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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

IL TRACOLLO DELLA MASERATI CHE HA COLPITO LA FERRARI

Lungo la via Nonantolana, che congiunge Modena a Nonantola in direzione di Bologna, capita di incrociarle spesso: Maserati con la targa provvisoria, appesa dietro con un filo, e il cofano ancora incartato di cellophane. Sono loro il problema. Il collasso dell’economia modenese La crisi (di immagine, non di conti) della Ferrari comincia l’11 maggio. La Gazzetta di Modena titola: ”Ferrari, allarme 270 esuber i”. la sconfitta di quella che i 223 aderenti al gruppo Facebook ”Salva il cassintegrato Ferrari” definiscono ”una campagna di propaganda aziendalista che ci rende invisibili agli occhi dell’opinione pubblica”. Perché in Ferrari i cassintegrati ci sono da ottobre 2009, ma si notano poco. Anche perché intorno a loro, negli anonimi stabilimenti di ceramiche, materie plastiche e componentistica che circondano la cittadella imprenditoriale della Ferrari a Maranello, è arrivata l’apocalisse. Il Pil modenese nel 2009 è crollato del cinque per cento, non c’è distretto industriale che tenga. La Camera di commercio della città riassume così la situazione: ”A livello settoriale il collasso dei livelli produttivi registrati nel corso del 2009 ha interessato un po’ tutti gli ambiti di attività dell’industr ia modenese”. Nell’ultimo trimestre dell’anno il fatturato della ceramica crolla del 10 per cento rispetto all’anno precedente. Il metalmeccanico quasi del 20 (18,51), il biomedicale del 13,82. La Ferrari resiste, come da tradizione: 6.193 vetture consegnate alla rete dei distributori, 1,7 miliardi di ricavi netti, 245 milioni di utile operativo. Nessun problema, in apparenza. Purtroppo c’è anche la Maserati: entrambe fanno parte del gruppo Fiat, entrambe convivono, un po’ a fatica, nella ”Motor Valley” modenese. La Maserati sta sprofondando: nel 2008 aveva 825 milioni di euro di ricavi netti, nel 2009 448, il numero di auto consegnate è passato da 8.759 a 4.489. Per mesi davanti alla fabbrica-concessionario, con torre ed enorme tridente illuminato in cima ai margini del centro di Modena, hanno manifestato i precari scaricati dall’azienda nel 2009: bandiere, striscioni, comunicati. Però il problema vero non era lì, ma a Maranello. A Modena c’è solo l’assemblaggio, mentre a Maranello si fanno i motori e le scocche delle Maserati. Quando la domanda crolla, chi lavora nelle officine Ferrari ma su veicoli Maserati, non ha più molto da fare. L’azienda ”cioè la Ferrari – ha quindi ora la necessità di ”con - centrare le risorse sulle attività core”. Che, tradotto, significa avere meno uomini e macchine impegnate sulle Maserati che non si vendono per concentrarsi sulle Rosse che nel 2010 dovrebbero vendersi bene come nel 2009. E si arriva così ai 270 esuberi, il dieci per cento delle 2700 persone che lavorano a Maranello. Il ragionamento della Ferrari è questo: visto che a noi interessa lo spirito e il dettaglio del prodotto, ci sono alcune parti della ”catena del valore” che possono essere fatte all’esterno, così che si guadagna in flessibilità senza perdere nulla dello ”stile Ferrari”. Ridurre all’osso i costi fissi e aumentare quelli variabili, cercando di salvare i posti di lavoro che verrebbero esternalizzati a imprese locali. Perché la Ferrari deve diventare più rapida e più duttile: i mercati in espansione sono quelli asiatici, dove i clienti non sono abituati alla lista d’attesa di 18 mesi tipica di Maranello (perché le Rosse devono farsi desiderare) e quindi l’azienda vuole scendere almeno a 12 mesi. La cura Marchionne arriva a Maranello Ma il grande pasticcio mediatico non è partito tanto dagli esuberi, quanto da un premio di produzione (o bonus, come lo chiama l’azienda) da poco più di 1.000 euro. ”La settimana scorsa Ferrari è venuta all’incontro con i sindacati dicendoci che il premio non era più un nostro diritto ma una contropartita se accettavamo i 270 esuberi. Una prova di forza inutile visto che noi siamo pronti ad affrontare il problema dell’eccesso di capacità produttiva ”, racconta Giordano Fiorani, segretario provinciale della Fiom Cgil modenese. C’è anche chi ha visto dietro la strana mossa Ferrari – un polverone per poche migliaia di euro (fondamentali però per gran parte dei nuovi operai Ferrari, quasi tutti immigrati da Calabria, Sicilia e Campania) -’ un assaggio della ”cura Marchionne”, arrivata anche in quello che, dopo le dimissioni da presidente Fiat, dovrebbe essere dominio esclusivo di Luca Cordero di Montezemolo: riduzione della capacità produttiva, aumento della produzione e tagli al costo del lavoro. I sindacati riassumono così: non potevano chiedere sacrifici a Pomigliano e dare a noi i premi produzione. Il primo round della trattativa si è chiuso mercoledì, dopo 16 ore di trattativa, alle 5:30 del mattino: i lavoratori strappano un bonus di 1.200 euro, l’assunzione di 100 precari e in cambio accettano i 270 eusuberi in cambio della garanzia che vengano esternalizzati a imprese del territorio. Il danno di immagine, però, ormai è fatto: ancora lunedì mattina all’alba, davanti ai cancelli di Maranello, c’erano gli operai in cassa integrazione a protestare per quella che dovrebbe essere l’ul - tima delle settimane di ”cassa”pre viste. Ferrari finisce sui giornali, anche su quelli modenesi non certo ostili, per le sue relazioni industriali, invece che per i trionfi sportivi o i record di vendita. E questo può diventare un problema molto concreto. Perché c’è un pezzo consistente dell’economia modenese che si regge sul mito della Ferrari, e non si tratta soltanto del Ferrari Store di Maranello. Una città che vive sul mito delle Rosse ”Modena terra di motori” è un’etichetta che riunisce una fetta importante dell’economia modenese, coordinata dalla Camera di commercio e dal comune, e che trasforma il marchio Ferrari in una fonte infinita di eventi e manifestazioni, una celebrazione permanente del mito automobilistico modenese (si festeggia anche questo weekend, per il centenario del costruttore di auto da corsa Stanguellini). Paolo Rossi Barattini ha un’azienda agricola con un’acetaia, dove si produce il balsamico tradizionale dop di Modena: ”Alcuni turisti arrivano direttamente con il passaparola, ma per quasi tutti la visita all’acetaia è parte di un pacchetto turistico che ruota intorno alla Ferrari e al tour guidato degli stabilimenti di Maranello. Sono soprattutto americani e tedeschi che, per fortuna, probabilmente non sanno neppure dei problemi di questi giorni”. poi quasi pronta la casa-museo dedicata a Enzo Ferrari (la fondazione è guidata dal modenese Mauro Tedeschini direttore di Quattroruote), futura cattederale della cultura motoristica di Maranello. Scalfire il mito, quindi può essere pericoloso, anche se viene colpito nel suo anello più debole, la Maserati. Anche perché in Formula 1 le Rosse di Fernando Alonso e Felipe Massa sono in affanno, non riescono a tenere i ritmi della Red Bull e il Mondiale costruttori sembra un’impresa quasi impossibile. Lunedì Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, era a Maranello per il cda Ferrari e oggi dovrebbe tornare a Modena. L’agenda non è nota, ma in molti pensano che stia preparando l’inevitabile: il passaggio di una parte della lavorazione di Maserati alla Bertone, la carrozzeria di lusso salvata dal fallimento pochi mesi fa come omaggio alla torinesità di Fiat. In quel caso il mito perderà un altro pezzetto e l’economia modenese pure.