Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 18/05/2010, 18 maggio 2010
LA CHIESA E LA MODERNIT LA FORTEZZA ASSEDIATA
Leggendo il suo articolo «Imperi, come prevedere un crollo imminente» sul Corriere del 18 aprile ho provato uno straniamento inquietante: smarrivo il discrimine tra realtà passata (disastri del 1914, 1929, 1989...) e ipotesi futuribili: crollo Usa, Eurozona e Chiesa cattolica. La prospettiva «che la Chiesa esploda lasciando dietro di sé una miriade di sette religiose, gruppi millenaristi e Chiese nazionali mi ha scombussolato: ritiene possibile un simile evento? (gli Usa e l’euro mi stanno meno a cuore...)
Alberto Fernetti
a_fernetti@hotmail.com
Caro Fernetti, non tutti considerano una tale prospettiva con altrettanta preoccupazione. In un libro recente intitolato «Lo scisma» e pubblicato da Longanesi, Riccardo Chiaberge ha fatto un lungo viaggio tra i cattolici del dissenso («adulti», come ha definito se stesso Romano Prodi) e ha intervistato tra gli altri Martha Heizer, docente di Teologia pratica all’università di Innsbruck, madre di tre figli ed esponente di un movimento austriaco che si proclama orgogliosamente «Wir sind Kirche » , noi siamo Chiesa. Quando Chiaberge le fece una domanda sullo stato di salute della Chiesa cattolica, la signora Heizer gli rispose: «La Chiesa sta benissimo, perché è cambiata. Perché la Chiesa siamo noi. Wir sind Kirche. la gerarchia che sta morendo. Anzi, dirò di più: prende dei farmaci per affrettare la propria fine. Noi le teniamo la mano e la accarezziamo, sperando che il Signore la chiami presso di sé». E quando Chiaberge le ha chiesto se non temesse di passare per menagramo, Martha Heizer ha risposto: «Niente affatto. Dico la verità. Il Papa dovrebbe solo esserci grato. Sa quanti cattolici austriaci erano pronti ad andarsene, se non ci fossimo stati noi di Wir sind Kirche?». E con parole diverse, ma argomenti non troppo diversi, hanno risposto alle domande di Chiaberge «eremiti cistercensi, suore missionarie, preti di periferia, teologi scomunicati (...) imprenditori in tonaca, medici pellegrini a Lourdes, ricercatori e ricercatrici sulle frontiere della scienza, storici, filosofi, intellettuali e semplici fedeli»: tutti esponenti in libera uscita di una Chiesa «autogestitita», insofferenti della gerarchia curiale, desiderosi di una madre meno arroccata, «più capace di ascolto, più in armonia con il Vangelo». Mentre la Chiesa di Benedetto XVI si arrocca nella difesa di se stessa e si prepara a sostenere, dall’interno della propria roccaforte, gli assalti della modernità, molti dei suoi fedeli – sostiene l’autore del libro – hanno già abbandonato la fortezza.
A queste riflessioni di Chiaberge, scrittore laico e osservatore «esterno», aggiungo, caro Fernetti, che questo è prevalentemente un fenomeno europeo. In altri continenti (Africa, le Americhe) la Chiesa è teatro di un fenomeno diverso, ma per molti aspetti ancora più inquietante per il suo vertice romano. Gli evangelici (una famiglia radicale del cristianesimo riformato) stanno facendo proseliti in società tradizionalmente cattoliche, come quella del Brasile dove sono ormai una cinquantina di milioni, o crescendo quantitativamente negli Stati Uniti (circa 70 milioni) là dove la Chiesa cattolica, sinora, aveva dovuto tenere testa a famiglie protestanti più tradizionali come i luterani, gli episcopali, i presbiteriani, i metodisti, i battisti, gli avventisti del settimo giorno.
Credo che il Papa ne sia consapevole ma consideri queste perdite un prezzo necessario per la costruzione di una Chiesa più tradizionalmente rigorosa. Non so se sia una linea vincente, ma anche gli osservatori esterni non possono negare il suo coraggio e la sua fermezza. Peccato che la Chiesa perda molti dei suoi fedeli migliori, ma conservi all’interno della cittadella molti cattolici opportunisti e ipocriti, pronti a renderle untuosi omaggi pur di servirsi del suo sostegno per conservare il potere. Ogni riferimento all’Italia, come usa dire per certi film, è puramente casuale.
Sergio Romano