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 2010  maggio 27 Giovedì calendario

CARLO DE BENEDETTI

L’ingegnere attacca D’Alema e Bersani per sentirsi vivo e intanto si fa un mutuo da 5 milioni che finirà di pagare a 89 anni –

Lo sguardo dell’Ingegnere si spinge sulle vigne di Dogliani che furono del presidente. A caccia di ispirazione. Perché è proprio qui che, mezzo secolo fa, Luigi Einaudi, presidente liberale, mise mano alle sue «Prediche inutili». Ed è qui, nel suo buen retiro langarolo, che, tra una pedalata in bici e la messa domenicale che non trascura mai, Carlo De Benedetti, editore e finanziere, mette a punto le sue incursioni da opinionista universale, o da «uomo libero», come ama sottolineare: un giudizio su Barack Obama per Il Foglio, una riflessione sul futuro dell’editoria, elettronica e non, per Il Sole 24 Ore; le «punture di spillo» sul futuro, nero, d’Italia, affidate alla penna del confidente di fiducia, Federico Rampini, le cannonate politically incorrect sparate assieme al guastatore Paolo Guzzanti contro il povero Pier Luigi Bersani, «il segretario inadeguato» di un partito di cui De Benedetti assicura che non ha preso né prenderà mai la tessera. O, più ancora, contro l’odiato Massimo D’Alema, uno che «ha perso il contatto con la sua gente» e che, «a differenza di Berlusconi, è tra quelli che non hanno mai fatto niente». « un berluschino di serie B» replica sprezzante Baffino «almeno lui, il Berlusconi vero, il suo disegno lo pratica in grande». Controreplica al vetriolo dell’Ingegnere: «D’Alema? un problema umano».

Ma c’è davvero un disegno di De Benedetti? Per ora si deve prendere atto che proprio qui, a due passi dalla casa in cui Einaudi dialogava a distanza con Ezio Vanoni, l’Ingegnere ha partorito le sue riflessioni sulla riforma fiscale affidate al Foglio di Giuliano Ferrara, che suonano a promozione del valtellinese Giulio Tremonti, uno tra i nostri pochi politici, confida agli amici, che «ha un passo istituzionale». Poi sono arrivate le parole di stima per il vecchio nemico di sempre, il premier Silvio Berlusconi: « un autocrate, come tutti noi imprenditori, ma come persona non è affatto cattiva». Belle parole, ma replica a distanza Fedele Confalonieri: «Da che pulpito! De Benedetti non doveva chiedere quei 750 milioni» riferendosi alla richiesta Cir sul lodo Mondadori.

Insomma, un conto sono le parole, un altro l’odore del business, che continua a eccitare l’Ingegnere, vecchio lupo che, a 75 anni ben portati, non ha perso né il pelo né il vizio. E che è ancora in caccia anche perché, sussurrano gli ambienti della city milanese, la crisi globale, pur da lui prevista con la lungimiranza di Cassandra, gli ha procurato più di un dispiacere, nell’ordine di decine di milioni o, probabilmente, anche di più. Colpa del default della Lehman Brothers, per tanti anni la compagna fedele delle avventure dell’Ingegnere. Colpa, soprattutto, del crac di Bernard Madoff.

Anche per questo dispiacciono gli ostacoli che frenano l’armata della Cir affidata al figlio Rodolfo, impantanata in più di una battaglia. Sui campi della Sardegna, innanzitutto, già terra dell’energia promessa alla Sorgenia per scelta dell’amico e socio Renato Soru. Qui, dopo una fin troppo tempestiva inchiesta dell’Espresso che accusava la giunta Cappellacci di «avere aperto gli ultimi territori liberi dalla mafia agli amici degli amici che vengono armati di mappe meteorologiche», si è aperto l’ennesimo vaso di Pandora delle inchieste giudiziarie. Ma per ora il risultato, comunque, è che l’accordo di programma che prevedeva un forte sviluppo nel fotovoltaico all’interno del polo di Macchiareddu, con investimenti nell’ordine di 250 milioni, è rimasto al palo. Con gran dispetto per i progetti di sviluppo del gruppo.

E si respira aria di guerra anche nelle corsie delle case di riposo della Kos, viste le polemiche sollevate contro la quotazione in borsa della società, leader italiana dell’assistenza agli anziani, ribattezzata poeticamente con il nome dell’isola che diede i natali a Ippocrate. La Kos, che nei primi tre mesi del 2010 ha registrato ricavi per 76 milioni, ma che per Rodolfo De Benedetti è destinata a grandi cose, dovrebbe fare il suo ingresso a Piazza Affari entro l’estate con il contributo di advisor come Banca Imi, Akros e Morgan Stanley (che detiene poco meno del 15 per cento). Ma la cosa non piace ad Angelo Ferro, presidente dell’Ucid, l’associazione degli imprenditori cattolici, un passato nel consiglio del Sole 24 Ore e dell’Intesa.

