Luigi Offeddu, Corriere della Sera 21/5/2010, 21 maggio 2010
CORSIVI
Anche la Romania, come già la Bulgaria, rinvia la sua adesione all’euro: non più nel 2015, ma «un anno o due più tardi», ha buttato lì il governatore della sua banca centrale; e cioè, quando si avrà «una maggiore preparazione». Ennesima profezia ribaltata dalla crisi: non erano all’Est, le nuove locomotive d’Europa? Resta l’Estonia, in corsa, gratificata di complimenti da Bruxelles per le sue finanze virtuose, e già sulle porte di Eurolandia. Ma per gli altri è come se il traguardo ambito di un tempo, la moneta comune, fosse diventato una discesa troppo ripida da evitare: e in fondo alla discesa c’è Angela Merkel che fa la voce grossa e minaccia di fallimento i Paesi più indebitati, c’è Bruxelles che vuole vidimare i bilanci nazionali, insomma ci sono grandi incertezze per economie giovani e fragili, per di più gravate dalla zavorra rossa del passato.
Eppure il loro deficit, e il loro debito pubblico, non sono certo fra i più alti d’Europa, anzi: ma le cifre e le tabelline non spiegano tutto, probabilmente in ciò che sta accadendo da una parte all’altra d’Europa contano anche le paure e le memorie degli uomini, e di chi li governa. Forse, per bulgari e romeni basterà che passi questa tempesta. Intanto, però, a Bucarest il governo promette tagli del 25 per cento ai salari pubblici e del 15 per cento alle pensioni, e sfilano i cortei più imponenti da quando cadde Ceausescu, con gli impiegati delle poste accanto ai minatori e agli ufficiali di polizia. Gli ufficiali di polizia, in divisa, proprio come nel dicembre 1989. E l’hanno anche ricordato, orgogliosi e arrabbiati, davanti alle telecamere. Ma allora quelle loro uniformi in piazza erano un segno di risveglio: oggi, forse, di caos. Allora c’era da buttar giù Ceausescu, e oggi?
Nei cartelli e negli striscioni, i nemici sono le grandi banche, la Ue, il Fondo monetario internazionale. C’è infatti da ripagare un prestito da 20 miliardi dell’Fmi, della Ue e della Banca mondiale, non si sa come fare. Ieri, è stata anche messa un’accisa sul vino e sulla birra, misura impopolare fra tutte: Bucarest non è lontana da Atene, e non solo geograficamente.