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 2010  maggio 15 Sabato calendario

USCIRE DALL’EURO: SI PUO’?

Esiste una procedura
per lasciare l’euro?
No, non esiste. E il discorso si potrebbe chiudere qui, tuttavia per come vanno le cose non si può escludere alcuna sorpresa, neanche questa. Non è previsto che un Paese esca dall’euro come non era previsto che uno Stato americano facesse secessione dagli Usa, però storicamente è capitato. Un’eventuale uscita dall’euro non provocherebbe di certo una guerra, ma lo sconquasso economico e politico sarebbe terribile.
In che circostanze un Paese potrebbe uscire?
Con la cautela fatta prima, cioè che la cosa è quasi impensabile, un Paese come ad esempio la Grecia potrebbe voler uscire dall’euro perché non riesce a rispettare i vincoli di bilancio imposti per restare; trovandosi con le strade in preda a disordini e scontri costanti, il governo potrebbe decidere che è meglio lasciar perdere l’austerità, riprendersi la sovranità monetaria e battere una moneta nazionale che sia libera di svalutarsi quanto vuole, anche a costo di subire una iper-inflazione come quella della Repubblica di Weimar negli Anni 20. Come scegliere fra saltare in un burrone o in un altro.
Altre possibili ipotesi

di «secessione»?
Come ipotesi di scuola si può fare il caso esattamente opposto, cioè quello della Germania che, stufa di pagare per sostenere la Grecia e magari altri Paesi incapaci di rimettere i loro bilanci in odine, saluta tutti e decide di andarsene. Ovviamente senza la Germania non si avrebbe la semplice uscita di uno Stato ma la fine dell’euro. Il prezzo che i tedeschi pagherebbero per questa scelta sarebbe (fra altre cose) una iper-valutazione del rinato marco, che potrebbe mandare fuori mercato le merci tedesche destinate all’export.
Ma in pratica come

si potrebbe fare?
Sarebbe qualcosa di simile a una dissezione chirurgica «in vivo» e senza anestesia. Per fare l’euro sono stati necessari molti anni di difficili trattative, su migliaia di questioni particolari; per negoziare una «secessione» ne servirebbero probabilmente altrettanti, ma aspettarselo sarebbe una contraddizione logica, perché una cosa del genere avverrebbe in circostanze economiche drammatiche ed eccezionali che imporrebbero la massima fretta, non lunghi negoziati. Anche questo rende l’ipotesi pressoché impensabile.
Quali sono al momento gli Stati in bilico?
Vengono designati in sigla come «Pigs», che in inglese significa «maiali»: sono Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. C’è anche chi stiracchia la sigla in «Piigs» aggiungendovi l’Italia. Chi sta peggio di tutti è la Grecia, che ha un deficit annuale enorme e debito cumulato gigantesco. Portogallo, Irlanda e Spagna hanno un grande deficit ma un debito relativamente contenuto, l’Italia ha un debito di proporzioni greche ma un deficit sonno controllo. Teoricamente è solo la Grecia ad apparire senza speranza senza il sostegno dai Paesi partner, il dubbio è che questo sostegno comunque non basti, che venga sprecato senza che Atene riesca a tirarsi fuori dal pantano e che si ripresenti a chiedere nuovi aiuti all’infinito. Questo metterebbe in crisi tutto il sistema dell’euro.
Ma c’è una vera voglia di scappare dall’euro?
Può darsi che qualcuno ci pensi seriamente, ma intanto c’è la fila per entrare; l’ultimo Paese a conquistare questo diritto è l’Estonia, che giorni fa ha ottenuto il primo via libera tecnico all’ingresso nella moneta comune nel 2011. L’Estonia si aggiungerà ai 16 attuali (se nel frattempo qualcuno non se ne sarà andato...) che sono Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Fra i Paesi dell’Ue che non hanno aderito all’euro figurano Gran Bretagna, Danimarca e Svezia (che non hanno voluto) e alcuni dell’Est (che non hanno potuto perché le loro economie sono ancora lontane dal livello occidentale).