Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 13/05/2010, 13 maggio 2010
L’AUSTERITY DI ZAPATERO TAGLIO AGLI STIPENDI E PENSIONI CONGELATE
Applausi da Bruxelles e dal Fondo Monetario Internazionale, dal collega «rivale», Silvio Berlusconi, e dall’ex ministro dell’Economia, il severo Pedro Solbes: ma, una giornata come quella di ieri, il premier spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero se la sarebbe volentieri risparmiata. Una giornata storica. Perché, per la prima volta da quando è salito al governo, nel marzo del 2004, il presidente socialista è costretto a sforbiciare la spesa sociale, a congelare le pensioni, a ridurre lo stipendio ai funzionari pubblici, a ritirare l’ « assegno bebè » da 2.500 euro, a razionare i farmaci, a ventilare aumenti delle tasse, ad attirarsi l’ira funesta dei sindacati. Senza, con questo, guadagnarsi l’appoggio, o almeno una tregua dall’opposizione.
La riduzione del deficit (1,5% in meno quest’anno e 2% l’anno venturo, nel tentativo di arrivare infine al 5% del Pil), e un risparmio di 15 miliardi di euro in due anni, passano attraverso nove misure urgenti. Che il leader dei popolari, Mariano Rajoy, insiste nel definire tardive e «improvvisate», nonostante anche l’Unione Europea - come gli ha fatto notare Zapatero - abbia reagito alla crisi dei mercati con un piano confezionato in 48 ore.
Il taglio più rilevante (per 4 miliardi di euro in due anni) riguarda 2,6 milioni di dipendenti pubblici che, dal giugno prossimo, troveranno il 5% in meno nella loro busta paga, «congelata» poi per tutto il 2011. Così come la rivalutazione delle pensioni, che finora avveniva automaticamente per legge. Ancora più drastico il ridimensionamento degli stipendi dei componenti del governo, fissato nel 15%. Si asciuga pure la spesa farmaceutica, limitando la quantità di medicine alla durata del trattamento e dispensando monodosi per evitare sprechi. Anche la legge di Dipendenza, fiore all’occhiello dell’amministrazione Zapatero, non sfugge alla potatura delle spese: i contributi alle famiglie dei grandi invalidi non saranno più calcolati dalla data della richiesta, e quindi retroattivi; ma il governo si impegna ad accelerare le pratiche, per accorciare i tempi d’attesa a unmassimo di sei mesi. Si stringono i cordoni della borsa, inoltre, per gli investimenti in opere pubbliche (6 miliardi di euro in meno) e in aiuti allo sviluppo (altri 600 milioni). Con una richiesta alle comunità autonome di risparmiare un altro miliardo e mezzo, e l’ipotesi di un aumento delle tasse sui redditi più alti e sui grandi capitali, il premier ha completato il quadro e, in Parlamento, si è scatenato il fuoco incrociato.
«Non le daremo un altro assegno in bianco - ha giurato Rajoy, che soltanto una settimana fa aveva incontrato Zapatero per cercare un’intesa -. Non appoggerò il congelamento delle pensioni finché non sarà ridotta la spesa per i partiti». Il presidente del PP ha accusato il governo di aver trasformato la Spagna in «un protettorato» dell’Ue e di Obama, «dai quali riceve le disposizioni» per arginare il deficit. A sinistra, la reazione non è stata molto più amabile: per Izquierda Unida, è stata varcata la «linea rossa». Zapatero ha ricordato che la Spagna sta uscendo dalla recessione, con una crescita dello 0,1% del Pil. Domani le misure saranno approvate ed entreranno in vigore. A confortare Zapatero, l’Ibex ha risposto passando subito da -2 a +2%, per chiudere a +0,81%.
Elisabetta Rosaspina