Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 16/5/2010, pagina 88, 16 maggio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
9 giugno 1889
Spaccati in due
Nell’inverno del 1599 il frate domenicano Filippo Giordano Bruno da Noli è di fronte a una scelta: sottomettersi a un atto di abiura delle sue tesi filosofiche o essere giudicato eretico e condannato al rogo. Fosco e straripante personaggio, Bruno è rinchiuso da sette anni nelle carceri romane del Sant’Uffizio. Si è difeso puntigliosamente da tutte le accuse ma le sue opere, stampate nelle maggiori città universitarie d’Europa dove ha insegnato, provano la sua ostinata ostilità ai dogmi della Chiesa cattolica, da cui del resto è stato scomunicato, come dalla Chiesa anglicana e luterana. Il Nolano sembra dapprima piegarsi, ma infine decide di non ritrattare e il 17 febbraio del 1600, la bocca serrata da una morsa perché non possa parlare, muore bruciato in Campo de’ Fiori a Roma.
Nel 1885, quando Roma è da quindici anni capitale d’Italia, si forma un comitato per la costruzione di un monumento a Giordano Bruno. Vi aderiscono le maggiori personalità dell’epoca: Victor Hugo, Bakunin, Ibsen, Spencer e molti altri. Dove deve sorgere il monumento? Ma proprio a Campo de’ Fiori, nel punto stesso dove il filosofo è stato incenerito. Occorre l’approvazione del consiglio comunale, che è però retto da una maggioranza filo clericale. Le cose cominciano ad andare per le lunghe. Il sindaco di Roma è un Torlonia, illustre famiglia della nobiltà nera, che prende tempo, tergiversa, nega di voler sabotare burocraticamente l’erezione del monumento, ma i sospetti si fanno sempre più consistenti. La questione spacca, come tante altre volte, il Paese in due. Il Papa considera la statua un’ingiuria alla Chiesa mentre è ovvio che per i sostenitori di Bruno si tratta di una rivincita, di uno schiaffo laico alle prepotenze presenti e passate del Vaticano. Cominciano le manifestazioni di piazza. Gli studenti guidano cortei sempre più rabbiosi, la polizia forma i suoi soliti cordoni, picchia, arresta. Non ci sono morti, ma la situazione è incandescente. Il primo ministro Crispi ordina che la statua venga comunque fusa e lo scultore è, non certo a caso, un esponente della massoneria. Il nuovo Papa, Leone XIII, minaccia di lasciare Roma e di rifugiarsi in Austria, ma alla fine resta dov’è. E l’immagine bronzea del filosofo eretico prende il suo posto a Campo de’ Fiori il 9 giugno 1889. Durante le trattative per il Concordato del 1929, il Vaticano chiederà a Mussolini di abbattere l’offensivo monumento e di sostituirlo con una cappella al cuore santissimo di Gesù. Il Duce, vecchio mangiapreti, dice di no ma fa aprire nella piazza un mercato di frutta e verdura.