FRANCESCO SISCI, La Stampa 16/5/2010, pagina 3, 16 maggio 2010
IL MONARCA DIVINO ALL’ULTIMA FERMATA
In alcuni Paesi i sovrani si accontentano di mettere la loro faccia sulle monete o le banconote, in altri, mettono le statue e i ritratti agli incroci, nelle piazze principali. Re Bhumibol Adulyadej di Thailandia è uno dei rari esempi di sovrani ubiqui, e spicca sia sulle monete che nei ritratti di piazza. Probabilmente se lo merita. Nato il 5 dicembre del 1927, e acclamato in pubblico come «il grande», con un termine preso dal sacro sanscrito «Maharaja», è al trono dal 9 giugno 1946. il capo di stato al potere da più tempo, è il sovrano con la reggenza più lunga della storia millenaria del Siam ed è, per la rivista americana Forbes, il re più ricco del mondo con una fortuna di 35 miliardi di dollari. Suscettibile, è protetto da una legge molto ampia di «lesa maestà» che lo tutela contro chiunque, thai o straniero, lo critichi.
Per oltre 30 anni la sua Thailandia è riuscita a contenere il contagio dell’insurrezione comunista che premeva da Nord, dalla Cina, e da Est, dal Vietnam. Né però ha coinvolto il Paese nella lunga e crudele guerra che in Indocina poi ha travolto i vicini regni di Cambogia e Laos. In tutti questi anni re Bhumibol e la sua corte hanno governato da dietro uno schermo, attraverso una successione di 17 colpi di stato, la maggior parte dei quali incruenti, e sostegni intermittenti a governi costituiti da coalizioni raccogliticce. La mancanza di maggioranze chiare e forti, la minaccia costante dei militari creava una situazione per cui il re era l’ago della bilancia.
L’arrivo al potere del miliardario Thaksin Shinawatra nel 2001 cambia la scena. Lui è il primo premier della storia thai eletto con una maggioranza assoluta, quindi non ha bisogno di alleati politici in parlamento né dell’appoggio del re. Il successo elettorale si allarga poi nel 2005, e Thaksin diventa il primo premier thai rieletto. La sua popolarità sfiora e adombra quella del re, specie tra i contadini beneficiari delle sue riforme. C’è anche un problema di interessi: Thaksin spesso si rifiuta di condonare debiti contratti da grandi imprenditori con la crisi asiatica del 1997. Dimostranti in camicia gialla, il colore del sovrano, invadono Bangkok chiedendo le dimissioni di Thaksin per corruzione. Thaksin ritorna alle urne e vince ancora. Per la prima volta nella sua lunga storia, nel 2006, la corte esce dal suo ascetismo politico e lancia un messaggio alle truppe perché depongano Thaksin. il colpo di stato del settembre.
Nuove elezioni alla fine di dicembre 2007 danno la vittoria a un partito nuovo, organizzato in fretta e furia, ma ancora leale a Thaksin. I monarchici accusano Thaksin di essersi comprato i voti e ricominciano le proteste. I tribunali monarchici costringono in pochi mesi due premier filo-Thaksin alle dimissioni, Thaksin stesso viene condannato e fugge all’estero. Alcuni deputati filo Thaksin si alleano con il partito democratico vicino alla corte, per formare un governo guidato da Abhisit.
Bhumibol torna finalmente arbitro del mondo thai. Abhisit è debolissimo e deve appoggiarsi alla corte. Ma il nuovo equilibrio si regge su un sovrano di oltre 80 anni che sta male e che non vorrebbe come successore l’erede predestinato, il principe Maha Vajiralongkorn, amico di Thaksin. Il re da semidio, adorato, diventa «la balena» sui siti Internet. Lo scontro si alza di livello: il 26 febbraio del 2010 una sentenza confisca la fortuna di famiglia di Thaksin, 2 miliardi dollari. I militanti di Thaksin assediano il palazzo del governo. Il 10 aprile, quando soldati aprono il fuoco sui dimostranti.
Da allora la contabilità dei morti sfiora il centinaio. I rossi si organizzano nel nord, base di potere di Thaksin. La prospettiva di una guerra civile, evitata per 64 anni, sembra un annuncio da funerale per l’anziano sovrano. Né un governo dominato da militari pare meglio: senza un mandato popolare essi governerebbero solo in base al favore esplicito del re, cosa che Bhumibol ha evitato finora. Nella politica ci sono leggi imprescindibili: chi comanda prima o poi deve farlo direttamente. Oggi re Bhumibol non può esimersi dalla scelta di mandare la Thailandia in una direzione o in un’altra.