Gianfranco Ravasi, Il Sole-24 Ore 16/5/2010;, 16 maggio 2010
IL MISTERO IN UNA VOCE
«L’oscurità è la sigla di Angela. Se non lanotte,un’ombra di crepuscolo attornia la sua figura anche al di là di un dettato testuale in parte insondabile e sfuoca i suoi tratti biografici di santa e di scrittrice». Così definiva questa straordinaria mistica folignate il grande critico Giovanni Pozzi e ho ancora in me la memoria fremente di qualche dialogo che proprio su questo tema ebbi con lui sia a Milano sia a Lugano (ove risiedeva, nel convento dei Cappuccini, abbellito dalla biblioteca progettata dal comune amico Mario Botta). Fu lui, infatti, a interessarsi per primo con passione di questa santa del XIII secolo, «signora della notte» come l’aveva definita nella sua folgorante introduzione all’edizione del
Libro dell’esperienza per la "Piccola Biblioteca" di Adelphi. Ora Angela ritorna con una mirabile proposta del suo Memoriale e delle
Instructiones, curata dalla "Fondazione del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo" di Spoleto, secondo i canoni tipici di simili pubblicazioni: il facsimile del manoscritto che conserva quei testi, ossia il Codice 342 della Biblioteca Comunale di Assisi, recante la titolatura suggestiva di Liber sororis Lelle;
la trascrizione critica di quelle pagine a cura di Francesco Verderosa in un secondo tomo e, infine, nel terzo volume una raccolta di quattro studi esegetici, due di taglio codicologico (Attilio Bartoli Langeli e Massimiliano Bassetti) e due testuali di Enrico Menestò e di Francesco Verderosa.
Il Memoriale, come accade per le Instructiones, non nasce dalla mano di Angela illetterata, ma dalla sua voce. A raccoglierla è un francescano, frate A., «confessore, parente e principale consigliere», che trascrive alla terza persona le memorie angelane traducendo la parlata umbra della santa in un latino elementare. La "confessione" mistica inizia nel 1291-92 e rivela un sobbollire impressionante di emozioni, rapimenti, temi, immagini: è in pratica «il resoconto dell’esperienza interiore di Angela, del succedersi delle sue vicende intime, del brulicare di visioni, dove tutto è vertigini, estasi, metamorfosi, moltiplicazioni, gioie infinite e aridità, vertigini e abissi, luci e tenebre». Se vogliamo individuare una trama ideale, potremmo dire – sulla scia della fine analisi di Menestò ”che l’itinerario mistico di Angela da Foligno è scandito da tre tappe: c’è il momento dell’amore,che sboccia però dalla croce, dalla catarsi, dalla penitenza; ad esso subentra la tenebra, il nulla, il silenzio, la notte oscura, che cede il passo alla terza fase, quella della risurrezione, della luce, della vita trinitaria riflessa nell’anima,per cui Angela può esclamare rivolta a Cristo: Tu es ego et ego sum tu , «Tu sei me e io sono te!».
Le 36 Instructiones sono, invece, la testimonianza del "magistero" di Angela in cui essa si erge come mater et magistra nel cerchio dei suoi devoti che si raccolgono attorno a lei come discepoli. Queste lezioni, molto eterogenee e senza un ordine consequenziale, rivelano molteplici iridescenze sia letterarie (lettere, testi narrativi agiografici, parenesi, esposizioni dottrinali) sia tematiche (povertà, penitenza, meditazione sulla passione di Cristo, sofferenza, Maria, san Francesco, eucaristia) sia redazionali. In sintesi, possiamo ripetere per questo straordinario personaggio quanto annotava un altro suo grande studioso, Claudio Leonardi: «Non monaca né suora, ma sposa e madre, priva di qualsiasi cultura, Angela da Foligno riassume e simboleggia una nuova condizione femminile nella storiacristiana;con la sua altissima consapevolezza mistica consegna al proprio tempo un’eccezionale testimonianza su Cristo e la tradizione cristiana». Ora, proprio il professor Leonardi è promotore di altre raffinate edizioni critiche con riproduzioni anastatiche attraverso la Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (Sismel). Cogliamo, allora, l’occasione per segnalare un altro gioiello del XIIIXIV secolo, custodito dal 1822 nella prestigiosa Biblioteca Trivulziana di Milano. Si tratta del manoscritto 89 secondo la segnatura di quell’istituzione, anche a me molto cara per ragioni di "colleganza" durante gli anni della mia direzione della Biblioteca Ambrosiana, l’altro grande scrigno di tesori codicologici della capitale lombarda. In questi fogli membranacei, costellati da 57 disegni in inchiostro bruno con tocchi di rosso e acquarellature, si narra, nella versione italiana da una matrice originaria greca,l’avventura del giovane principe Josaphas e del vecchio eremita Barlaam. Quest’ultimo sale su una nave e raggiunge l’India per convertire l’idolatra Josaphas, che il padre ha segregato per impedirgli ogni contatto con la vera fede cristiana. L’esito sarà pieno perché il giovane non solo abbraccerà il cristianesimo, ma si farà anche lui eremita.
Come scrivono i curatori Giovanna Frosini e Alessio Monciatti, «fascinosamente intessuta di elementi esotici – romanzo di formazione e manuale di educazione, itinerario di scoperta della propria autentica vocazione – la vicenda di Barlaam e Josaphas è una suggestiva cristianizzazione della storia di Buddha, che approda in Occidente grazie a una versione greca compiutamente costituitasi nei primi decenni dell’XI secolo». L’esemplare edizione italiana offre,così,l’occasione non solo per la conoscenza di un prezioso documento, ma anche di una sorprendente testimonianza di contatti interreligiosi e interculturali del Medioevo. Ed è significativo che altre riprese di questa storia siano nelle principali biblioteche europee: dalla Vaticana alla Nazionale di Parigi, dalla Riccardiana di Firenze alla Nazionale di Madrid, fino alla parigina Sainte-Geneviève, segno di una vivacità di interesse e di un’apertura di orizzonti di un’epoca che qualche stanco stereotipo si ostina a definire "buia".