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 2010  maggio 17 Lunedì calendario

E ORA SCOPRIAMO CHE LA FED E’ DELLE BANCHE CHE SALVA

Ma chi possiede davvero la Federal reserve ovvero la Banca centrale americana? La risposta sembra ovvia: dovrebbe essere un’istituzione pubblica, indipendente dal governo. E invece no: è privata e i suoi azionisti sono le principali banche americane. Sì, proprio quelle banche che la stessa Federal Reserve ha salvato un anno e mezzo fa, d’intesa con il Tesoro Usa, stampando vagonate di dollari e di Buoni del Tesoro, trascinando governi e Istituti centrali del mondo occidentale nella stessa direzione, con le conseguenze che oggi ben conosciamo ovvero l’esplosione dei debiti pubblici nei Paesi più progrediti. E’ come se a controllare la Federazione degli arbitri fossero le squadre di calcio. Sorpresi? Eppure non è l’unica anomalia. Per capire che cosa sta avvenendo in questi giorni sui mercati ci si può limitare alle solite spiegazioni oppure chiedersi se all’origine di sommovimenti brutali e non sempre giustificati ci siano delle asimmetrie, delle falle di sistema, interessi lobbistici. Sia chiaro: non si tratta di scovare Grandi Fratelli, ma di capire come va il mondo e, dunque, in campo finanziario, come va l’America. Il responso non è affatto confortante. Il Paese che siamo stati abituati a considerare come un modello, mostra lacune sconcertanti per chi, seguendo i principi liberali, ritiene indispensabile la trasparenza delle regole e l’indipendenza assoluta di chi governa o stabilisce le regole. Purtroppo la crisi del 2008 sembra essere passata invano. Le tare emerse allora non sono state corrette. Anzi… La Federal Reserve non è un attore imparziale e nemmeno trasparente. Non è sottoposta ad alcun organismo di controllo e non risponde al Congresso del suo operato. E’ un’immensa scatola nera che rifiuta di aprirsi, anche a distanza di anni. Ancora oggi, ad esempio, i cittadini americani non sanno come sono stati usati centinaia di miliardi stanziati dal governo per salvare le banche. Sono state presentate petizioni, il Congresso ha votato, i giudici hanno emesso sentenze: tutto inutile. La Federal Reserve non spiega come ha aiutato… i propri azionisti. E non è l’unica anomalia. Quegli azionisti, ovvero le banche, continuano ad essere molto potenti, troppo potenti; al punto di influenzare il mondo politico. Se si scorre la lista degli ultimi ministri del Tesoro ci si accorge che Clinton nominò Robert Rubin, dapprima banchiere di Goldman Sachs e poi di Citigroup; Bush scelse Heny Paulson, presidente di Goldman Sachs; il riformista Obama ha chiesto consiglio allo stesso Rubin che gli ha piazzato come superconsulente Lawrence Summers e, al timone, il suo pupillo, il raccomandatissimo Timothy Geithner, che come presidente della Federal Reserve di New York si segnalò per la sua strettissima amicizia con i grandi banchieri di Wall Street. Risultato: negli ultimi 15 anni non è stata approvata una sola legge contraria agli interessi del mondo finanziario, che anzi ha ottenuto quello che voleva, a cominciare dall’abolizione del Glass Steagal Act, che ha fatto saltare le separazioni tra banche commerciali e banche d’affari. Gli Hedge funds continuano ad operare senza regole, spesso da paradisi fiscali. Nessun limite è stato posto agli Otc, ovvero i mercati fuori dai circuiti borsistici tradizionali. E le banche che nel 2008 stavano per fallire non sono state costrette a ricapitalizzare adeguatamente. Insomma, tutto è rimasto come prima. Una gran festa per gli speculatori, che dopo aver scaricato sulla comunità delizie come i subprime ora si avventano sull’euro.
1-continua

