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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

PARTITO «BLOCCATO» AL 27% E ARROCCATO AL CENTRO-SUD

Ci sono dati su cui dovrebbero riflettere tutti i partecipanti alla assemblea nazionale del Pd che si riunisce oggi a Roma. I più rilevanti sono riassunti nel grafico in pagina. Il Pd attuale "vale" circa il 27% dei voti, quelli che ha ottenuto nelle 13 regioni in cui si è votato a fine aprile. Più o meno è il risultato conseguito alle europee del 2009 a livello nazionale. Anche i sondaggi più recenti confermano questo dato. Ma la media nazionale non basta a fotografare il suo stato di salute. Bisogna disaggregare il dato nazionale per le tre grandiaree in cui è diviso politicamente il paese per avere un quadro più preciso. così che si coglie la vera grande debolezza del Pd, e cioè il bassissimo livello di consensi che raccoglie nelle regioni del Nord. Complessivamente questa parte del Paese rappresenta circa il 40% dell’elettorato italiano contro il 20% di Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria (il Centro) e il 40% del Sud. Ebbene in questa zona il Pd ha avuto, e continua ad avere, il rendimento peggiore. Non ha mai superato la soglia del 30% dei voti ed è oggi il terzo partito essendo stato sorpassato anche dalla Lega Nord. In queste regioni meno di un elettore su quattro vota Pd.
Questa debolezza è ancora più accentuata nel Nord Est e in particolare in Lombardia e in Veneto. Qui il Pd, e suoi predecessori, non hanno mai superato il 28% dei voti e tutta la sinistra non è mai arrivata al 40%. Qui nel 2008 la coalizione di Veltroni (Pd + Idv) ha preso rispettivamente il 32,1% e il 30,8% contro il 55,2% e il 54,4% della coalizione di Berlusconi (Pdl + Lega). Come può il Pd candidarsi alla guida del Paese senza affrontare finalmente la sua "questione settentrionale"? Diventando il partito di maggioranza nel Centro-Sud?
Al fondo della debolezza elettorale del Pd sta la ristrettezza della sua base sociale. I dati Ipsos diffusi dopo le elezioni regionali confermano per l’ennesima volta un quadro ben noto e già fotografato dai sondaggi pubblicati a più riprese da questo giornale. Il Pd è soprattutto il partito dei lavoratori dipendenti, e in particolare di quelli pubblici. il partito dei pensionati, dei laureati, delle persone sopra i 55 anni di età. Sono queste le categorie dove le sue percentuali di consensi sono superiori a quelle raccolte da Pdl e Lega Nord. Non è il partito dei lavoratori autonomi, una categoria dove raccoglie un terzo dei voti presi dal Pdl e la metà di quelli che vanno alla Lega Nord. Non è nemmeno il partito degli operai visto che la sua percentuale è uguale a quella del partito di Bossi e inferiore a quella del partito di Berlusconi. E, per finire, non è il partito dei giovani e dei disoccupati in cerca di prima occupazione.
Questi dati dicono che così come esiste una questione settentrionale esiste anche un deficit di rappresentanza all’interno di categorie importanti della struttura socioeconomica del paese. Due questioni che in gran parte si intrecciano.
Sulla carta il Pd che aveva in mente Veltroni era nato per superare i limiti del suo insediamento tradizionale. L’obiettivo era ambizioso:farne un partito maggioritario a livello nazionale e non solo in quattro regioni del Centro. Il primo partito italiano. Il discorso del Lingotto fu un importante punto di partenza. Il buon risultato elettorale delle politiche 2008 è stato un altro tassello. Poi tutto si è sfilacciato. Litigiosità e divisioni hanno prevalso. E così il Pd che si riunisce oggi è ancora un partito in cerca di una identità, di una strategia politica e di un leader. L’augurio è che questa assemblea sia il primo passo di un nuovo Pd capace di offrire agli elettori, anche a quelli delusi del centrodestra, una vera alternativa di governo fatta di proposte concrete e condivise da un gruppo dirigente finalmente unito dietro ad una guida autorevole. L’attuale Pd è ancora lungi dall’essere tale.