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 2010  maggio 12 Mercoledì calendario

ITALIA, RIPRESA PI LENTA DI FRANCIA E GERMANIA - NEW YORK

Barack Obama torna "al capezzale" della crisi europea, telefonando al premier spagnolo José Luis Zapatero per spingerlo a «un´azione risoluta» sul debito pubblico di Madrid. E´ la conferma che la Casa Bianca non considera affatto cessato l´allarme sulle bancarotte sovrane. Seri dubbi sull´efficacia del piano salva-euro trapelano anche da un documento interno del Fondo monetario internazionale, un alleato decisivo per sorreggere l´Eurozona. Nello stesso giorno il Fmi pubblica un rapporto ufficiale con stime pessimiste sulla crescita dell´Unione, e vede l´Italia in posizione ancora più debole. L´euforìa di lunedì è già un ricordo. Sulle decisioni del vertice europeo è l´ora dei ripensamenti. Soprattutto da questa parte dell´Atlantico. A Washington il Fmi nel suo Regional Economic Outlook prevede per il Vecchio continente una ripresa «moderata e incerta, debole se comparata alle altre parti del mondo». Il Pil dell´Eurozona crescerà solo dell´1% quest´anno e poco oltre l´1,5% l´anno prossimo. L´Italia emergerà dalla recessione ancora più lentamente: +0,8% il nostro Pil nel 2010, poi +1,2% nel 2011 contro +1,8% in Francia e +1,7% in Germania. Il ritardo italiano nella crescita conferma che il problema strutturale è la competitività, lo stesso che affligge Grecia Spagna e Portogallo.
Ancora più negative sono le considerazioni del Fmi nel rapporto interno sul piano salva-euro, rivelato dal Washington Post. E´ uno studio che il consiglio d´amministrazione del Fmi ha esaminato quando su pressione di Obama ha accettato di partecipare con una quota consistente (fino a 320 miliardi di dollari) al piano salva-euro. Si scopre che il Fmi a quel piano crede solo a metà. Lo studio interno stima che l´operazione era necessaria per bloccare il "contagio" della sindrome greca ad altri Stati. Tuttavia il Fmi giudica "elevato" il rischio che quell´operazione fallisca. L´insolvenza della Grecia è tutt´altro che scongiurata. Il peso del suo debito pubblico potrebbe ricominciare a salire. Gli esperti di Washington prevedono per la Grecia un aumento del tasso di disoccupazione dal 10% di quest´anno al 15% l´anno prossimo, e si chiedono se la terapia di rigore promessa da Atene sarà socialmente e politicamente sostenibile. Questi dubbi si allargano al resto dell´Eurozona. Luc Everaert, che guida il dipartimento europeo al Fmi, parla di un «sentiero molto stretto» per i governi europei. Da una parte il loro debito pubblico «non può essere stabilizzato nel breve termine» perché ci vorrebbero tagli alla spesa pubblica così pesanti da spegnere una ripresa già fragile. D´altra parte gli stessi governi devono dare ai mercati dei messaggi credibili sul risanamento delle finanze pubbliche nel medio termine, altrimenti la "sindrome greca" tornerà a colpire vari paesi.
La doccia fredda venuta dal Fmi coincide con un diffuso scetticismo dell´America sul piano salva-euro. Molti sottolineano che il fondo europeo in realtà non esiste, è solo una promessa, a differenza dei 700 miliardi di dollari del piano Paulson che il Congresso Usa stanziò nell´autunno 2008. Commentando il nuovo indebolimento della valuta europea il Wall Street Journal osserva: «L´euforia è svanita. Il piano d´emergenza ha fallito nel suo obiettivo di convincere gli investitori che la crisi del debito sovrano è finita». Sullo stesso tono il commento del New York Times: «Come il grande salvataggio delle banche annunciato dagli Stati Uniti nel 2008, il piano europeo ha placato la paura di un collasso dei mercati ma lascia un grande interrogativo: funzionerà nel lungo termine?». L´economista Carl Weinberg sintetizza così il dubbio prevalente: «Prestare più fondi a Stati già sovraindebitati non risolve i loro problemi. Una crisi debitoria non si cura creando nuovo debito. Se avessi dei titoli del Tesoro greco in portafoglio non mi sentirei più sicuro». Altre obiezioni affiorano nei commenti americani. Il pericolo dell´"azzardo morale": il piano salva-euro può dare una falsa impressione di sicurezza agli Stati più indebitati, rinviando le misure taglia-deficit. Il Washington Post conclude: «Il costo finale di questo salvataggio, sarà la ridefinizione del contratto sociale europeo, generoso con i lavoratori e i pensionati, ma insostenibile alla luce dell´invecchiamento demografico. Tutte le regole del modello europeo vanno riscritte».