Marco Liera, Plus24 15/5/2010;, 15 maggio 2010
L’INSIDIOSA BENEVOLENZA DI BUFFETT
Warren Buffett non poteva che difenderle,
Goldman Sachs e Moody’s. D’altra parte, avete mai sentito un grande investitore che parla male delle sue posizioni in titoli? Sul grado di difendibilità però si può discutere, vista l’impopolarità, le imputazioni delle autorità di controllo e le proposte di restrizioni che riguardano le due società partecipate dalla Berkshire Hathaway
del miliardario di Omaha. E poi bisogna tenere conto che, pur parlando bene dei propri possessi azionari a rischio reputazionale, un investitore saggio può prudentemente alleggerirli. Come sta facendo Buffett dall’anno scorso con la propria partecipazione in Moody’s, scesa sotto il 20%. All’assemblea della Berskhire del 1° maggio, Buffett ha detto al suo popolo di azionisti fedeli che il business di Moody’s è «incredibilmente fantastico», ed è dotato di «pricing power», ha cioè il potere di dettare i prezzi. Le caratteristiche insomma che hanno sempre ispirato il guru di Omaha nei suoi azzeccati investimenti. B uffett ha aggiunto recentemente al suo già ricco massimario per gli investitori una ispirazione che gli è venuta osservando la Apple
di Steve Jobs. «Ci sono imprese eccellenti che a volte ottengono risultati straordinari per motivi casuali. Ma di solito queste imprese brillano per via dell’intelligenza che vi è racchiusa ». Il capitale intellettuale come criterio guida per la scelta delle aziende in cui investire ha una sua indubbia logica. E Moody’s e Goldman Sachs ne sono la riprova. Il loro valore è dovuto al capitale umano e al marchio. Non certo ai beni fisici di cui sono proprietarie. Sono organizzazioni in cui la selezione all’ingresso è durissima, e la competitività interna estrema. Disciplina e valori condivisi fanno il resto. Tra questi, ovviamente, stanno i profitti.
Ciò che è però insidioso è credere che questi capitali umani, così ben selezionati e accresciuti, vincano sempre e comunque. Eventi inattesi possono rivoluzionare lo scenario in cui operano queste organizzazioni e mettere in discussione i loro modelli di business; questo perché le rispettive attività (misurazione della solvibilità di un emittente nel caso di Moody’s e sfruttamento sistematico delle migliori conoscenze e tecnologie proprietarie su vari mercati nel caso di Goldman Sachs) si inseriscono in modo esemplare nel "quarto quadrante" di Nassim Taleb. Che descrive le situazioni in cui gli eventi sono imprevedibili e le interdipendenze molto complesse.
Il default di Lehman Brothers, il caos greco o il crollo di Wall Street dovuto a un’indesiderata applicazione di un modello di trading sono i classici eventi da quarto quadrante. E’ possibile vincere sempre in uno scenario come questo? Certo che no, ma quel che è peggio è che quando si perde, può essere la catastrofe, non necessariamente una mezza sconfitta.
La realtà di Moody’s e delle agenzie di rating è ancora più delicata rispetto a Goldman Sachs e concorrenti: per il loro ben noto ruolo di certificatori legali in conflitto di interessi, ma anche per l’impossibilità di remunerare il capitale umano ai livelli stratosferici delle investment bank. Con le quali giocano una sfida impari per il coinvolgimento dei migliori talenti.
Investendo in Moody’s e Goldman Sachs, Buffett ha quindi seguito i principi che lo guidano con successo da decenni e che ne hanno creato il personaggio. Tranne uno: «Ci metti una vita a costruirti una reputazione, ma ti bastano cinque minuti per perderla».