Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  maggio 14 Venerdì calendario

CAMERON SI TAGLIA LO STIPENDIO

Ora che i 23 membri del governo gialloblù sono definitivamente al lavoro, la benedizione di Mervyn King suona più un avvertimento che un augurio. Se ieri il governatore della Bank of England ha lodato l’impegno della coalizione nella riduzione del deficit da 163 miliardi di sterline, solo una settimana fa aveva messo in guardia i futuri vincitori dall’imminente responsabilità di misure talmente impopolari da allontanarli poi dal potere per un’intera generazione. David Cameron non ha scelta. «Si comincia», dice alle 9 di mattina, seduto tra il segretario di gabinetto Sir Gus O’Donnell e il ministro degli esteri William Hague. Davanti a lui, al tavolo ovale di Downing Street da cui per l’occasione sono stati banditi Blackberry e cellulari, il vice premier Nick Clegg, fronte corrucciata e cravatta verde speranza.
«Una goccia nell’oceano»
I mercati seguono a distanza. All’ordine del giorno c’è l’economia e la finanziaria d’emergenza da approvare entro 50 giorni. Per quanto giovane, il Cancelliere George Osborne sa bene che tra promettere il taglio di 6 miliardi di sterline alla spesa pubblica e metterlo in pratica, c’è la stessa distanza che corre tra un pieno trionfo tory e il matrimonio combinato con i libdem. Così, deciso a prendere il toro per le corna, parte dalla riduzione del 5% dello stipendio dei colleghi ministri, premier compreso, e di tutti i dipendenti statali, esclusi quelli con reddito bassissimo. Di aumenti se ne riparlerà tra 5 anni.
«Il problema è che anche 6 miliardi di sterline sono una goccia nell’oceano», osserva Azad Zangana, analista della Schroeder Investment Management. Il Tesoro dovrà sforbiciare a lungo prima di rilassarsi un po’. Un pool di 28 economisti indipendenti interpellati dalla Bbc ha calcolato che l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, passerà dall’attuale 17,5% al 20% per portare alle casse dello Stato 11,5 miliardi di sterline l’anno. Osborne ha il compito più pesante. Per questo l’amico Cameron gli ha affiancato l’ex banchiere David Law, il libdem addetto al lavoro sporco.
Li chiamano «Cleggeron»
«I governi senza principi sono instabili e durano poco», scrive sul Guardian Lord Adonis, colomba del team dei negoziatori laburisti. Non dimenticherà mai la telefonata in cui, martedì sera, Nick Clegg implorava Gordon Brown di rinviare le dimissioni sperando in concessioni extra dai conservatori alle corde. Molti tory, off the records, condividono lo scetticismo di Adonis. A partire dal sindaco di Londra Boris Johnson, convinto che la coalizione gialloblù sia «un incrocio tra un bulldog e un chihuahua». Premier e vicepremier fanno orecchie da mercante, sperando che l’ogm «cleggeron» superi vincente la dialettica del darwinismo politico.
Il fantasma della Terza via
Sebbene siano cresciuti negli Anni 80 ascoltando i Tears for Fears e si assomiglino come fratelli, il cosmopolita poliglotta Clegg vestito da Paul Smith e l’aristocratico ultrabritish Cameron in impeccabile completo Richard James si sono allontanati parecchio prima di reincontrarsi a Downing Street. Mentre il giovane tory imparava le scienze politiche a Oxford, l’altro studiava a Cambridge l’antropologia sociale di Levi-Strauss e si addormentava leggendo Beckett. Probabilmente non si sarebbero mai intesi se un giorno del ”97 a Westminster non fosse arrivato Tony Blair. Basta infatti guardarli parlare camminare, negoziare, per rivedere il padre della Terza Via. «La nuova politica, ideologicamente flessibile, non è il superamento del blairismo ma la sua estensione», nota il columnist dell’Independent Steve Richards. Cameron è lo sminatore dell’elitario cinismo tory quanto Clegg frena l’alternativismo libdem: ammesso che il New Labour sia morto, il brand Blair è più vivo che mai.