Non ha senso, dice Ferro, che in Veneto amministra nove case di cura, «trasformare le persone non autosufficienti in un bene da comprare e da vendere», quasi fossero «oggetti da finanziarizzare». Peccato, replica la Cir alle rimostranze dell’Ucid, ribadite in annunci a pagamento sul giornale della Confindustria e sul Corriere della sera, che i concorrenti più importanti in Italia facciano capo, a partire dalla francese Segesta, a società quotate in patria: guai a rispolverare crociate contro la logica del profitto.

Resta il fatto, però, che secondo dati forniti da Roberto Volpe, presidente dell’Unione regionale istituti per anziani del Veneto, ai ricavi delle cliniche contribuisce per il 43 per cento la regione. « troppo comodo» commenta lo stesso Volpe «andare in borsa quando il pubblico garantisce il 43 per cento del fatturato».

Inutile, però, chiedere conto a Carlo, editore e finanziere, di queste guerricciole, anche perché sia la sanità sia l’energia sono creature di Rodolfo, che le ha create da zero. E l’Ingegner Carlo, che pur si intrattiene per ore con il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini, non perde certo tempo per operazioni di basso lobbismo.

O per seguire da vicino tutte le iniziative del figlio, tipo il Fast Casual, un ristorante test da aprire in Baviera. «L’obiettivo» ha detto l’amministratore delegato della Cir «è di fare leva sull’innovazione tecnologica per accorciare i tempi di permanenza al ristorante».

Tutt’altra roba di Carlo che, alla stessa età, scorrazzava per l’Europa facendo shopping tra Parigi, Madrid e Bruxelles, o a Roma, ragionando di business con Ciriaco De Mita e Romano Prodi («Aveva ragione Craxi a incazzarsi di brutto» confida a Paolo Guzzanti «quando Prodi voleva vendermi la Sme senza fargli nemmeno una telefonata»).

Ma Rodolfo, che è cresciuto a Ginevra e di quella città ha assorbito le radici calviniste, è l’uomo adatto per i tempi di crisi e non dimentica che sui business del gruppo gravano debiti (per lo più legati alla Sorgenia) per oltre 2 miliardi. Certo, il valore degli asset è superiore, ma Rodolfo preferisce pensare a fare fronte ai bond che scadranno negli anni a venire.

Il colpo di scena risale al gennaio del 2009: l’Ingegnere annuncia il suo passo indietro da tutte le presidenze, salvo poi ricredersi e riprendere, pochi giorni dopo, quella dell’Espresso. Non è poca cosa, anche se lavorare con Monica Mondardini, l’energica amministratore delegato scelto di comune accordo con Rodolfo, non è lo stesso che vedersela con Marco Benedetto, vecchia conoscenza fin dai tempi torinesi. Ma i numeri, anche grazie alle difficoltà del Corriere, danno ragione alla nouvelle vague in rosa. Intanto nel 2009 Rodolfo se l’è cavata alla grande, cavalcando la ripresa dei mercati e portando a casa 134 milioni di utili. La successione ha funzionato.

Il problema, semmai, è un altro: se non si cerca un po’ di lavoro, qui si rischia la noia. O, peggio ancora, il silenzio. Ecco, chi conosce l’Ingegnere pensa che l’unica paura di un finanziere che per tutta la vita è andato alla ricerca di avversari forti sia quella di finire nel cono d’ombra. Un timore istintivo, più simile agli «animal spirits» di un grande protagonista delle scene che non di un lettore di bilanci.

Istinti che coltiva in quella che donna Silvia ha eletto a residenza ufficiale della famiglia, Dogliani, invece di Sankt Moritz. C’è lei dietro questa sorta di ritorno a casa dell’Ingegnere (papà Rodolfo è di queste parti), dopo avere ristrutturato poderi e casali che sembrano fatti apposta per le meditazioni mature: 5 ettari di terreno che fanno da corona a 800 metri quadrati di casa ricavati da quattro ampi casali. Un buon investimento per mettersi al riparo dalla crisi delle attività finanziarie e per sfidare l’inflazione che verrà. Magari con un mutuo.

Già, perché sulla magione, di proprietà di una società divisa a metà fra i due coniugi, è stata iscritta, giusto due anni fa (il 22 maggio 2008), un’ipoteca a fronte di un mutuo a tasso fisso al 5,5 per cento per l’importo di 5 milioni. Il che impone almeno tre considerazioni. De Benedetti scommette che l’inflazione, più prima che poi, sia destinata a esplodere sull’onda della liquidità pompata dagli stati nell’economia, con la prospettiva della temuta stagflazione. Secondo, l’Ingegnere si attrezza nel caso che Giulio Tremonti dia retta alla sua proposta di tassare «più le cose delle persone», erigendo il debito a scudo delle sue proprietà. Terzo, al di là del pessimismo sulle sorti del Bel Paese, l’Ingegnere guarda al suo futuro con l’immutato ottimismo della volontà. Il mutuo , quindicennale, finirà di pagarlo nel 2023, quando festeggerà le 89 primavere. Nel frattempo, possiamo starne sicuri, non mancheranno altre incursioni al curaro dell’Ingegnere: la libertà di pensare (e di mordere) non conosce età.