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 2010  maggio 17 Lunedì calendario

CAMERON, CLEGG, I FRATELLI MILIBAND HANNO UNA COSA IN COMUNE: L´ET. LA GENERAZIONE DEI QUARANTENNI AL POTERE IN GRAN BRETAGNA

David fumava gli spinelli, Nick aspettava Godot, Ed suonava la chitarra in un gruppo punk. Avevano vent´anni, si divertivano un sacco e pensavano, contrariamente a Paul Nizan, che fosse l´età più bella della vita. Ma il bello viene adesso, che ne hanno quaranta o poco più e si ritrovano alla sommità del potere. David Cameron, 43 anni, Nick Clegg, 43, Ed Miliband, 40, senza dimenticare suo fratello David, 44, e gli altri membri della fortysomething generation che guidano il governo e l´opposizione in questa Gran Bretagna 2010, hanno idee diverse ma pure parecchie cose in comune. Una balza agli occhi, ed è una ragione fondamentale del loro successo: l´età.
La generazione quaranta-e-rotti simboleggia la capacità di rinnovarsi di una nazione e un trend che va oltre la politica, nel Regno Unito e altrove (con qualche eccezione): il largo ai giovani.
Non è la prima volta: Tony Blair aveva 43 anni (in verità gli mancavano 4 giorni ai 44) quando diventò primo ministro nel 1997, 40 quando fu nominato leader del Labour; e Gordon Brown, al suo fianco, aveva appena tre anni di più. Né furono loro a dare il via al fenomeno: senza voler scomodare John Kennedy (44enne nel 1960), c´è il precedente della coppia Bill Clinton-Albert Gore, 46 e 45 anni, quando conquistarono la Casa Bianca nel 1992. Ma forse non c´erano mai stati tanti quarantenni al potere come nel Regno Unito odierno. A parte Cameron, premier più giovane degli ultimi duecento anni, e il vice-premier Clegg, il governo comprende George Osborne, ministro del Tesoro, 38 anni, Danny Alexander, ministro per la Scozia, 38, Michael Gove, ministro dell´Istruzione, 42, Jeremy Hunt, ministro della Cultura, 43, senza dimenticare la baronessa Warsi, ministro senza portafoglio e prima donna musulmana (figlia di poveri immigrati pachistani) nell´esecutivo, 38 anni, più il compagno di studi e rivale di Cameron, Boris Johnson, dissacrante sindaco di Londra, 46.
La medesima generazione occupa i vertici del partito laburista, ora all´opposizione. Qui, a parte i fratelli Miliband, entrambi candidati alla leadership del Labour, c´è Ed Balls, ex ministro dell´Istruzione, 43 anni, sua moglie Yvette Cooper, ex sottosegretario al Lavoro, 41, Douglas Alexander, ex ministro dello Sviluppo, 43, James Purnell, ex ministro del Lavoro, 40, Andrew Burnham, ex ministro della Cultura, 40. Saranno loro a contendersi l´eredità di Blair e Brown. «No grazie, tocca a una nuova generazione», ha detto Alan Johnson, l´ex ministro degli Interni e della Sanità, uno dei pezzi grossi del Labour e dei papabili a rimpiazzare Gordon Brown, di cui ha tuttavia la stessa età, 59 anni, tirandosi fuori dalla corsa.
Le due tribù di quarantenni, quelli al governo e quelli che vorrebbero tornarci, si muovono sulla mappa di Londra in ambienti parallelli e simili. I conservatori, soprannominati "la Notting Hill gang", disdegnano i quartieri dei vecchi soldi, Mayfair o Chelsea: preferiscono abitare a Notting Hill, l´ex ghetto caraibico dove un tempo prosperavano gli spacciatori e dove oggi una casetta di tre piani costa 4 o 5 milioni di euro, poco meno che a Chelsea, ma l´atmosfera è più rilassata, alternativa, "giovanile". I laburisti sono "la mafia di Primrose Hill", il quartiere più a nord, anch´esso ex zona di spaccio, gentrificata dal denaro delle speculazioni immobiliari, prediletto da scrittori come Martin Amis, attori come Jude Law e Sienna Miller, cantanti come Amy Winehouse. Una casetta di tre piani qui costa 3-4 milioni di euro, ma pub, coffee-shop, ristorantini vegetariani, sono intercambiabili con quelli di Notting Hill.
