Dino Messina, Corriere della Sera 16/05/2010, 16 maggio 2010
INTERCETTAZIONI, GLI EDITORI CONTRO I LIMITI. I DUBBI MONDADORI
Gli editori in campo contro il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche che dopo l’approvazione alla Camera sta per essere discusso in Senato. Per iniziativa di Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems, e di Giuseppe Laterza ieri al Salone del libro di Torino è stato scelto l’incontro tra Gustavo Zagrebelsky e Rosy Bindi, moderato dal direttore della Repubblica Ezio Mauro, per lanciare l’appello già sottoscritto da una ventina di editori. «Con una classe politica che fa quadrato attorno agli indagati’ ha detto Mauri – immaginate un mondo dove non si possano conoscere i motivi delle indagini in corso». Il disegno di legge così com’è, ha aggiunto Giuseppe Laterza, «penalizza non soltanto i cittadini e i giornalisti ma anche gli editori che pubblicano libri d’inchiesta».
L’appello «per la libertà di stampa e i libri» attacca una «legge che rischia di compromettere un diritto dei cittadini, tutelato dalla nostra Costituzione: quello di informazione e critica. Ci riferiamo in particolare’ è scritto nel documento – alle disposizioni attualmente vigenti in merito alla possibilità di pubblicare una sintesi degli atti giudiziari (che siano intercettazioni o interrogatori o qualunque altro documento) non più coperti da segreto prima della conclusione dell’udienza preliminare». Viene poi ricordato il caso Scajola: «Se la legge fosse approvata, oggi probabilmente l’opinione pubblica italiana nulla saprebbe della vicenda che ha portato alle dimissioni del ministro Scajola». E si lancia l’allarme anche contro l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie: fino a 20.000 euro per i giornalisti e fino a 465.000 euro per gli editori.
Nel giro di poche ore accanto a quelle di Stefano Mauri, Alessandro e Giuseppe Laterza, sono arrivate tre le altre le adesioni di Carlo Feltrinelli, Paolo Mieli, presidente della Rcs Libri, Luigi Brioschi, direttore della Longanesi, Marco Cassini (minimum fax), Carmine Donzelli, Sandro Ferri e Sandra Ozzola (e/o), Elido Fazi, Lorenzo Fazio (Chiarelettere), Renata Gorgani (il Castoro), Bruno Mari (Giunti), Antonio Sellerio, Federico Motta.
Fino al tardo pomeriggio si è attesa una risposta della Mondadori, presieduta da Marina Berlusconi, e che controlla anche Einaudi. Intorno alle 20 la casa editrice ha fatto conoscere la sua posizione attraverso un secco comunicato: «La Mondadori fa parte dell’Aie che ha già espresso la sua opinione a nome di tutti gli editori italiani. Nei nostri libri ogni giorno difendiamo la libertà di espressione di tutti gli autori». In effetti giovedì scorso l’Associazione italiana editori aveva lanciato un appello più conciso ma dai toni simili a quello diffuso ieri che però non era stato ripreso da nessun giornale. Il comunicato dell’Aie si concludeva con la richiesta di ridiscutere il testo del disegno di legge «per apportare miglioramento assolutamente necessari». Resta il fatto che i dirigenti di Segrate non sono tra i firmatari del documento promosso da Mauri e Laterza.
«C’è un punto delicato nel ddl – ha commentato il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ”. Noi ci eravamo tranquillizzati pensando che tanto siamo in Europa. Ma oggi con l’attuale governo non è più così. La Corte europea ha espresso varie pronunce sul diritto-dovere dei giornalisti a dare informazioni ottenute anche in maniera illegale, se sono di interesse pubblico. Inoltre questa legge prevede pene gravissime. Si creerebbe un bel paradosso nel sistema. Si scollerebbe il tessuto della civiltà giuridica».
Dino Messina