FRANCESCA PACI, La Stampa 13/5/2010, pagina 6, 13 maggio 2010
CAMERON E CLEGG VARANO IL GOVERNO
A vederli adesso uno accanto all’altro nel giardino di Downing street per la conferenza stampa inaugurale del primo gabinetto gialloblù, sembra che David Cameron e Nick Clegg abbiano sempre lavorato insieme. Inutile provare a ricordar loro le differenze che fino a una settimana fa li rendevano a dir poco nemici. Il passato è alle spalle esordisce il vicepremier, occhi segnati ma incontenibilmente felici: «Ho sempre chiesto una nuova politica e questo è un nuovo tipo di governo». L’altro lo guarda compiaciuto, dimentico di quando raccontava che la sua barzelletta preferita era il leader libdem. Oggi che finalmente è al potere Cameron può metabolizzare l’indigesta ascesa dell’ex rivale. Se non fosse un tabù potrebbe addirittura citare il predecessore Gordon Brown: «I agree with Nick».
Il Regno Unito riparte. A poche ore dall’insediamento del governo più sofferto che il paese ricordi la squadra è pronta, il percorso tracciato. «Abbiamo formato una coalizione che è unita da tre principi: libertà, giustizia, responsabilità» annuncia il primo ministro. Gli uccelli del malaugurio, sibila, possono mettersi l’anima in pace: «Dureremo cinque anni». Per cominciare ha garantito al presidente Obama l’appoggio dell’esercito britannico alle operazioni in Afghanistan. Come dire: ci siamo.
«Sebbene sia ancora presto per valutare la fiducia del mercato, la reazione è stata positiva, la sterlina si è rafforzata sul dollaro e sull’euro», osserva l’analista della Schroder Investment Management Azad Zangana. La domanda sottintesa è se alla lunga l’esperimento funzionerà. Il matrimonio tra Cameron e Clegg non dipende solo dalla personale capacità dei due di tenere a bada le ali radicali dei rispettivi partiti che non hanno affatto digerito l’intesa. Basta leggere il programma politico firmato a quattro mani per intuire la tensione con cui molti degli 11 punti sono stati faticosamente messi nero su bianco. Prendete la costruzione di nuove centrali nucleari: se i tory la proporranno in Parlamento i libdem saranno liberissimi di far campagna contro di loro.
Certo, l’intesa sull’emergenza economica è assoluta. Per questo i libdem hanno accettato di ridurre immediatamente la spesa pubblica di 6 miliardi di sterline. Alla vigilia delle elezioni ripetevano il mantra laburista «niente tagli prima del 2011», ma necessità fa virtù. «Una coalizione richiede compromessi», spiega Nick Clegg, che ha accettato un incarico simbolico e senza portafoglio. Deve essere stata dura acconsentire al tetto annuo all’immigrazione extracomunitaria, l’aggiornamento dei missili Trident, la porta sbarrata all’euro almeno fino al 2015. Tutto per avere in cambio 20 poltrone e la promessa d’un referendum sull’Alternative Vote, una correzione proporzionale molto diluita. Sarà sufficiente a placare la rabbia di quanti tra i suoi avrebbero preferito la mano di Lord Mandelson? Lui giura di sì, «quando c’è in ballo l’interesse nazionale la cooperazione non è un segno di debolezza ma di forza». Sempre che non appaia troppo contro-natura all’irriducibile destra tory, ancora convinta che un governo di minoranza sarebbe stato più rispettoso dei propri elettori.
I laburisti seguono dagli spalti. Mentre l’ex ministro degli Esteri David Miliband annuncia la sua candidatura ufficiale alla leadership lasciata vacante da Gordon Brown, cresce la convinzione che sfilarsi dalla partita di Downing street sia stata la scelta migliore. «Basta guardarli per capire che Cameron e Clegg volevano disperatamente il potere, si sarebbero accordati su qualsiasi cosa», dice una fonte interna al partito. La speranza per gli eredi di Blair è che i gialloblù falliscano e si torni alle urne con i laburisti a spartirsi il bottino del voto progressista deluso.
Il premier conservatore, che ieri ha ricevuto le congratulazioni di Silvio Berlusconi, tira dritto tenendosi saldamente a fianco il vice Nick, la sua assicurazione sul governo. Se restano insieme hanno vinto. Chi l’avrebbe detto solo una settimana fa.