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 2010  maggio 14 Venerdì calendario

LONDRA E L’IMPERO, STORIA DI UN’ILLUSIONE

La politica britannica ama i ricordi storici e le citazioni, se ne alimenta, li ripropone per trarne ispirazione. Così lo spettro della mancanza di maggioranza assoluta a Westminster è stato per settimane accostato ai periodi di instabilità e conflitti sociali degli anni Settanta. Tutti hanno ricordato che era stato il conservatore Edward Heath nel 1974 l’ultimo a cercare di formare un governo in situazione di «hung parliament» e fallì per il mancato accordo con i liberali. A Downing Street era entrato allora il laburista Harold Wilson che tornò alle urne strappando solo una maggioranza di tre seggi. Andò avanti fino al 1976 quando improvvisamente si dimise spiegando che aveva appena compiuto 60 anni ed era l’età giusta per ritirarsi. Dietro quell’abbandono circolarono voci inquietanti, comprese quelle sul coinvolgimento dei servizi segreti e un tentativo di colpo di stato militare.
Anni difficili, di conflitti sociali permanenti, che culminarono nell’Inverno dello Scontento del ”78-’79 gestito dal laburista James Callaghan. Che passò alla storia per un titolo del Sun che sintetizzava così una sua dichiarazione sugli scioperi: «Crisi, quale crisi?». In quei giorni si erano fermati per rivendicazioni salariali anche i netturbini, gli autisti di ambulanza, i dipendenti dei cimiteri. Londra era nel caos. Il povero Callaghan quella frase non l’aveva neanche detta proprio in quei termini, ma da allora crisis what crisis? è diventato un tormentone della politica londinese. E, per tornare alla storia politica, poche settimane dopo il leader laburista fu disfatto nelle elezioni dai conservatori di Margaret Thatcher.
Cominciò un’era di maggioranze chiare: 18 anni di governi Tory e poi 13 di New Labour.
Ora eccoci di nuovo agli spettri dell’incertezza. Perché è vero che nonostante il «parlamento appeso» in cinque giorni il Regno Unito ha avuto il suo governo (il commentatore inglese Rod Liddle ha subito scritto «gli elettori hanno voluto essere italiani per qualche giorno»). Ma è anche vero che le elezioni sono state caotiche e le hanno perse tutti: a partire dalle migliaia di cittadini in fila (britannicamente ordinata) di fronte ai seggi, respinti quando alle 22 di giovedì 6maggio le urne sono state chiuse come ordina la legge. E soprattutto hanno perso i partiti: i conservatori di Cameron, finiti primi con 6 punti di vantaggio sul Labour ne avevano avuto fino a 20 di più nei sondaggi. I liberal-democratici hanno perso seggi nonostante la Cleggmania ispirata dal volto telegenico e giovanile del leader. E Gordon Brown ha presieduto la liquidazione dell’era laburista.
Il Wall Street Journal ha osservato che alla fin fine tutto il processo elettorale della più antica democrazia parlamentare del mondo si è ridotto a «una produzione teatrale piuttosto elaborata». Con tanto di teledibattiti in stile presidenziale americano e uscita di scena lacrimosa del premier sconfitto affiancato da moglie e bimbi.
Costituito il governo di coalizione Con-Lib arriva il momento della verità. La stampa londinese, sempre apprensiva per la special relationship di churchilliana memoria con gli Stati Uniti, ha segnalato soddisfatta che Obama ha subito chiamato David Cameron e lo aspetta alla Casa Bianca.
E gli inglesi sono tornati a cercare rassicurazioni nella Storia. Ora che del British Empire restano solo le onorificenze distribuite annualmente dalla regina, il Regno Unito potrebbe giocare il ruolo che fu dell’antica Grecia rispetto alla Superpotenza Roma. Washington eserciterebbe ancora il potere imperiale in campo economico e militare che era stato dell’Inghilterra Vittoriana e prima della Roma dei Cesari. E Londra, con la sua creatività cultural-finanziaria, potrebbe replicare il ruolo ispiratore della grande Atene.
Quest’ambizione si potrebbe scontrare con la realtà e i numeri. I bookmakers, che giocando con i soldi tendono ad essere tremendamente accurati, danno 25 a 1 la possibilità che la strana coppia Cameron-Clegg duri come promesso cinque anni. E soprattutto il governo dovrà fare i conti con una similitudine con la Grecia di oggi, non quella classica. Londra ha il deficit di bilancio più alto dell’Unione Europea: valutato al 13 per cento del Pil. La spesa pubblica è al 50% del Pil e il debito pubblico ha sfondato il 60%.
Così, il governo di Sua Maestà dovrà stare attento a non ricadere nella previsione dello storico scozzese trapiantato ad Harvard Niall Ferguson che in Ascesa del denaro avverte: per resistere alla sfida dell’Oriente e al declino, l’Occidente può solo affidarsi a una nuova rivoluzione thatcheriana o reaganiana. Significa tagli dolorosi anche al sistema del Welfare State, un’altra storica creazione britannica, modellata dal governo laburista di Clement Attlee dopo la Seconda guerra su ispirazione degli studi di Lord Beveridge.
Guido Santevecchi