Nicoletta Del Buono, Corriere della Sera 21/05/2010, 21 maggio 2010
LE VITE PARALLELE DI MIO PAPA’, ODB - A
casa scriveva, lo sentivo pestare sull’Olivetti (ne ha accumulate una decina, oggi sono tutte tristemente accatastate in solaio), ma c’erano anche lunghi silenzi, forse leggeva, o forse stilava a penna le tracce dei suoi racconti e romanzi, una deduzione che ho fatto più tardi avendo trovato decine di quaderni riempiti a metà, con una grafia minuta, precisa, quasi «a stampa», di brani che poi ho letto nei libri pubblicati. Scrivere per lui era un po’ come fare il diario della sua vita, di quella che consumava nella testa, non di quella che ci ostiniamo a chiamare reale.
Traduceva anche molto, non di rado con l’aiuto critico, molto critico della mamma. Una delle prime traduzioni di cui ho uno sfocato ricordo è il De Profundis di Oscar Wilde, perché di tanto in tanto ne citava qualche aforisma anticonformista. Un’altra traduzione di quel periodo è I Falsari di André Gide, uno dei suoi grandi innamoramenti letterari. Di frequente la sera usciva, sentivo il suo passo fitto fitto incamminarsi verso la porta, l’ascensore allontanarsi: andava in redazione? In quale poi? Con tutti i cambi di testate e i litigi con gli editori (tra le sue carte ho trovato una lettera di puntute precisazioni indirizzata ad Alberto Mondadori che lo aveva accusato di «tradimento»), non saprei dire. Per quel che so, c’erano Mondadori e Feltrinelli, ma anche Rusconi e Rizzoli, lavorava per «Settimana Incom » , per « Oggi » , per «Epoca», per «L’Europeo», per «Quaderni Milanesi», che animava e dirigeva promuovendo nuovi modi di scrittura e aprendo la strada ad autori assai poco frequentati in Italia; tra i collaboratori dei «Quaderni» c’era anche Emilio Tadini che allora scriveva poesie molto carine e che veniva spesso a trovarci a casa, si chiudeva nello studio con papà dove ingaggiava furibonde lotte con i cuscini del divano, mentre discutevano di poesia, di arte e di chissà cos’altro.
Nel 1962 papà scrive anche una commedia, Niente per amore, che sarà interpretata da Valeria Moriconi e Glauco Mauri debuttando al Teatro Manzoni poco prima di Natale: ricordo che, per esorcizzare e smitizzare quell’irruzione in un campo di cui, a detta sua, poco gli importava, si era creato un alter ego, un tipo che si dava arie da drammaturgo hollywoodiano girando per casa (non so fuori) con enormi sigari che non fumava mai e bevendo whisky per prepararsi alle «sicure» stroncature di pubblico e critica.
Lo zio Pilade mi ha invece raccontato delle loro serate pugilistiche, erano i tempi di Duilio Loi, Giordano Campari e Giancarlo Garbelli detto «El Ranin» e papà si entusiasmava, con ironica discrezione toscana, delle loro storie, più di quelle sapide, donnaiolesche, fuori dal ring che di quelle sul quadrato. Qualcuno mi ha anche detto che gli piaceva girare per Milano, in quell’ora che non esiste, quando metà della città va a dormire e l’altra metà sta cominciando a svegliarsi, a volte si fermava a puntare nelle bische di strada, a giocare a dadi sui marciapiedi. «Una città si capisce camminandoci», avrebbe detto qualche anno dopo, ai tempi della «Talpa», la rubrica di varia milanesità pubblicata sul «Corriere della Sera» degli anni Ottanta. La domenica c’era la partita. Lui era milanista, anzi il milanista come sostiene Pilade, e finché il cuore ha retto la tensione è andato allo stadio insieme a Vittorio Sereni che invece tifava per l’Inter. Diceva Peppino Prisco, l’interista amico-nemico di papà: «del Buono è del Milan perché da giovane, a scuola, teneva per i Troiani. sempre stato abituato a mettersi con i più deboli». Deboli sì, però nel 1963 la squadra del paron Rocco e di Gianni Rivera’ ecco un incontro che segnerà un’epoca sportiva... – aveva pur sempre vinto la Coppa dei Campioni. In Italia non c’era mai riuscito nessuno. Mi ricordo che papà si divertiva a sfottere Sereni e gli amici nerazzurri. Per un anno, perché poi fu l’Inter a vincere la coppa.
E così siamo al principio dell’avventura di «Linus», della Milano Libri, della Rizzoli, ma questa è un’altra storia, sono altre storie: ce ne sono tante, decine e decine, quante sembrano essere le vite vissute da mio padre. Diverse, analoghe, parallele, sovrapposte. Corsi e ricorsi... molte vite, forse troppe. Non so come facesse, forse dipende dal fatto che la sua personalità era così proteiforme, versatile, onnivora; forse solo perché dormiva pochissimo, due ore scarse per notte e a volte neppure quelle...
Nicoletta Del Buono