Accordo la cui realizzazione, con la nuova giunta, non pare più così scontata.