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 2010  maggio 15 Sabato calendario

DALL’ARENA AL SOGNO MONDIALE I CENTO ANNI DEGLI «AZZURRI»

Un secolo di nazionale. Sono passati cent’anni dalla prima partita dell’Italia del pallone. Esordio all’Arena di Milano, domenica 15 maggio 1910, avversario la Francia, arbitro l’inglese Goodley, che vive a Torino, sulle tribune 6.000 (o 4.000) spettatori. Si comincia bene: la partita finisce 6-2 per l’Italia, che non indossa la casacca azzurra, ma un maglione bianco con polsini e colletti inamidati, secondo lo stile dell’epoca, anche se non c’è accordo sui mutandoni, sei li hanno bianchi, cinque neri. La prima nazionale è composta da De Simoni; Varisco, Calì, Treré, Fossati, Capello; De Bernardi, Rizzi, Cevenini I, Lana, Boiocchi. Otto su undici giocano aMilano: tre nell’U.S. Milanese (De Simoni, Varisco e Boiocchi); due del Milan (Cevenini I e Lana); due dell’Ausonia (Treré e Rizzi); uno dell’Inter (Fossati). Il primo capitano viene dall’Andrea Doria: Francesco Calì è siciliano di Riposto, dove è nato nel 1882, ma comincia a giocare in Svizzera, dove era emigrato da bambino.
Il primo c.t. è Umberto Meazza, nessun rapporto di parentela con Peppino, che sarebbe nato tre mesi dopo, avvocato, ex giocatore, ex ginnasta, ex alpinista. Per il debutto ha convocato 22 giocatori, ha messo in piedi due squadre, undici contro undici, divisi fra «probabili» e «possibili». Due partite dominate di «probabili», che segnano quattro gol per volta. Il primo goleador è Pietro Lana, classe 1888, mezz’ala sinistra, milanese e milanista: firma una tripletta ai francesi e la prima rete arriva dopo 13 minuti. La vittoria dell’Arena accende la passione del pubblico e anche quella della Federcalcio, che, nonostante la squalifica dei giocatori della Pro Vercelli, accetta di giocare a Budapest in casa dell’Ungheria, undici giorni dopo. Questa volta la sconfitta è pesante: 1-6, ma la partita vede la prima sostituzione della storia azzurra: Renzo Cevenini si fa male a un ginocchio e nel secondo tempo, al suo posto, esordisce Renzo De Vecchi, 16 anni, attaccante del Milan, che nel 1913 sarebbe passato al Genoa per 24.000 lire. La maglia azzurra compare il giorno dell’Epifania 1911: Italia-Ungheria 0-1, ancora a Milano.
In cent’anni l’Italia ha molto partecipato, ma ha saputo vincere tanto: quattro titoli mondiali, un campionato europeo, un oro olimpico. L’età dell’oro coincide con gli anni Trenta, subito dopo la nascita del campionato a girone unico. Il c.t. è Vittorio Pozzo, nato a Torino il 2 agosto 1886, studente del liceo Cavour; ha giocato in Francia, Svizzera e Inghilterra e fondato il Torino Football club. Viene nominato per la prima volta c.t. nel 1912, ma la sua vera avventura da selezionatore moderno inizia il 1°dicembre ”29 e si chiude il 5 agosto ”48, dopo 87 partite (60 vittorie, 16 pareggi e 11 sconfitte). Di lui colpiscono i metodi d’avanguardia con i quali prepara il Mondiale del ”34, organizzato e vinto dall’Italia: 2-1 alla Cecoslovacchia nella finale di Roma, decisa ai supplementari. Pozzo non si accontenta: dopo l’oro ai Giochi di Berlino ”36, guida l’Italia alla riconquista del Mondiale nel ”38, cambiando la squadra rispetto a quattro anni prima: l’esplosione di Silvio Piola come goleador lo induce a modificare il ruolo di Meazza, trasformandolo in rifinitore. Questa volta, l’avversario è l’Ungheria e la finale è in discesa: 4-2, con le doppiette di Piola e Colaussi.
Per ritrovare una grande Italia ci vorranno trent’anni di stenti, polemiche, Mondiali sbagliati, con le pagine nerissime rappresentate dalla mancata qualificazione all’edizione del ”58 e dall’eliminazione del 19 luglio ”66 contro la Corea del Nord. Il 10 giugno ”68, l’Italia con Valcareggi c.t. conquista il primo e per ora unico titolo europeo in cinquant’anni (il campionato continentale è iniziato nel ”60); due anni dopo, in Messico, gli azzurri sfiorano il titolo mondiale, sconfitti in finale dal Brasile (4-1), stremati dai supplementari della semifinale che diventa la partita del secolo azzurro: Italia-Germania Ovest 4-3 (17 giugno). l’Italia della staffetta Mazzola-Rivera, due campioni che verranno accantonati, insieme con Riva, nel ”74, dopo l’eliminazione al Mondiale di Germania. Un anno prima, l’Italia ha battuto per la prima volta gli inglesi: prima a Torino (2-0) e poi a Londra (1-0). Tocca a Enzo Bearzot a pilotare la resurrezione azzurra, nel ”78, con un quarto posto avaro in rapporto al gioco espresso e poi nell’82, l’anno della vittoria in Spagna: 2-1 all’Argentina di Maradona; 3-2 al Brasile di Zico e Falcao, nel nome e nel segno di Paolo Rossi, l’hombre del partido; 3-1 alla Germania Ovest in finale, davanti al presidente Pertini.
Quella azzurra è anche una storia di grandi delusioni: l’Italia di Vicini, con la difesa di ferro esce ai rigori in semifinale con l’Argentina, nel Mondiale di casa (3 luglio ”90); quella di Zoff, che stupisce tutti per la forza anche morale del gruppo, perde il titolo europeo nella finale di Rotterdam contro la Francia, a sette secondi dalla fine (2 luglio 2000). L’arbitro Moreno spinge gli azzurri di Trapattoni fuori dal Mondiale 2002, per mandare avanti la Corea del Sud che gioca in casa (18 giugno). Ma la penultima immagine è quella di Lippi che spegne le luci dell’Olympiastadion di Berlino, 9 luglio 2006: l’Italia batte in finale la Francia ai rigori (6-5), quarto titolo mondiale.
In cent’anni, la nazionale è stata anche fischiata, contestata, detestata; c’è chi ha tifato contro e chi ne mette in discussione l’esistenza stessa. Ma restano le parole di Fabio Cannavaro, 132 presenze, il capitano dell’Italia campione del mondo in carica: «Quando cominci a giocare, sogni la serie A, lo scudetto, le coppe, ma sogni soprattutto la nazionale. E quando ti capita di arrivarci, ti rendi conto che si tratta di un evento straordinario. L’inno, la passione della gente, il tifo dei nostri emigranti per me contano».
Fabio Monti