Francesco Piccolo, lཿUnità 17/05/2010, 17 maggio 2010
CORSIVI
Riguardo al Partito Democratico, si è ormai d’accordo sul fatto di estendere le primarie a qualsiasi candidato, anche sindaci e presidenti. La facilità con cui la sinistra ha intrapreso delle strade senza bisogno di fare riflessioni approfondite (vedi in passato il maggioritario, la privatizzazione, il federalismo) è sconcertante. Sull’idea delle primarie è successo – sta succedendo la stessa cosa: una corsa senza riflessioni e dubbi, altrimenti si va contro la modernità, si è reazionari. Le primarie per l’elezione del candidato premier sono una cosa; le primarie per il segretario del partito, sono un’altra cosa. Le primarie per qualsiasi altro ruolo, sono ancora un’altra cosa. Esse ottengono senz’altro una corrispondenza diretta tra gli elettori e il candidato. Però scegliere i candidati vuol dire anche scegliere i programmi, le linee politiche. Affidare tutto questo, ogni volta, direttamente agli elettori è un’idea di democrazia molto in voga, ma è chiaro che sottrae al partito una gran quantità di occupazioni: toglie ogni responsabilità di scelta, non permette di dettare mai una linea politica. In pratica, lo svuota. Forse non completamente, però lo svuota nella parte più visibile, forse nella sostanza. Così, si finisce per concludere che il partito, il suo segretario, il gruppo dirigente, sembrano confusi e poco incisivi, probabilmente poco decisivi. Ma nei fatti, il partito, il segretario e il gruppo dirigente una politica non la fanno e non devono farla più. Possono solo subirla.