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Provate a immaginare i gestori di sei degli hedge funds più potenti al mondo riuniti a cena in un bel ristorante di New York. Capita, tra uomini d’affari; ma il loro non è un incontro conviviale. Quei sei uomini decidono di lanciare un attacco speculativo per affossare una moneta straniera. Dopo poche settimane quella moneta crolla.
Una scena da film, suggestiva. Ma improbabile obbietterebbero i puristi del libero mercato, nella presunzione che i mercati abbiano volumi tali da rendere impossibile qualunque forma di manipolazione. Teoricamente hanno ragione, ma la realtà, purtroppo, lascia sospettare il contrario.
Quella cena si è svolta davvero l’8 febbraio 2010, alla presenza dei gestori degli hedge funds più ricchi e potenti: George Soros, John Paulson, Steven Cohen. Assieme a loro Donald Morgan, David Einhorn e Andy Monness. Avrebbe dovuta rimanere riservata, ma qualche indiscrezione è trapelata. In Italia, per esempio, ne ha parlato per primo il settimanale Panorama. Nei giorni successivi alla cena è iniziato il travolgente movimento ribassista sull’euro.
Come funziona il meccanismo? C’è un grande fratello? Nossignori, il Grande manipolatore che impartisce ordini a tutti è inverosimile. Il gioco è più sofisticato.
Chi studia la psicologia sa che la natura della maggior parte degli uomini è gregaria. L’investitore crede nella sua razionalità, ma poi cerca di capire dove va il mercato ovvero cosa fa la maggior parte degli operatori e si accoda, amplificando movimenti che altri hanno voluto ovvero chi ha il potere, i mezzi, l’abilità di piazzare e far esplodere le mine in cima alla montagna e far scendere così la valanga che tutto travolge. I sei hedge hanno fatto esplodere la mina iniziale. Dopo quella cena fecero salire vertiginosamente i futures contro l’euro, che a fine febbraio raggiunsero punte, allora record, di 70mila contratti, segnalando al mercato che un movimento importante era in atto. I più lesti si accodarono. Ma la valanga non era abbastanza consistente. Per raggiungere gli obiettivi voluti era necessario far deflagrare altre mine. Quali? Le valutazioni delle agenzie di rating e i contratti Cds.
Delle prime abbiamo già parlato su questo giornale tempo fa e lo stesso Silvio Berlusconi ne ha denunciato l’inaffidabilità. Trattasi di tre società private americane, Moddy’s, Fitch, Standard & Poor, che operano sotto licenza in regime di oligopolio e che vengono pagate dalle stesse società che poi sono chiamate a giudicare. La loro credibilità è stata scossa da scandali e di sviste. prossima allo zero, eppure, essendo gli unici giudici del rating, hanno mantenuto un’influenza notevole.
Tra aprile e maggio hanno agito con un tempismo sospetto, adombrando possibili diminuzioni di rating di Spagna e Portogallo, paventando contagi dalla Grecia all’Irlanda, facendo annunci a mercati aperti a pochi minuti dalla fine delle contrattazioni. Sempre al momento giusto. Per chi aveva speculato contro l’euro. Guarda caso. Il terzo anello è rappresentato dai credit default swap (Cds) le polizze contro il rischio di insolvenza che, come ha ricordato Fabio Pavesi sul Sole24Ore, valgono 32mila miliardi di dollari. Ma, ancora una volta, in condizioni anomale. Il 75% dei Cds è mosso da cinque grandi banche di Wall Street: Jp Morgan Chase, Bank of America, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup. Insomma, un altro oligopolio che, come insegnano i manuali di economia, provoca quasi sempre distorsioni di mercato e accordi sotto banco. A dare altre pesantissime mazzate all’euro sono stati nelle ultime settimane proprio i Cds. Dunque, ricapitoliamo: sei colossi hedge decidono l’operazione, vengono agevolati dalle tre agenzie di rating, coinvolgono le 5 banche che muovono i Cds e i più grandi fondi di investimento. La loro potenza diventa micidiale grazie all’effetto moltiplicatore dei derivati.
Volevano una valanga, la valanga c’è stata. Loro si sono arricchiti, noi subiamo le conseguenze. Lo chiamano libero mercato, ma sa tanto di aggiotaggio...
(2-Continua)