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 2010  maggio 14 Venerdì calendario

PALERMO SEPPELLITA DAI RIFIUTI (2

articoli) -
Neanche gli eroi antimafia ha risparmiato. La munnizza è democratica, come ”A livella di Totò, il principe di una Napoli che questo film l’ha già visto, questo incubo l’ha già sognato. Nella scuola media dedicata a Peppino Impastato, i sacchetti di pattume superano la ringhiera e piombano nel cortile. Alla direzione didattica intitolata al giudice Gaetano Costa, i ragazzini si turano il naso. E che dire di don Pino Puglisi, e del suo istituto nel cuore di Brancaccio? Si potrebbero fare gli esercizi di matematica misurando i cumuli.
«Onorevole Bertolaso, se potesse fare un giro in elicottero qui e guardare dall’alto questo stomachevole spettacolo...», ha scritto suor Caterina, la preside di un istituto assediato dai rifiuti malgrado lo sguardo celeste di Maria Santissima del Rosario. Il capo della Protezione civile le ha risposto, seppur indirettamente: «Palermo - ha detto - potrebbe diventare la Napoli degli anni scorsi». Già. C’è lo spettro partenopeo ad agitarsi sui cassonetti strapieni, a danzare sui roghi che si accendono ogni notte. Ad animare per chilometri le gambe degli eroi della differenziata che - a eccezione delle poche zone dove è partita la raccolta porta a porta - fanno chilometri, sacchetti in pugno, per raggiungere un contenitore che ancora abbia spazio per accogliere un barattolo di vetro, un fascio di vecchi giornali, un bottiglione di plastica. Per elevare dal misero 7 per cento l’attuale percentuale di rifiuti riciclati. Lo spettro partenopeo a beffarsi dei turisti in vacanza in uno scenario da post-disastro, dove non c’è nessun Wall-E, nessun robottino ecologista a salvare il pianeta.
L’altro giorno l’albergo San Paolo Palace ha perso una commessa da 120 mila euro: il congresso nazionale dei medici greci è volato altrove. «Città troppo sporca, ci dispiace», hanno detto. L’Amia, l’Azienda igiene ambientale di proprietà comunale, non è riuscita a evitare il commissariamento a dispetto dei duecentotrenta milioni di euro stanziati in via straordinaria da Roma (e subito finiti nel colabrodo). Il suo ex presidente, Vincenzo Galioto, ha guadagnato un posto in Senato sotto le insegne del Pdl. Il sindaco Diego Cammarata, che l’aveva collocato su quella poltrona, è rimasto con il cerino in mano, ad annunciare rinnovamento e austerità. Tagliate le spese, ridotti a lumicino i servizi, tirata ogni possibile cinghia, ha rimesso in pari i conti. Ma oggi l’Amia riesce a schierare contro le mille tonnellate di rifiuti prodotte ogni giorno, una vincibilissima armata: venticinque mezzi che funzionano a singhiozzo (a fronte di 1.890 dipendenti) e una società-satellite sull’orlo del dissesto con novecento netturbini, tutti ex precari reclutati per chiamata diretta, che pesano per 25 milioni di euro all’anno.
Ma il fondo non si è ancora toccato. Perché la discarica di Bellolampo, dove si depositano l’immondizia di Palermo - su cui la procura ha aperto un’inchiesta a causa di un lago di liquami che potrebbe avere inquinato la falda acquifera - è ormai vicina alla saturazione. Sindaco e presidente della Regione non fanno che scaricare l’uno sull’altro la maleodorante responsabilità del disastro. L’uno - appoggiato da Bertolaso - a sostenere che servono i termovalorizzatori per dare una risposta definitiva al problema. L’altro, Raffaele Lombardo, a guardare i bestioni mangia-rifiuti come fumo negli occhi.
Per fortuna qualcuno sublima nell’arte e nell’ironia. Tre donne, la fotografa Matilde Incorpora, la stilista Francesca Catania e la modella Matilde Caruso, hanno realizzato una campagna di immagini glamour ambientate nella spazzatura di Palermo. Gambe chilometriche poggiate su divani abbandonati, chiome fluenti abbandonate soavemente sui sacchetti, sorrisi sullo sfondo di discariche. Ne hanno fatto una mostra. Il titolo? «Aziza Munnizza». Da Aziz, l’appellativo arabo di Palermo: la Splendida.
LAURA ANELLO

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Palermo come Napoli? No. Forse in Sicilia la situazione è anche peggiore». Walter Ganapini è in treno ed è difficile non pensare alla faccia delle persone che, sedute accanto, lo sentono snocciolare dati e proposte sull’incredibile universo dei rifiuti. Ultimo assessore all’Ambiente della Regione Campania ancora in stato di emergenza da rifiuti, Ganapini è stato a capo di Greenpeace Italia ed è membro onorario del Comitato scientifico dell’Agenzia europea dell’ambiente.
Perché la situazione siciliana è peggiore di quella campana?
«Perché la Sicilia è gravata un enorme deficit impiantistico. Cerco di spiegarmi meglio: in Campania esisteva ed esiste una dotazione di impianti di trattamento rifiuti ben superiore al fabbisogno della regione e in linea con la normativa europea. Questo patrimonio è stato gestito negli anni in maniera disastrosa dando vita ad esempio al fenomeno immondo delle ecoballe. In Campania avevano una Maserati è l’hanno utilizzata come un trattore. Oggi la situazione in Campania è diversa: al 31 dicembre 2009 la percentuale di raccolta differenziata certificata è arrivata al 23 per cento con una previsione del 35% entro la fine di quest’anno, con numerose realtà territoriali che superano la quota del 50% di rifiuti differenziati. Numeri simili alla regione Toscana per intenderci».
Da più parti si chiede la realizzazione di inceneritori in Sicilia. Secondo la sua esperienza, è questa la soluzione?
«Gli impianti per il trattamento dei rifiuti non sono solo gli inceneritori. Anzi, gli inceneritori sono l’ultima delle soluzioni e anche la più costosa. L’incenerimento è una tecnologia ammessa, se rispetta determinati parametri, ma è anche la più costosa da realizzare visto che gli aiuti pubblici in tal senso sono vietati dalla normativa europea. Inoltre l’inceneritore non può bruciare rifiuti senza che questi siano stati trattati, quindi a monte occorre sempre una selezione della spazzatura. E ancora, per realizzare un inceneritore occorrono anni, invece per realizzare un impianto moderno di selezione bastano otto mesi».
Quindi quale sarebbe la sua ricetta?
«Non esiste una soluzione semplicemente tecnologica, del tipo costruisco un impianto e i rifiuti spariscono. Bisogna mettere in piedi un sistema di gestione dei rifiuti di tipo industriale. Dal 1976 l’imperativo europeo è quello di ridurre produzione e pericolosità dei rifiuti, di promuovere il recupero di materia attraverso la selezione degli scarti usandone poi una parte al posto dei combustibili fossili e, soprattutto, ridurre al minimo il ruolo delle discariche. Penso alla discarica di Bellolampo...»
Quella alle porte di Palermo?
«Esattamente. Si tratta di un fenomeno inquietante, peggio delle discariche del Cairo».
Quali sono dunque le analogie tra l’emergenza napoletana e quella siciliana?
«Vent’anni fa portai a Palermo i primi contenitori per la raccolta differenziata di carta e vetro e fu una grande festa. Oggi registro, sia in Sicilia che in Campania, la volontà dei cittadini di migliorare l’ambiente che li circonda. Bisogna solo fornire loro servizi efficienti che siano all’altezza, e questo lo devono fare gli amministratori».
ANTONIO SALVATI