La Stampa, 16/5/2010, 16 maggio 2010
LA SFIDA AI PRIVILEGI DELLA CASTA
Forse stavolta non sarà una provocazione. Gli intoccabili verranno toccati. La Casta vuole riformarsi. L’opposizione non ci crede pensa che la destra stia facendo ancora campagna elettorale e che la proposta del ministro Roberto Calderoli finirà nel cestino come la proposta dell’abolizione delle Province. Il vero punto interrogativo resta come verranno fatti questi tagli alla politica. Il ministro leghista alla Semplificazione ha parlato di un taglio del 5% agli stipendi di ministri e parlamentari ma la dieta verrà estesa anche agli alti papaveri del settore pubblico, manager e alti dirigenti. Qual è il dubbio? Che a farne le spese possano essere anche i dipendenti pubblici e non solo i papaveri della politica. Un costo non da poco per le casse dello Stato. Basti pensare che una delle voci più pesanti degli ultimi bilanci della Camera e del Senato sono state le retribuzioni del personale: 234 milioni l’anno per i dipendenti di Montecitorio e 132 milioni per quelli di Palazzo Madama. Ci saranno allora piccoli sacrifici per ministri e parlamentari in cambio di sacrifici più pesanti per gli statali?
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Stampare gli atti? Sette milioni
Per l’alto numero di deputati e dipendenti la Camera è quella che ha i costi più alti della politica rispetto al Senato e al Governo. Dando uno sguardo al progetto di bilancio 2009 di Montecitorio, la spesa totale supera i 1,2 miliardi di euro. Se la dieta che il ministro Roberto Calderoli ha proposto riguardasse il totale dei costi, quel 5% di tagli si tradurrebbe in risparmi davvero consistenti: 63 milioni. Tanto per fare un esempio, è quanto ha stanziato ad aprile il governo per la cassa integrazione in tuto l’Abruzzo.
Questo sarebbe il massimo come risultato. Ma guardando, invece, solo ai 630 onorevoli a cui il ministro leghista si è riferito se si sommano le loro indennità annue (94,5 milioni) a una parte di rimborsi e diarie (72,5 milioni) si arriva a poco più di 167 milioni di costi. Che con una sforbiciata del 5% portano a riduzione di spesa di 8,3 milioni. Ma la voce più pesante del bilancio della Camera sono le retribuzioni del personale che ammontano a 233 milioni. In questo caso i risparmi sarebbero di 11,6 milioni.
Poi bisognerebbe sapere se la «riforma della Casta» che ha in mente Calderoli riguarderà anche i deputati pensionati. Se così fosse, vitalizi e pensioni costano alla Camera qualcosa come 328 milioni. E applicando il solito taglio del 5% ai arriva a 16,4 milioni di costi in meno. Sempre spulciando nei conti di Montecitorio ci sono poi altre voci che fanno pensare che potrebbero esserci ancora spazio per una gestione un po’ più oculata. Per esempio le spese per i servizi di stampa degli atti parlamentari costano all’anno 7 milioni. Troppa carta e troppo cara? Forse Calderoli potrebbe seguire l’esempio del suo collega Renato Brunetta ed estendere la riforma digitale dalla pubblica amministrazione al Parlamento. Forse qualche economia in più alla Camera potrebbe essere fatta anche sui trasporti. Anche perché con quegli 11,5 milioni di euro spesi all’anno ci si potrebbero comprare almeno mille utilitarie.
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Superspese per ristoranti e cerimoniale
Al secondo posto nella classifica della «cara politica» si piazza il Senato con una spesa totale all’anno di 521 milioni di euro, circa la metà di quella della Camera. Se la mini-tassa del 5%, ipotizzata dal ministro Roberto Calderoli, venisse applicata su questo totale, nelle casse dello Stato entrerebbero 26 milioni. Se invece il taglio venisse fatto sugli stipendi dei 315 senatori, tra competenze (46,7 milioni), rimborsi e diarie (24,2 milioni), i risparmi sarebbero di 3,7 milioni. Come per i deputati ci sono poi costi non da poco per vitalizi dei senatori cessati dal mandato (75,7 milioni) e per le pensioni di Palazzo Madama (77,3 milioni). In tutto con quella sforbiciata del 5% ci sarebbero meno costi per 7,6 milioni.
