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 2010  maggio 16 Domenica calendario

LA BASILICA CHE CONSACRO’ GLI AEMILII

Chi si trova a passare dopo le sette di sera per via dei Fori Imperiali in direzione del Colosseo, può vedere alla sua destra, accanto alla Curia Iulia, i resti della Basilica Emilia, con l’imponente planimetria illuminata dai led dell’architetto Piero Castiglioni, che consentono di percepire «in negativo» i tronconi delle colonne in marmo africano. Chi volesse saperne di più sulla basilica e sulla famiglia degli Emili, una delle più potenti di Roma antica, che la edificò nel 179 avanti Cristo e continuò a restaurarla per almeno sei secoli fino all’incendio scatenato nel Sacco di Alarico del 410, può recarsi di giorno a visitare la mostra «Memorie di Roma», curata da Maria Antonietta Tomei con il supporto organizzativo di Electa.
Il percorso dell’esposizione comprende sia un affaccio sull’area più antica della costruzione, facilitato dalla nuova segnaletica progettata dallo studio Michele de Lucchi, sia una visita all’interno della Curia Iulia, dove è stata allestita l’esposizione del fregio ritrovato sul sito della basilica durante gli scavi effettuati tra il 1900 e il 1905 dall’archeologo Giacomo Boni. I vari frammenti del fregio, che doveva ornare le pareti della navata centrale dell’edificio, erano in parte esposti a Palazzo Massimo e in gran parte rimasti fino ad oggi invisibili, appesi al muro ma nascosti dietro pannelli di legno, in una stanza della soprintendenza archeologica. Scolpiti in marmo pentelico, raccontano la leggenda di Roma in una sequenza di storie che vanno dalla fondazione della città al ratto delle Sabine, dal tradimento di Tarpea fino ad episodi che probabilmente sono databili in età augustea. Così almeno la pensa Klaus Stefan Freyberger, direttore dell’istituto archeologico germanico, che cinque anni fa ha ripreso ad analizzare il rilievo. Ma gli studiosi sono al riguardo ancora molto discordi. Filippo Coarelli, per esempio, insiste nel dire che non è augusteo, ma la sua datazione oscillerebbe tra il I secolo avanti Cristo e l’età di Traiano, mentre la Tomei ritiene che risalga al periodo compreso tra l’80 e il 90 avanti Cristo.
Accanto ai resti del fregio vengono presentati anche alcuni ritratti di personaggi legati alla «gens Aemilia», come la statua di Numa Pompilio, il secondo re di Roma, dal quale gli Emili si vantavano di discendere. E la testa in marmo che avrebbe le sembianze di Marco Emilio Lepido, il collega di Ottaviano e Marco Antonio nel secondo triumvirato. Entrambe le opere adornavano la basilica Emilia, ma in mostra ci sono anche statue provenienti da altre basiliche, come Velleia e la Noniana di Ercolano, per illustrare il fenomeno della trasformazione di queste costruzioni, nate per celebrare la memoria della famiglia, ma con funzioni anche di banche e di tribunali civili, in edifici di propaganda politica. Infatti dall’età augustea in poi diventano una sorta di palcoscenico del potere, soprattutto quello imperiale, esibendo veri e propri cicli di statue disposte una accanto all’altra e alternando ritratti di uomini, donne e bambini, insomma l’intera famiglia, compresi gli antenati e i parenti più illustri.
A destra della Curia Iulia, il percorso prosegue tra i resti della basilica, dove si riconoscono le mura di fondazione in grossi blocchi di tufo e il pavimento che conserva tracce di lastre in marmo risalenti al rifacimento compiuto per riparare i danni causati dall’incendio scoppiato nel 14 avanti Cristo. in questo periodo che l’edificio cambia completamente aspetto. Se nei due secoli precedenti aveva infatti mantenuto mura e colonne in tufo e travertino, adesso diventa uno degli edifici più lussuosi nel centro di Roma, completamente rivestita di marmi policromi provenienti da ogni parte delle colonie e arricchita da una doppia fila di colonne che avevano al primo piano capitelli ionici e al secondo capitelli corinzi. Tra queste colonne, che sorreggevano l’immensa navata, passeggiavano folle intere di cittadini, fermandosi ai tavoli dei cambiavalute, ad acquistare oggetti in oro e argento nelle «tabernae» aperte lungo la facciata meridionale, ad assistere ai processi, soprattutto finanziari, che vi venivano celebrati.
Lauretta Colonnelli