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 2010  maggio 13 Giovedì calendario

IL MONDO IMMOBILE DELL’EX MINISTRO

Raccontano le cronache di un’ultima raffica di Salò prima di lasciare il ministero dello Sviluppo Economico causa scandalo per la casa low cost a Roma. Tanto per cambiare, la nomina di un fedelissimo alla presidenza di un’azienda pubblica, la Nucleco, specializzata nella gestione dei rifiuti radioattivi. Claudio Scajola ha imposto un professore di chimica in pensione, già sindaco forzista del paese di Bogliasco (Genova) che ha patteggiato una pena pecuniaria per aver truccato un concorso pubblico: Pietro Canepa. Avrebbe dovuto coordinarsi con Giulio Tremonti, il ministro in uscita. Ma non lo ha fatto, attirandosi le (ennesime) contumelie del ministro dell’Economia. Petto in fuori e passo deciso sino all’ultimo. «Sciaboletta» non a caso.
A Sanremo, provincia di Imperia, regno di Scajoland, martedì 11 è un giorno speciale. L’intera giunta comunale in piazza Colombo, dieci assessori schierati sotto altrettanti gazebo a rispondere alle domande dei cittadini. In mezzo, a dirigere con piglio militaresco il traffico dei questuanti, il sindaco Maurizio Zoccarato. Le edicole grondano sofferenza per «u ministru» costretto alle dimissioni. «Zoccarato senza Scajola che farà?», recita impertinente la locandina del settimanale «l’Eco della Riviera». «Lo smemorato di Oneglia», rincara la dose il concorrente e sinistrorso «la Riviera». Il primo cittadino di Sanremo, 35 anni, titolare con il padre e una zia di concessionarie Peugeot in Liguria e Piemonte, è un tipico esemplare - selezionato, allevato e imposto - di scajoliano di ferro. Così come il «gemello» Paolo Strescino, neosindaco di Imperia. Teleguidati da Scajola per ogni decisione importante, ti sussurrano gli stessi famigli dell’ex ministro.
Lui, Zoccarato, non ci sta. Non che si smarchi ora, al momento delle difficoltà: ci mancherebbe. Ma qualche distinguo, beh quello ci sta. «Il ministro, vedrete, ne uscirà alla grande - è il preambolo d’obbligo, vera e propria litania recitata su e giù per la Riviera dei Fiori -. Se proprio volete una battuta qui siamo a Zoccaratoland. Io non vivo di politica. Non uso l’auto blu, pago alberghi e ristoranti di tasca mia. Ho portato nell’amministrazione una cultura aziendale». Un fiume in piena: le gomme dei mezzi comunali, le creste sui parcheggi, i funzionari riottosi «da prendere a calci in culo», i fornitori sotto controllo, le spese gonfiate e persino le lampadine bruciate.
Peccato per l’incidente della casa, sennò magari «u ministru» una capatina avrebbe potuto farla. In piazza Colombo si fa vedere invece Marco Scajola, figlio del fratello Alessandro, «il banchiere», vicepresidente della Carige. Marco è considerato la continuità politica della famiglia, avendo Piercarlo e Lucia, i figli di Claudio, altri interessi. A Imperia lo chiamano perfidamente «William», come l’erede al trono d’Inghilterra. Zio Claudio, a rimarcare la sua presa sull’Imperiese, gli ha fatto avere alle elezioni regionali uno sproposito di voti: 12 mila.
Gentile e sorridente, Marco tenta l’impossibile: «Guardi che lo zio non mi ha mai favorito. Quando ero in consiglio comunale sono stato l’ultimo ad avere computer e ufficio. E sono stato nominato vicecoordinatore del gruppo in Regione perché era l’unico incarico non retribuito. Ma ha sempre detto di stare attento anche a un caffè offerto. Non so come siano andate le cose, non entro nel merito. Ma so che lo zio non è disonesto».
La verità è che Claudio Scajola non ha mai pensato a un vero delfino politico. E chi gli faceva ombra è ormai fuori gioco: superpensionato Alfredo Biondi, esiliato in Puglia Luigi Grillo. Restano molti centurioni come il presidente della Provincia di Imperia Luigi Sappa o il senatore Gabriele Boscetto e, a Genova, il vicepresidente della Fondazione Carige, Pier Luigi Vinai. Ma sono tutti lì in attesa degli sviluppi giudiziari sulla casa vista Colosseo pagata per buona parte con gli assegni dell’imprenditore Diego Anemone. Qualcuno sussurra che «u ministru» potrebbe abbandonare la politica. Che Silvio Berlusconi si sarebbe a lungo negato al telefono. Spunta fuori persino la prefazione «profetica» scritta nel 2006 da don Gianni Baget Bozzo al libro-tributo sulla storia politica di Scajola: «La lunga esperienza ha insegnato all’uomo della fortezza anche l’altra virtù cardinale a lui meno congeniale, quella della prudenza». Infatti...
A Scajoland, terra di Liguria dove l’immobilismo è quasi una categoria dello spirito, si è come d’incanto bloccato tutto. A Ventimiglia era attesa la sostituzione degli assessori Tito Giro e Vincenzo Moio. Come non detto: giunta congelata sine die e che il sindaco Gaetano Scullino di arrangi. A Genova Raffaella Della Bianca lascia l’incarico di capogruppo Pdl in comune perché eletta in Regione: l’ordine di partito è di prendere tempo. Stesso discorso in Fondazione Carige, nonostante la richiesta del sindaco Pd di Genova, Marta Vincenzi, al presidente Flavio Repetto, affinché il capoluogo conti di più. Il consiglio di amministrazione, già in prorogatio da inizio anno, si trova ora di fronte alle dimissioni di due consiglieri: Sergio Rossetti arruolato nella nuova giunta regionale di Claudio Burlando e Marco Simeon (stretti legami con il Vaticano e Cesare Geronzi) nominato direttore delle relazioni istituzionali della Rai. Il tacito accordo è di attendere sino alla scadenza del mandato del presidente, il prossimo anno.
Intanto la Liguria non ha più punti di riferimento al governo. Anzi no, c’è un sottosegretario (alla Semplificazione normativa): il leghista Francesco Belsito, una carriera strepitosa che lo ha portato in pochi anni dal volante dell’auto di Biondi, alla vicepresidenza di Fincantieri e alla segreteria del sottosegretario e tesoriere della Lega, Maurizio Balocchi. Scomparso questi lo scorso febbraio, bisognava pur rimpiazzarlo.