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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

SETTE DOLLARI L’ORA PER I SENATORI USA – C’è

il candidato che promette, se eletto, di battersi per una legge che imponga a tutti i 535 deputati e senatori del Congresso di alloggiare in baracche militari, appositamente costruite al centro di Washington, e quello che vuole l’obbligo per i parlamentari di timbrare il cartellino, come in fabbrica. Il cartellino (idea di Jerry Odom, aspirante parlamentare del Nebraska) non piace a Tony Gentile, manager di una compagnia petrolifera in Louisiana e candidato al Senato per il piccolo Partito libertario. Secondo lui, invece, i parlamentari dovrebbero votare via Internet e passare i tre quarti del tempo non a Washington ma nel loro collegio «in modo da tenere il sedere a portata di calcio dei loro elettori, se prendono decisioni sbagliate».
La rabbia di gran parte dei cittadini americani, il disorientamento davanti a una crisi finanziaria e occupazionale profondissima, alimentano sentimenti anti-Washington emersi con forza anche nelle primarie di martedì scorso: un voto dal quale sono usciti sconfitti candidati ufficiali dei democratici e dei repubblicani, a favore di outsider. un clima favorevole al proliferare di candidati populisti che cercano di conquistare un seggio alle elezioni di mid term del 2 novembre con proposte anti-establishment che vanno dal sensato allo scioccante.
Le ipotesi di condivisione dei sacrifici che circolano tra i politici italiani (un’autoriduzione dello stipendio di deputati e senatori del 5-15%) impallidiscono davanti alla proposta di Andy Goss, un ufficiale dell’esercito candidato in Arizona, che vuole ridurre a 104 mila dollari l’anno (circa 80 mila euro) lo stipendio dei parlamentari: un taglio del 40 per cento. Col Congresso in mano (per ora) ai democratici, l’assalto è guidato soprattutto da conservatori come Goss o Brian Miller, repubblicano e anche lui ex-militare (Air Force) che, contro le spese nascoste nelle pieghe di lunghissime norme «omnibus», chiede che ogni legge venga letta riga per riga in aula e che solo chi è presente per l’intera seduta possa votare. Ma i populisti si fanno sentire anche a sinistra: per Nicholas Nix, un socialista che corre come indipendente in Texas, il lavoro dei membri del Parlamento non va pagato più di 7,25 dollari l’ora: il salario minimo di legge. Appena 15 mila dollari l’anno, con la settimana di 40 ore, ha calcolato il Wall Street Journal che ha dato pubblicità a queste proposte.
Idee a volte folli (come la proposta di arrestare chi approva leggi che poi si rivelano incostituzionali), ma la demagogia comincia a volare sulle ali di gruppi con una vera capacità di mobilitazione. Come i radicali di ReformCongress.org che vogliono togliere ai parlamentari la pensione e il parcheggio al Congresso o i conservatori radicali dei «Tea Party» che in North Carolina schierano otto candidati che si impegnano a pagare una «multa» di mezzo milione di dollari se restano «attaccati alla poltrona» più a lungo di quanto annunciato.
Massimo Gaggi