Ma ci sono poi altre voci del bilancio di Palazzo Madama che potrebbero essere limate: per esempio i trasferimenti ai gruppi parlamentari che ammontano a 38,7 milioni e sono più alti di quelli della Camera (35,1 milioni). Sotto le cesoie del ministro Calderoli potrebbero finire anche le consulenze per le Commissioni (d’inchiesta, speciali, consultive, permanenti, ecc.), che hanno portato a spese per 1,8 milioni. Chi, invece, è stata virtuosa nelle consulenze è la Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non ha speso neppure un euro.
Un conto abbastanza salato dal bilancio di Palazzo Madama arriva poi dalle spese per il Cerimoniale e rappresentanza. Tra medagliette parlamentari, onoranze, acquisto di libri d’arte e iniziative istituzionali, culturali e sociali si arriva quasi a 2 milioni di euro all’anno. Un po’ di austerity Calderoli potrebbe poi caldeggiarla per le spese dei ristoranti. In un anno gli oltre trecento senatori hanno speso 1,3 milioni per i servizi di ristorazione, più di quelli spesi dal personale di Palazzo Madama (1,1 milioni). Anche le spese per le assicurazioni non scherzano affatto: 1,7 milioni per i senatori, quasi un milione per i dipendenti.
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Il dubbio su chi intasca anche i compensi da parlamentare
Il taglio degli stipendi di ministri e sottosegretari non farà la differenza, non farà colare a picco i costi della politica, ma la legge deve essere uguale per tutti e il ministro Calderoli vuole dare il buon esempio. Ci sarà però da chiarire se quella mini-tassa del 5% dovrà essere applicata al trattamento base di un ministro parlamentare (nel governo Berlusconi sono tutti ministri parlamentari) che è di poco superiore ai 44 mila euro lordi all’anno. Oppure se la sforbiciata colpirà l’intero stipendio del ministro che è ben più corposo. Se è senatore con indennità e diaria arriva a guadagnare, infatti, circa 104 euro l’anno lordi. Se invece è onorevole la sua retribuzione è di poco sotto i 100 mila euro (98.677 euro per la precisione).
Se verrà tassata solo la retribuzione base dei 23 ministri del Cavaliere il risparmio per le casse dello Stato si aggirerà intorno ai 50 mila euro. Se invece toccherà l’intero stipendio, compreso le indennità parlamentari, sarà più del doppio (115 mila euro). Analoghi chiarimenti dovranno esserci per quanto riguarda gli 11 sottosegretari, visto che anche in questo caso sono tutti parlamentari, fatta eccezione per Guido Bertlolaso (Protezione civile). Lo stipendio base di un sottosegretario è di 56.954 euro ma con l’indennità e la diaria da parlamentare supera i 100 mila euro. Come per i ministri, anche pe ri sottosegratari, se i tagli venissero fatti all’intero stipendio i soldi risparmaiti sarebbero il doppio.
D’altro canto va detto, però, che con il comma 575 della Finanziaria 2007, proposto dal leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, e dall’attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, lo stipendio dei ministri parlamentari, dei viceministri e dei sottosegretari era già stato ridotto del 30%. Solo che allora sotto il governo Prodi, quando entrò in vigore la mini-riforma della casta, solo 32 su 100 stipendi governativi avevano subito la riduzione del 30%. Come mai? Semplice c’erano ben 68 ministri, viceministri e sottosegretari non parlamentari che non rientravano nel provvedimento targato Di Pietro-Alemanno. Una situazione nettamente diversa da quella del Governo Berlusconi dove fatta eccezione per Bertolaso, tutti gli altri stipendi governativi hanno subito il taglio del 30%.