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 2010  maggio 21 Venerdì calendario

NASCOSTI NEI CAVEAU O DISTRUTTI IL DESTINO DEI CAPOLAVORI SCOMPARSI

il museo più grande del mondo, ma nessuno lo può visitare. Il destino dei capolavori rubati è segnato: o spariscono nelle casseforti di ricchi feticisti oppure, se qualcosa va storto, finiscono letteralmente in pasto ai porci, come secondo il pentito di mafia Gaspare Spatuzza pare sia capitato alla Natività del Caravaggio, trafugata nel 1969 a Palermo e poi lasciata divorare in una stalla. anche uno dei business criminali più forti del mondo, il quarto per fatturato secondo l´Fbi, dopo droga, riciclaggio e armi. Un mercato razionale, sensibile alle oscillazioni finanziarie: nel 2009 è calato in Italia del 30%. Ma che c´entrano allora i pezzi celeberrimi, catalogatissimi e teoricamente invendibili? Per alcune opere è forse in gioco una sorta di scommessa sulla memoria collettiva: dopo quanti anni di occultamento il mondo si scorderà del Concerto di Vermeer sparito a Boston nel ´90? Troppi, visto che è ancora disponibile una taglia di 5 milioni di dollari. Ma tra i venti Dürer involati a Calgary, Canada, nel ´76, forse qualcuno sarà stato piazzato. Ma in generale è un traffico circondato da molti misteri. Che dire dei 28 dipinti di Gauguin, Corot, Renoir che, svaniti nel ´75 a Marsiglia, riapparvero quasi tre anni dopo in un corridoio del Louvre?
A ben guardare, la follia di qualche collezionista non è l´unico movente possibile. Rubare un Picasso o un Van Gogh (in cima alla lista dei bersagli) non è come rubare un collier di Cartier: è appropriarsi di un´aura. Il furto d´arte per antonomasia, il ratto della Gioconda dal Louvre, nel 1911, ritrovata poi a Firenze sotto il letto dell´imbianchino Vincenzo Peruggia, appartiene ormai alla genesi del suo mito. Oppure è come sequestrare una celebrità: nel 1974 un commando dell´Ira rapì a mano armata diciannove tra Rubens, Gainsborough e Goya da un manor a sud di Dublino, chiedendo come riscatto la liberazione di alcuni prigionieri (finì con un raid delle teste di cuoio).
Insomma il furto d´arte sembra fatto per finire in un film, e c´è finito più volte. Hollywood ha circondato il ladro di capolavori di un alone romantico, da Lupin gentiluomo, colto e acrobatico. Non mancano, in effetti, furti rocamboleschi, come quello che in 30 minuti svuotò il museo di Montreal nel ´72, o scenografici come nel 2000 a Stoccolma, tra esplosioni diversive e fuga in battello. Ma spesso la realtà è prosaica: buchi nel muro (Chicago ´76: se ne andarono Leonardo e Rembrandt), finestre forzate; ad Avignone e a Modena bastò aggredire i custodi, a Ferrara nascondersi dietro una tenda. E a volte si finisce nel noir: Graziano Iori, l´italiano che nel 1983 portò via da Budapest la Madonna Esterhazy di Raffaello, fu trovato nove anni dopo nel Po con i piedi legati e due proiettili nel cranio.
Affare, mito o altro, il furto impossibile resta possibilissimo, e perfino facile. La storia stessa assegna ai capolavori il ruolo di preda designata: la nascita del Louvre è segnata dalle incette napoleoniche. Morale: se il razziatore d´arte è un malfattore, il furto produce titoli di giornale. Se è un imperatore, produce grandi musei.