Varie, 19 maggio 2010
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Ruff Thomas
• Zell am Harmersbach (Germania) 10 febbraio 1958. Fotografo/artista • «[...] è diventato famoso presso il grande pubblico per un certo tipo di ritratti: gigantografie di formati tessera [...]» (’la Repubblica” 9/3/2009) •«La fama è arrivata negli anni Ottanta quando Thomas Ruff [...] maturato alla cosiddetta Scuola di Düsseldorf che ha forgiato una generazione di fotografi, cominciò a esporre i primi ritratti di grande formato e che raffiguravano studenti suoi coetanei. Fu l’inizio di un percorso lungo il quale l’artista ha studiato attentamente anche le tecniche del passato delineando una personale progressione tecnologica del mezzo fotografico. Sempre con un occhio vigile al presente e ai suoi dilemmi storici cercando di codificare nuovi linguaggi per affrontare molti dei generi fotografici fondamentali, dal documentario al ritratto, dalla fotografia scientifica al fotogiornalismo, dall’architettura alla fotografia di propaganda, dal nudo all’astratto. [...] ”Io ho studiato all’Accademia delle Belle Arti e pur avendo seguito i corsi di arti fotografiche i miei amici non erano fotografi ma artisti nel senso più classico, scultori e pittori [...] Ho cominciato con Becher e a quei tempi credevo davvero che la fotografia potesse catturare la realtà senza nessun tipo di manipolazione, e per questo i miei primi lavori possiedono un forte carattere documentario. Ma dopo 20 anni di lavoro, sono arrivato a capire che ci sono molti diversi modi di fotografare e di usare la fotografia [...] Nei primissimi tempi pensavo che sarei diventato una sorta di fotografo-viaggiatore. Quindi in un certo senso ero molto ingenuo, quando ho iniziato all’Accademia [...] Tutte le mie fotografie sono più o meno autobiografiche, ecco perché nei primi tempi ho raccolto una specie di documentazione sulla mia famiglia, fotografando i miei genitori e i miei parenti, e anche gli ambienti nei quali io e quelli della mia generazione eravamo cresciuti. Quando mi sono trasferito a Düsseldorf, ero un giovanotto e non conoscevo nessuno tranne i miei colleghi, quindi ho cominciato a fare i loro ritratti. Poi ho iniziato a fotografare le architetture di Dülsseldorf, e quindi si è trattato ancora una volta di riprendere gli ambienti in cui la mia generazione era cresciuta. Poi sono passato alle stelle, quindi a qualcosa di più personale, essendo io molto interessato all’astronomia. Probabilmente attraverso questa esperienza nel 1991 ho cominciato a pensare alla serie fotografica ”Green nights’. Questo ha avuto una sua continuità ma ho avuto delle influenze anche attraverso la lettura dei giornali o la visione di programmi televisivi. Ma conta molto sempre la mia reazione a ciò che vedo e a ciò che sento intorno a me” [...] poi si è avvicinato al mondo della pornografia [...] ” stato un momento particolare nella mia carriera o nella mia vita. Ho capito e avvertito qualcosa di particolare sul nudo e ho deciso che volevo lavorare su questo aspetto. Molto presto mi sono reso conto che non sono in grado di fare quel tipo di fotografie, sono una persona troppo timida per chiedere a qualcuno di spogliarsi, di mettersi in posa. Allora ho cominciato una specie di recherche su Internet. Quando scrivi la parola ”nudo’ o ”sesso’ o qualcosa del genere su Google, ti ritrovi collegato a personaggi quali Helmut Newton o Peter Lindberg, che sono fotografi di moda. Ho pensato che questa fosse ancora l’estetica del XIX secolo: un uomo che esprime un’immagine sessuale che ha per oggetto soprattutto le donne. Poi, per caso, sono entrato in un sito porno e mi ha molto sorpreso l’alto livello di ”esibizionismo’, e la grande varietà di desideri e pratiche sessuali esposte. Ho pensato che in qualche modo quelle immagini fossero più oneste di tutte le fotografie artistiche di nudi. Alcune mi sono piaciute veramente molto e quindi le ho trasformate nei miei nudi. Sicuramente riguarda il modo in cui noi ci confrontiamo con la nostra sessualità nelle società occidentali del XIX secolo”» (’la Repubblica” 24/7/2006) • «[...] Più che di fotografia nel caso di Ruff si può parlare di ”meta-fotografia”, perché ogni suo lavoro è una riflessione sul mezzo e sull’utilizzazione che se ne fa. Le sue serie, che siano elaborazioni dalle immagini del cielo stellato (Nächte) riprese dai negativi di un Osservatorio astronomico [...] o quasi quadri astratti (Cycles), realizzati mettendo sulla tela gli sviluppi delle formule con cui si costruiscono le immagini nell’animazione tridimensionale affondano il bisturi nell’eterna questione vero-falso che percorre l’intera storia della fotografia. Con in più oggi il passaggio al digitale, che in qualche modo l’amplifica e ne sposta di livello. Così ad esempio le immagini (serie jpegs) dei siti dove Saddam avrebbe dovuto conservare le armi di distruzione di massa, diventano quasi una forma astratta, sottratte dal computer e dilatate. Oggi sappiamo che quelle armi non esistevano, l’uso di quelle immagini fu strumentale, vederne le ombre diventa una sorta di ”falso al quadrato”. E ancora: sembrano immagini della guerra del Golfo le statue dei parchi di Roma o le case di Düsseldorf riprese di notte con la stessa tecnologia (Starlight System) usata in quell’occasione dai militari americani. E finiscono per essere macchie di colore i Substrat, immagini colorate ottenute dall’elaborazione di frammenti di Manga Giapponesi. [...]» (Rocco Moliterni, ”La Stampa” 16/3/2009).