E´ nei salotti di questi due quartieri che, fra un summer party e un tè di beneficenza, i fortysomething mostrano com´è fatta la nuova generazione della politica britannica. Prendiamone quattro, i più noti, i quattro "ragazzi" di quarant´anni che ruotano attorno alla regina Elisabetta, l´ultraottantenne seduta sul trono da mezzo secolo, unico volto inamovibile sotto il Big Ben. Di Cameron si sa che è discendente di un re (sia pure per via illegittima), sposato con la discendente di un altro re e figlia di un baronetto, diplomato a Eton, la scuola privata di re e primi ministri (il diciannovesimo che esce di lì), laureato a Oxford, dove era membro del Bullingdon Club, associazione di ricchi rampolli che si distraevano ubriacandosi e sfasciando pub. Viene spesso taciuto, però, che in quegli anni sembra abbia provato di tutto, incluse marijuana e cocaina: alle domande dei cronisti sull´argomento, se l´è sempre cavata rispondendo che «tutti commettono errori, l´importante è non perseverare». Ma non era solo un debosciato. Terminati gli studi, si prende un anno sabbatico, va a fare l´impiegato a Hong Kong, compie il giro del mondo tornando verso casa. Con tappa a Mosca, per vedere la Piazza Rossa: corsi e ricorsi della storia, un altro giovane leader, dopo una borsa di studio a Oxford, fece un viaggio nella capitale della Russia, e si chiamava Bill Clinton. «Cameron non incarna solo un nuovo tipo di conservatore in bicicletta, che rispetta l´ambiente e crede nello Stato», osserva Nick Robinson, principe dei commentatori della Bbc. «E non è soltanto un clone di Blair. La malattia e poi la morte di un figlio lo hanno segnato, gli hanno fatto passare molto tempo fra la gente comune, nelle corsie degli ospedali pubblici, lo hanno cambiato». Quando gli hanno chiesto se crede in Dio, ha risposto di sì, ma citando Dostoevskij: «Quando vedi un bambino che soffre, ti viene da chiederti se Dio esiste».
Anche Nick Clegg ha fatto le scuole migliori del regno, prima Westminster, non molto meno esclusiva di Eton, quindi l´università di Cambridge. Il suo curriculum è più vario: un anno a fare il maestro di tennis, uno a fare il maestro di sci sulle Alpi francesi (dove il padre, ricco banchiere, ha un castello), uno a recitare con una compagnia teatrale, in coppia con Helena Bonham Carter, diretto da Sam Mendes. Il suo personaggio più riuscito: Cyrano de Bergerac. Diventare un attore era la sua grande passione, il teatro lo ha avvicinato a Beckett, di cui ha letto tutto, "Aspettando Godot" un centinaio di volte: «Mi piace il modo in cui Beckett mette a nudo il vuoto della nostra esistenza, costringendoci a interrogarci su chi siamo, cosa vogliamo», confessa. E´ raro sentire un politico che parla così. Lui sa dirlo anche in cinque lingue, grazie a una nonna russa, una madre olandese e una moglie spagnola, conosciuta a Bruxelles. Ancora più raro è sentire un leader politico che si definisce apertamente "ateo", sebbene ai figli dia un´educazione cattolica, la religione della consorte.
David ed Ed Miliband hanno fatto la stessa scuola, Haverstock, statale ma una delle migliori di Londra, e la stessa università, Oxford. Ma erano piuttosto diversi. David, più serio, predilegeva già allora politica e filosofia. Ed suonava in un gruppo punk e per un po´, dopo gli studi, ha fatto il giornalista. Tutti e due, quando sono entrati giovanissimi nel Labour, hanno dovuto scontrarsi con un padre molto più radicale di loro: Ralph Miliband, ebreo polacco fuggito in Inghilterra dall´Olocausto, era un famoso teorico marxista, rimasto comunista sino alla fine. Non riusciva a capacitarsi di avere due figli "socialdemocratici". Dice di entrambi Peter Mandelson, l´ex-braccio destro di Blair e Brown, che li ha visti praticamente crescere: «Sono due ragazzi di straordinaria intelligenza e umanità. Difendono la congiunzione con il nobile passato del progressismo, ma rappresentano il nuovo che avanza, non più blairiani o browniani, bensì pragmatici senza perdere la passione».
E dunque: spinelli, punk rock, Godot. Avevano vent´anni, su per giù, quando è crollato il muro di Berlino. Come hanno fatto ad arrivare in alto così in fretta? «E´ la professionalizzazione della politica», dice James Crabtree, columnist del raffinato mensile di politica e cultura Prospect. «Oggi si accede alla politica passando dalle think-tank ai posti di consigliere o speechwriter di un leader, senza bisogno di una lunga militanza come deputato o a livello locale», concorda il sociologo Anthony Giddens. Buone scuole e ottime università, indubbiamente aiutano. «In ogni modo, in questo paese, dopo Tony Blair è necessario essere giovani, telegenici e carismatici, per fare carriera in politica», taglia corto Lionel Barber, direttore del Financial Times. «Col senno di poi», conclude Deborah Orr, spiritosa commentatrice del Guardian, «sembra impossibile avere pensato che Gordon Brown potesse vincere o che un suo coetaneo raccogliesse lo scettro del Labour». Oggi, per aspirare al potere, la prima condizione è avere quarant´anni. Almeno qui a Londra.