Fabrizio d’Esposito, Il Riformista 13/5/2010, 13 maggio 2010
IL QUINTO PICCOLO INDIANO TOCCA AL MINISTRO MATTEOLI Il quinto piccolo indiano: «I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar»
IL QUINTO PICCOLO INDIANO TOCCA AL MINISTRO MATTEOLI Il quinto piccolo indiano: «I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar». La metafora prelevata da un parlamentare del Pdl dal più noto giallo di Agatha Christie è arrivata al quinto «negretto». L’alveare è quello ricco del ministero delle Infrastrutture, già dei Lavori pubblici. E il colpo è stato recapitato come al solito dal giornale del «partito della transizione», ossia dal Corriere della sera, facendo infuriare e insospettire ancora di più il Cavaliere sulla graticola dei poteri forti: «Un altro ministero nello scandalo». Stavolta «nei guai» finisce «Ercole Incalza, collaboratore di Matteoli». A Incalza, «potente funzionario delle Infrastrutture» la cricca avrebbe comprato una casa, sul ”modello Scajola”, che tra l’altro adesso ha deciso di non presentarsi dai pm di Perugia perché secondo il suo legale «verrebbe sentito in una veste che parrebbe ormai solo formalmente, ma non già sostanzialmente, quella di persona informata sui fatti», senza quindi «le necessarie garanzie». L’operazione Incalza-cricca, però, risale al 2004, quando titolare del dicastero era Pietro Lunardi. Insomma, un quarto indiano e mezzo, più che un quinto, che comunque fa accostare il nome di Matteoli alla cricca venuta fuori con l’inchiesta sui grandi eventi della Protezione civile. In sequenza: Scajola, Verdini, Bertolaso, Bondi, Matteoli. Dieci piccoli indiani, oppure effetto domino, oppure ancora stillicidio. I «fuochisti della Ditta», secondo la definizione di qualcuno, sono passati dal «bombardamento diretto» all’«accerchiamento del quartier generale». E c’è la sensazione che questo, per Matteoli, non sia altro che il primo «step» verso il baratro. Vari ambienti della maggioranza ne sono convinti, anche se lo stesso ministro, l’altra sera da Berlusconi, alla vigilia del «colpo» del Corsera, a domanda precisa del premier, avrebbe dato «rassicurazioni» sulla sua posizione. In ogni caso, Silvio Berlusconi non si fida e non a caso avrebbe deciso di allungare i tempi del suo interim allo Sviluppo economico in attesa di sostituire Scajola con l’annunciato Romani, oggi viceministro. La ragione vera è quella di aspettare i prossimi nomi degli «indiani» (Frattini?) e riflettere sull’eventuale necessità di un rimpasto più ampio. Il rischio c’è e comprende anche le sempre più crescenti ambizioni di Giulio Tremonti, ormai candidato unico dei poteri forti della transizione dopo l’azzoppamento di Gianni Letta, sempre per le insinuazioni sul Bertolasogate. Una partita complessa e che si presenta ancora più lunga e sfibrante di quella tutto sommato vinta dal Cavaliere: sugli scandali sessuali. Le previsioni, infatti, sono quelle di un’estate e di un autunno di fuoco, in un contesto di grave emergenza economica. E a proposito di poteri forti: ieri il nome più gettonato di un coté laterale allo scontro in corso, cioè Luca di Montezemolo, ha smentito la sua candidatura allo Sviluppo economico: «Mi tolgo di mezzo, non esiste e non è mai esistita l’ipotesi di candidarsi per il ministero dello Sviluppo economico». Non solo: nella serata di ieri è circolato il nome di un altro ”tecnico” di rango: l’ex commissario dell’Unione europea, nonché firma di via Solferino, Mario Monti. Tornando a ”Cricca & Politica”. La filastrocca macabra di dieci piccoli indiani riserva alla sesta vittima questo trattamento: «Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: un lo ferma il tribunale quattro soli ne restar». Un’altra strofa che calza a pennello per il terremoto giudiziario che sta scuotendo il governo berlusconiano. E che ieri il parlamentare dell’indovinata metafora sussurrava su un divanetto del Transatlantico. Cinque «colpi». Siamo a metà dell’opera? La sindrome da complotto è ormai lo sport preferito di questa legislatura. Anche perché ombre e sospetti si stanno facendo sempre più strada alla corte del Cavaliere. E chissà se Fini, all’ultimo momento, cambi ”coté” e scelga di percorrere il sentiero di «una responsabile transizione».