Varie, 14 maggio 2010
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Radolli Remigio
• Parenzo (Croazia) 1950 (~). Gioielliere. A Cinisello Balsamo • Il 16 aprile 2009 fu picchiato da tre rapinatori; venne ferito; impugnò una calibro 22 e fece fuoco, ferendone uno. In seguito fu iscritto nel registro degli indagati per eccesso di legittima difesa, accusa infine archiviata: «[...] Forse lo ricorderete: le foto del volto devastato e sanguinante di quest’omone [...] finirono sulle prime pagine di tutti i giornali. O meglio, di tutti meno tre: il manifesto e Liberazione decisero di non dare neppure la notizia; l’Unità scelse di non pubblicare l’immagine: troppo pericolosa, parlava più di mille articoli e non era funzionale all’automatica e implicita condanna dei negozianti- pistoleri. E poi, i rapinatori fossero almeno stati dei ragazzotti italiani figli di buona famiglia. Macché, erano albanesi. E per di più clandestini. [...]» (Massimo de’ Manzoni, ”Il Giornale” 29/4/2009) • «[...] Remigio Radolli è un omone grande e grosso, gioielliere a Cinisello Balsamo, due vetrine d’angolo in via Piave, una clientela fedele. ”Mai un problema, mai avuto paura, guarda te cosa mi è capitato. Ma comunque non ho niente da rimproverarmi...”, racconta ai figli e alla moglie, questo gioielliere che ha sparato per difendersi, non ha ucciso per caso e la sua giornata che doveva aprirsi come tante con la saracinesca alzata per vendere qualche collanina e un orologio, finisce prima al pronto soccorso e poi davanti ai carabinieri che cercano di capire bene quello che è successo. [...] Quello che è successo è scritto sulla faccia di Remigio Radolli. L’occhio nero e pesto, i diciotto punti in testa che gli danno all’ospedale Bassini di Cinisello, il regalo lasciato dai tre [...] Sono le nove e mezzo, quando davanti alla gioielleria Radolli si presentano i tre rapinatori. Due per mimetizzarsi hanno le pettorine della nettezza urbana. Uno ha la pistola finta in tasca. Il gioielliere entra dal retro, lo affrontano tutti e tre ma non è facile fermare Remigio Radolli, 59 anni e il fisico da lottatore. Sono pugni, sventole, il calcio della pistola finta che martella la testa del gioielliere. Remigio Radolli barcolla ma resiste, riesce ad entrare in negozio. Nel cassetto ha una calibro 22 a tamburo regolarmente denunciata. Non ha il mito delle armi, il gioielliere. Ma la sua è una professione pericolosa. [...] L’orefice Radolli spara quasi tutti i colpi a casaccio, ferisce ma non uccide. La pistola cromata finisce a terra con il caricatore vuotato fino all’ultimo proiettile. A terra come il rapinatore che all’arrivo dell’ambulanza e dei carabinieri, stringe ancora tra le mani quell’inutile giocattolo che gli è servito a niente» (Fabio Poletti, ”La Stampa” 17/4/2009) • «[...] Profugo dalla Croazia negli anni Sessanta, cresciuto nelle ”coree” di Cinisello, quartieri di immigrati e sfollati, una casa povera, la passione per gli orologi, le mani abilissime nelle riparazioni, ”era un mago”, conferma l’assessore al Commercio Giuliano Viapiana, ”un uomo di una bontà esagerata, con un carattere forte, schietto, ma sempre pronto ad aiutare qualcuno”. A Cinisello sono tutti con lui, dicono che ha sparato perché si è sentito minacciato come persona, ma anche nella sua attività. [...]» (Giangiacomo Schiavi, ”Corriere della Sera” 18/4/2009).