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 2010  maggio 19 Mercoledì calendario

MISTER LIPPI SCENDE IN CAMPO

Quando vado a dormire da mia figlia a Roma trovo una casa romanista. E lo sa che mi capita? Vado a letto col poster di Totti davanti agli occhi che mi osserva e mi risveglio con la stessa immagine». Questo aneddoto segnala un ct di buon umore alla vigilia dei Mondiali. Marcello Lippi, 60 anni, asciutto, abbronzato, passeggia sul lungomare di Viareggio, la sua città, dispensando saluti. Chiede al vecchietto se ha superato l’attacco di bronchite, abbraccia un amico che gli chiede notizie sui convocati («Non li rivela neanche a mio fratello e infatti è arrabbiato con me»), entra nei Bagni Principe di Piemonte e parla coi dipendenti. Eccolo qui il nostro commissario tecnico, l’uomo più invidiato e più bersagliato d’Italia. Se vince è un eroe, se non convoca Cassano, Miccoli e Balotelli è un bischero. Ha lasciato il segno nel 2006 col trionfo di Berlino, poi ha mollato per due anni e ora ha ripreso il timone per l’ultima avventura. Sì, dopo il Mondiale sudafricano lascerà per sempre la panchina azzurra e quattro anni indimenticabili. «Tutto parte dal 2006 quando una Nazionale schiacciata da Calciopoli parte per la Germania con un fardèllo incredibile. E questo gruppo di ragazzi, in condizioni difficili, compie un’impresa memorabile».
Cosa significa tatto ciò?
«La nostra vittoria conferma tutto quello che si pensa dell’Italia. Abbiamo grandi eccellenze in tutti i settori, ma non c’è capacità di fare squadra. L’immagine della Nazionale che è stata capace di raggiungere questo obiettivo contro tutto e contro tutti, trasformando in energia positiva il casino che c’era intorno, è diventata un modello».
Vuoi dire che gli scandali ci fanno bene?
«Certamente no, ma in questo caso la vicenda ci ha stimolato. Così un giorno il sociologo Francesco Alberoni mi dice: "Perché non fa un libro su questa esperienza? un modo diretto di raccontare i suoi principi nella gestione delle risorse umane. Avrà successo soprattutto nelle aziende».
Così cominciò la sua peregrinazione nel mondo reale...
«Certo, sono andato a parlare in 29 università italiane. Poi sono stato chiamato da una quarantina di imprese di altissimo livello. Un’esperienza fantastica. A tutte le categorie di lavoratori dicevo: "Guardate, io non sono un prof, ma vi assicuro che esistono tante analogie tra una squadra di calcio e un qualsiasi gruppo di lavoro"».
Qual è stata la reazione di operai, studenti e dirigenti?
«Grande attenzione ed entusiasmo. Negli atenei mi accoglievano tutti intonando il coro popopopo-popopo. Questi contatti umani al di fuori del calcio mi hanno completato sul piano psicologico e personale».
Tra primo e secondo ciclo in Nazionale le è accaduto qualcosa che l’ha incuriosita?
«In quei due anni ho girato il mondo. Voi non sapete quante federazioni mi hanno invitato. Ecco, questa è la grande curiosità: avere conferma che noi siamo guardati da tutti».
Cosa c’è di diverso oggi rispetto alla vigilia di Germania 2006? Ci manca uno scandalo?
«No, per carità. C’è una differenza sostanziale. Noi italiani ci presentiamo in Sudafrica come i detentori della Coppa del Mondo. Non sarà carino ricordarlo ma non possiamo non rivedere il film della nostra coesione di gruppo».
Come mai c’è tanto pessimismo sulla Nazionale? «Quando mai c’è stato ottimismo? Dicono che siamo vecchi, qualcuno sostiene che dobbiamo portare Tizio, Caio o Sempronio a seconda della città di appartenenza. Io vado avanti con le mie idee».
Mi sta dicendo che stavolta siamo avvantaggiati, anche senza Cassano e Balotelli?
«Certo, quattro anni fa ho dovuto ricostruire un gruppo sul piano tecnico e morale. Stavolta abbiamo una base. Non facciamoci condizionare dal campionato, non conta niente. Sarei preoccupato se tutti avessero fatto benissimo».
Vuole dire che noi diamo il massimo quando crediamo di essere al minimo?
«Sì, l’Italia non è super nelle amichevoli. I nostri giocatori si superano nelle occasioni importanti».
Ho l’impressione che lei sia molto riconoscente a quei 23 della Germania, e i 23 del Sudafrica non saranno molto diversi. Mi sbaglio?
«Cosa avrei dovuto fare? Cancellare i 23 della Germania e prenderne altri 23? Non credo. Io chiamerò quegli 8-9-10 di quel gruppo che ancora meritano la convocazione. In realtà qualsiasi cosa io faccia, ci saranno sempre mugugni. Essere massacrato è il destino del c.t. Se vinci sei un eroe, se perdi ti fanno la pelle».
Mi ricordo la polemica sul nome di Totti: ora si rinnova...
«Nel 2006 credo di aver gestito bene Francesco. Eppure quando non giocava qualcuno mi chiedeva come mai restava fuori. Ci sono partiti politici, ognuno col proprio candidato. Invece i talenti hanno capito che l’unica maniera di mostrare al mondo quanto sono bravi è stare in una grande squadra. I campioni non vogliono alla guida un papa, ma uno con le palle in grado di far vincere la squadra. Che sia simpatico o antipatico, non interessa».
Lei ha detto che ama i giovani. Ce ne saranno nel club Italia?
«Avremo una giusta miscela di esperienza e freschezza. Ci sarà buona parte di quello che ha offerto il campionato. Se emergono 10 attaccanti fortissimi non li posso convocare tutti. Devo fare delle scelte. Chi rimane a casa non è un bocciato. Non ho problemi personali con nessuno degli esclusi».
Sudafrica: il suo obiettivo?
«Quando andate a chiedere un pronostico in qualsiasi parte del mondo, in ogni epoca, la risposta è univoca: il Brasile. E un classico, i brasiliani sono l’essenza del calcio. Potrebbero fare 5 nazionali. Però guarda caso, il Brasile ha vinto 5 Mondiali, l’Italia 4. Cosa vuol dire? Nonostante l’Italia abbia meno talenti del Brasile, c’è sempre. Aggiungete la Spagna, l’Argentina, l’Inghilterra e la Germania, persino la Francia».
Possiamo rivincere? «Abbiamo le stesse qualità tecniche di quattro anni fa. Dunque possiamo farcela».
E come la mette col suo nipotino Lorenzo, 9 anni, supertifoso di Totti e della Roma?
«Quando vado a Roma dormo a casa di mia figlia. L’appartamento è tutto romanista. I cugini hanno fatto a Lorenzo il lavaggio del cervello e c’è un poster di Totti che mi perseguita. Quando vado a letto, dormo sotto quell’immagine. Ogni tanto mi sveglio di notte e mi ritrovo la faccia di Francesco».
Magari sarà un presagio anche per il Sudafrica, mister Lippi.