Franco Bechis, Libero 19/5/2010, 19 maggio 2010
C’ CHI MANGIA PI DEI POLITICI
L’ultimo in lista è Angelo Balducci. Secondo le cifre divulgate durante la cosiddetta ”operazione trasparenza” dal ministero delle Infrastrutture da cui dipende, l’ex capo della cricca aveva uno stipendio da 175.826 euro all’anno. Poco più del più alto stipendio percepito dai vertici del Parlamento nella loro ultima dichiarazione dei redditi. Alla vigilia della ventilata manovra di tagli sugli stipendi pubblici, Libero ha scoperto che in forza ai vari ministeri c’è almeno un altro Parlamento più ricco e assai meglio pagato di quello eletto da tutti gli italiani. Con un po’ di fatica, perché quella trasparenza tanto annunciata dal governo è rimasta in gran parte lettera morta, e trovare gli stipendi dei superdirigenti ministeriali è un vero percorso ad ostacoli, ma alla fine Libero è riuscito a scovare una prima lista assai indicativa. In testa a tutti ci sono i due massimi dirigenti del ministero dell’Economia: Vittorio Grilli, direttore generale e Mario Canzio, ragioniere generale. Entrambi hanno superato quota 500 mila euro. Probabilmente hanno i due stipendi più alti. Ma non è sicuro al cento per cento. Molti altri emolumenti sono stati tenuti segreti o comunque criptati anche all’interno della ”operazione trasparenza” che fra la fine di marzo e il mese di aprile è riuscita a fare mettere più o meno in piazza gli stipendi più riservati che ci fossero.
L’ESEMPIO
Tanto per fare un esempio: nella lista mancano proprio i massimi dirigenti del ministero dell’Innovazione, guidato da Renato Brunetta, e cioè dall’uomo politico che ha costretto tutti i colleghi alla trasparenza. Le liste ci sono, a ma di fianco a ciascun nome appare solo il trattamento economico legato allo speciale incarico. Che dovrebbe essere aggiunto al trattamento economico di base, ignoto: ”conserva il suo trattamento economico fondamentale”, si trova scritto ad esempio in aggiunta agli 88 mila euro percepiti da Carlo Deodato per l’incarico di capo di gabinetto di Brunetta. Stessa scelta quella compiuta da altri ministri chechissà perchéhanno voluto coprire il vero stipendio dei loro grand commis non rivelando ora l’una ora l’altra voce dei loro emolumenti. Il ministero dell’Economia ha messo tutto on line, però ha nascosto lo stipendio del dirigente più importante, il capo di gabinetto Vincenzo Fortunato. E fra le controllate qualcuno si è adeguato all’operazione trasparenza, qualcun altro non ci ha pensato affatto. La lista comunque ottenuta e pubblicata oggi da Libero indica che all’interno della grande macchina del potere politico non sono i parlamentari gli unici e nemmeno i primi privilegiati. Gli stipendi dicono anche chi conta davvero, nel bene e nel male. Nel bene, perché non c’è dubbio che stipendi alti come quelli di Canzio e Grilli siano proporzionati alla
delicatezza del loro incarico, e soprattutto a quei due si deve la tenuta dei conti pubblici italiani. Nel male, perché si è avuta l’impressione dall’inchiesta sulla cosiddetta cricca degli appalti pubblici che l’asse del potere reale con le sue malefatte si è spostato lentamente dalla casta dei politici a quella dei grand commis di Stato. Come se avesse seguito
quegli stipendi. Intendiamoci, le cifre che si trovano oggi su Libero sono solo quelle dichiarate pubblicamente dai ministeri-datori di lavoro. Non sono vere. Nell’elenco si troveranno ad esempio alcuni nomi apparsi nell’inchiesta di Firenze: Balducci, Claudio Rinaldi e altri. Appena al di sotto di quel tetto minimo di 175 mila euro da cui siamo partiti
ci sono tutti gli altri dirigenti pubblici coinvolti. Ma anche alla luce del solo loro guadagnavano ben altre cifre: commissioni, collaudi, consulenze facevano lievitare gli stipendi reali di 5-6 perfino dieci volte.
LE DICHIARAZIONI
Balducci presentava dichiarazioni dei redditi superiori ai 2 milioni di euro, anche se lo stipendio ufficiale era di 175 mila euro. E il suo caso era assai diffuso. La legge consentiva ad esempio a un dipendente pubblico di effettuare una consulenza per un altro ente pubblico facendosi pagare come un privato, a prezzi di mercato. Più o meno quello che ha fatto in questi anni Gioacchino Genchi. Era pagato per fare un lavoro dalla polizia. Ma i soldi non gli bastavano, così si è messo in aspettativa e facendo quello stesso mestiere in proprio da consulente privato delle varie procure ha fatto pagare allo Stato dieci o venti volte quel che glia avrebbe dato tenendolo a fare lo stesso lavoro alle sue dipendenze.
C’è spazio per tagliare in quei costi? Altrochè: c’è una vera prateria, assai più fruttuosa di quel timido e banale cinque per cento proposto dal governo sulla paghetta dei deputati. Quel che i ministeri spendono direttamente o indirettamente per i propri super-dirigenti consentirebbe di effettuare tagli veri, senza mettere in ginocchio le vittime. Per altro per lorocome per deputati e senatorinon conta tanto quel che arriva in busta paga, ma assai più il servizio che si offre per quella cifra. E’ quello la vera cartina al tornasole di uno stipendio alto o basso, di un giusto compenso o di uno spreco.
I parlamentari sono gli unici in questi anni a cui è già stato tagliato lo stipendio: fu ridotto nel
2007 dal governo di Romano Prodi del dieci per cento sulla indennità base. E per giunta si stabilì uno stop anche agli aumenti automatici che seguono quelli dei magistrati fino al 2012. Con il passare degli anni e il correre dell’inflazione quegli stipendi si riducono da sé. Perché oggi i politici hanno voglia di fare hara-kiri togliendosi altro? Perché il clima generale è assai simile a quello di quel 2007, quando infuriò la polemica sulla casta. Oggi come
allora gli elettori più che sentire quegli stipendi alti, li avvertono inadeguati al servizio ricevuto. Perchè non bastano slogan e parole per cambiare la vita della gente. Puoi ripetere mille volte che la burocrazia è morta, che ora ti farai la carta di identità da casa, cambierai residenza con un click, non farai più la fila alle Poste. Ma poi uno si rende conto dopo un anno che la carta di identità la fai come prima e le file non si riducono. E’ peggio di prima: qualche anno fa se perdevi tessera sanitaria con il codice fiscale potevi farla on line. Oggi non più, perché il Garante della privacy lo vieta. Non è migliorato nulla, qualcosa è addirittura peggiorato. E’ un piccolo esempio, ma ce ne sono di grandi come una casa. La vita non cambia, non migliora. La politica allora non serve, sembra inerte. E allora se combina poco, il problema degli stipendi c’è. Rispetto al servizio che offre, è pagata troppo dagli italiani. Ma il tema è tutto lì: invece di ridursi lo stipendio e farselo ridurre ancora fra qualche anno, sarebbe meglio capovolgere la situazione: meritarsi davvero quella busta paga.