Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 16/5/2010, pagina 88, 16 maggio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
30 luglio 1887
Crispi, l’uomo forte
Osservata dall’alto, la storia d’Italia è una palude di governi scarsamente decisionisti, interrotta qua e là da picchi di autoritarismo. Non stupisce che alla morte del paludoso Depretis il potere venga affidato all’energico Francesco Crispi, la mente politica della spedizione dei Mille, alla quale aveva partecipato, unica donna della compagnia, anche sua moglie. Una delle tante, perché dopo aver sepolto la prima e scaricato la seconda (la stiratrice savoiarda Rosalie Montmasson, troppo poco chic per un notabile in carriera), Crispi si era risposato di nascosto con la figlia di un ex magistrato borbonico. Il rivale di partito Nicotera aveva passato ai giornali la storia della bigamia e con le sue sei domande «Il Piccolo» era diventato il tormento quotidiano di Crispi (nulla di nuovo sotto il sole), fino a ottenerne le dimissioni da ministro dell’Interno nel 1877. Ma dopo un decennio il clima è cambiato e l’Italia reclama l’Uomo Forte: anche bigamo, purché la riscatti dalle umiliazioni. Crispi è un giovanotto alla soglia dei settant’anni: «Come l’Etna la mia fronte è coperta di neve ma ho il cuore caldo per la mia Patria». La retorica non gli manca, e neppure la coscienza di sé: «Il domani mi ha sempre dato ragione». Di lui gli avversari dicono che «sembra continuamente stupefatto dalla propria grandezza». Per la burocrazia ministeriale è un terremoto: se Depretis cantava la ninna nanna alle pratiche accumulate sul suo tavolo, Crispi le sventaglia in ogni angolo del Paese, in un profluvio di circolari e decreti-legge. A chi lo accusa di essere un megalomane, risponde che l’Italia è stata fatta dai megalomani. Di tutto si occupa, anche del voto alle donne, al quale il vecchio bigamo con amante di scorta si oppone perché «sono troppo impressionabili per occuparsi della cosa pubblica». Protezionista in economia, scatena una guerra doganale contro la Francia che soddisfa gli industriali del Nord ma getta sul lastrico i contadini del Sud. Nelle campagne si verificano assalti ai forni di manzoniana memoria, mentre alla Borsa di Parigi le azioni italiane valgono così poco che vengono ribattezzate per spregio «macaroni». In politica estera Crispi è filotedesco in odio ai francesi e colonialista per vendicare lo schiaffo di Dogali. Ma le spese militari affossano il bilancio e quando, il 30 gennaio 1891, il presidente del Consiglio si presenta alla Camera con nuove tasse, la Destra gli replica che per chiedere sacrifici bisogna possedere la tempra morale di un Quintino Sella. Crispi perde la testa: «Voi non avevate problemi di bilancio perché eravate servi dello straniero!» L’intero Parlamento insorge in difesa delle «sacre memorie» risorgimentali e gli vota la sfiducia. Il governo dell’Uomo Forte è durato 42 mesi esatti. Ma Crispi è una pellaccia. Ritornerà.