Gianluigi Nuzzi, Libero 16/5/2010, 16 maggio 2010
SI INVENTANO LA NUOVA P2
Il sistema di archiviazione del commercialista Stefano Gazzani, il professionista di fiducia di Diego Anemone, non ha richiesto particolare ingegno per violarlo. A Perugia non si è dovuti ricorrere al Gruppo anticrimine tecnologico, gli esperti informatici della Finanza sempre considerati un po’ eccentrici al comando generale. Quei file e le fatture sequestrate possono svelare l’impalcatura finanziaria degli affari della Cricca. Confrontati con la lista dei clienti di Anemone si compie una prima significativa selezione tra chi ha pagato i lavori chiesti al costruttore e chi s’è venduto per un sottolavandino. Ma ci sarebbe di più.
La lista formata dai file di Gazzani, comprende nomi e somme non emerse in quella dei 380 nomi di Anemone. Cognomi e affari non combaciano, anzi le discrepanze andrebbero a rendere ancor più estesa la ramificazione di relazioni, di lobby che il gruppo esercitava in numerosi dicasteri, nelle forze armate e di polizia, nei mille volti dell’edilizia pubblica a trattativa riservata, dal carcerario alle caserme. Anche per conoscere e decifrare questo materiale la procura di Perugia aveva chiesto la misura cautelare nei confronti del professionista che è stata però respinta dal tribunale del Riesame.
E in questi file ci sarebbero anche elementi che permettono di far luce su affari anche tormentati. Perché da quanto emerge, il gruppo di Anemone non ha avuto vita facile, l’ascesa di questo costruttore ha incontrato più volte il fuoco di sbarramento di chi non voleva cedere alle irritualità. Diversi affari della cricca non sono andati in porto o si sono conclusi a fatica. Leggendo ora le carte di Gazzani e interfacciandole con le informative stilate dalla Finanza sinora si capisce che questo comitato d’affari è stato anche osteggiato in diverse partite sotterranee giocate lontane dai tavoli delle gare e degli appalti ufficiali.
Si potrebbe capire ad esempio quanto accaduto nella delicatissima vicenda sul complesso di uffici di piazza Zama a Roma dove il Sisde intendeva dislocare alcune articolazioni. Le somme che appaiono sulla documentazione sembrano fuori mercato. I servizi segreti stavano per pagare (e forse hanno pure sborsato) cifre superiori a quelle di mercato? Difficile dirlo con certezza. Anemone era ”portato”. L’intelligence può godere di una sorta di extra-territorialità finanziaria grazie ai fondi riservati. Ora, ricostruire i passaggi non sarà facile per i Pm umbri.
FILONE PROTEZIONI
L’altro filone che fino ad oggi era stato come tenuto in disparte dalle procure di Roma e di Firenze ma che proprio con l’emersione di queste liste ritorna d’attualità e preso in considerazione dai pubblici ministeri riguarda le possibili protezioni delle
quali ha goduto la cricca. Protezioni nella magistratura e nelle forze di polizia. Da queste i tentativi di inquinamento probatorio portati avanti anche di recente con sapienti fughe di notizie. I magistrati si soffermano su tre episodi. Il più recente riguarda la lista dei lavori di Anemone. Venne sequestrata dalla Guardia di Finanza di Frascati nell’autunno del 2008 ed è rimasta nei cassetti a lungo. Fino a quando è spuntata sui giornali. Ci si chiede come mai non sia finita nelle carte sui lavori del G8 alla Maddalena, sui mondiali di Nuoto finite al Pm Sottani. Il procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara ha chiesto ragguagli su quanto è accaduto. Primi accertamenti che potrebbero determinare l’apertura di un’inchiesta. Come mai nessuno sapeva niente di questo elenco? Il secondo episodio riguarda il filone su Denis Verdini. La fuga di notizia sull’indagine, con la pubblicazione delle prime precise notizie sull’inchiesta, avrebbe una matrice già individuata dai magistrati. Un infedele in divisa che avrebbe passato le notizie non per fini istituzionali né per aiutare il giornalista amico. Il terzo episodio è quello sui primi accertamenti compiuti sulla compravendita di casa Scajola. Accertamenti che non produssero sviluppi investigativi di rilievo.
IL COMITATO SEGRETO
La sensazione netta di alcuni inquirenti è quella di indagare su gruppi di potere assai consolidati le cui attività, osserva un investigatore «potrebbero rientrare in quelle dell’associazione segreta ipotizzata dalla legge Anselmi». «La struttura di alcuni di questi comitati aggiunge per stile nell’organizzazione (la segretezza è uno degli elementi fondanti), per finalità nel condizionare la vita economico-politico, avrebbe analogie con l’associazione massonica segreta». Un aspetto che verrà valutato non nell’immediato, almeno a Roma, ma che potrebbe essere contestato ad alcuni degli indagati subito dopo questa prima fase di indagine, di raccolta degli elementi sulle presunte corruzioni.