Dino Messina, Corriere della Sera 18/05/2010, 18 maggio 2010
EDITORI, AUTORI, POLITICI: LITE SULLE INTERCETTAZIONI
Sono 34 gli editori che finora hanno aderito all’appello lanciato sabato al Salone del libro da Stefano Mauri e da Giuseppe Laterza contro il disegno di legge sulle intercettazioni. Un testo di cui ieri sera, dopo l’approvazione da parte della Camera, è iniziato l’esame alla commissione Giustizia del Senato. Il governo, per bocca del guardasigilli Angelino Alfano, ha manifestato l’intenzione di andare avanti a oltranza – sedute notturne comprese – per arrivare ad approvare il provvedimento in aula entro giugno. Il presidente della commissione Filippo Berselli (Pdl) ha dichiarato che i lavori vanno «troppo a rilento»; e ha auspicato che la conferenza dei capigruppo «calendarizzi entro la prossima settimana l’esame del testo direttamente in aula». Parole cui la presidente dei senatori democratici, Anna Finocchiaro, ha reagito dicendo che si tratta di «una cosa gravissima».
Nella serata di ieri’ tra forti proteste, sfociate in un duro scontro tra il sottosegretario Giacomo Caliendo e il responsabile giustizia dell’Idv, Luigi Ligotti, secondo cui il rappresentante del governo avrebbe bisogno di una «perizia psichiatrica» – è passato un importante emendamento governativo. Esso prevede la richiesta per l’autorizzazione ad intercettare al tribunale del capoluogo del distretto, in composizione collegiale; il fatto che si debbano comunque applicare le norme relative alla valutazione della prova; la sussistenza dei gravi indizi di reato per procedere alle intercettazioni. Per i reati di mafia e i delitti più gravi si parla invece di «sufficienti indizi di reato».
L’appello di Mauri e Laterza intanto continua a dividere. Dopo la presa di posizione dei dirigenti del gruppo Mondadori, che l’hanno definito un’operazione di «marketing editoriale» (così Ernesto Franco dell’Einaudi ieri sul «Corriere») o di «business», tesa a «portarci via alcuni autori di successo» (così Riccardo Cavallero della Mondadori sulla «Stampa»), ieri è intervenuto Marco Polillo, presidente dell’Aie, l’associazione degli editori che già giovedì aveva espresso una dura posizione sul disegno di legge Alfano: «Credo che Mauri e Laterza abbiano sbagliato modalità di tempo e luogo per lanciare un appello che ha posto l’Aie in una posizione difficile di fronte ai suoi quattrocento associati. C’è stata malizia in un’operazione che mette alcuni in una luce positiva e altri in una luce negativa».
I dirigenti Mondadori hanno detto di riconoscersi nelle posizioni dell’Aie. Ma non è su questo che Alessandro e Giuseppe Laterza hanno voluto replicare, quanto sull’accusa di «marketing editoriale»: «Non capiamo perché si debba offendere un gruppo di editori che hanno scelto di manifestare le loro idee sulla libertà di stampa. Attribuire loro un’intenzione commerciale recondita è un’operazione scorretta. Che fa venire un dubbio. Non sarà che il signor Cavallero esprime la concezione prevalente nella proprietà e nei vertici della sua casa editrice, secondo cui il lavoro editoriale, tutto il lavoro editoriale, alla fine si risolve sempre in una questione di marketing?».
Da Mondadori e da Einaudi ieri nessuno ha voluto parlare. C’è solo da registrare la ferma presa di posizione di Maria Giulia Castagnone, direttrice editoriale di Piemme, un altro dei marchi di Segrate: «Rivendico il diritto a non firmare appelli. La libertà nel nostro gruppo è dimostrata dal fatto che pubblichiamo tanti autori critici verso il governo».
Tra gli editori che hanno invece aderito all’appello di Mauri e Laterza, Paolo Mieli, presidente della Rcs Libri, ammette che ci sono stati «eccessi nell’uso delle intercettazioni, però è il modo con cui si vuole impedirli che è sbagliato. Se fossero stati interpellati giornalisti e responsabili editoriali, forse si sarebbe trovata una via migliore». Mieli, che ieri a Torino ha presentato con Paolo Garimberti, presidente della Rai, il libro di Alberto Ronchey Giornalismo totale (Aragno), ribadisce poi che «siamo di fronte a una questione che riguarda non solo l’informazione, ma la stessa formazione di cultura e coscienza» e respinge le accuse di marketing: «I promotori dell’appello non hanno nessuna volontà competitiva, né l’ho avuta io quando ho firmato». Anche Garimberti, pur contrario all’abuso delle intercettazioni, ha dichiarato che «non si può pensare a norme che le limitino a priori. L’appello degli editori è giusto».
C’è chi invece, come Alessandro Dalai, presidente della Baldini Castoldi Dalai, pur aderendo all’appello, critica «il personalismo» dell’iniziativa. Ma il fronte nuovo che si è aperto riguarda gli autori Mondadori. L’italianista Alberto Asor Rosa, che ha pubblicato molti libri da Einaudi, dice che «l’appello è ineccepibile e seme lo chiedono sono pronto a firmarlo». Un altro autore Einaudi, il romanziere magistrato Giancarlo De Cataldo, invita addirittura i funzionari della casa editrice alla disobbedienza e a firmare l’appello: «In questo caso un po’ di coraggio non farebbe male. Ai tanti amici dell’Einaudi e della Mondadori dico che a volte è ammessa la dissociazione». Infine, per un autore di sinistra come il matematico Piergiorgio Odifreddi, che ha pubblicato di recente da Mondadori, «una battaglia civile non si conduce così, perché fingendo di combattere la legge sulle intercettazioni in realtà si combattono gli avversari editoriali».
Dino Messina