STEFANO LEPRI, La Stampa 13/5/2010, pagina 3, 13 maggio 2010
LA CAUSA DEL MALE NON E’ NEI CONTI PUBBLICI
Stanno sbagliando diagnosi. La causa principale della crisi non è dei deficit pubblici, è nei debiti del settore privato. Certo i debiti degli Stati sono in prospettiva insostenibili e vanno ridotti; ma se lo si fa troppo in fretta i segni di ripresa che vediamo nell’area euro potrebbero non essere confermati» dice Paul De Grauwe, noto economista belga, docente a Lovanio, che è fra i consiglieri di José Barroso e che il suo paese nel 2002 candidò senza successo alla vicepresidenza Bce.
Perché la diagnosi le pare sbagliata? I mercati stanno accanendosi sui titoli pubblici. Non è solo speculazione al ribasso. Anche investitori prudenti non si fidano più di prestare soldi agli Stati.
«I mercati hanno sbagliato prima della crisi, sottovalutando sistematicamente tutti i rischi. Ce ne siamo dimenticati? Sostenevano che i prezzi, a cominciare da quelli delle case, sarebbero saliti indefinitamente. Il peggio è che non fanno nemmeno il loro interesse. Una eccessiva restrizione di bilancio da parte dei governi potrebbe danneggiare la solvibilità della finanza privata».
Autolesionismo della finanza?
«C’è un problema di coordinamento tra le scelte individuali degli investitori e l’interesse collettivo del settore finanziario».
Infatti le grandi banche supplicavano di salvare la Grecia mentre la speculazione la metteva al muro. Però la Grecia è stata messa nei guai dai suoi governi.
«La Spagna no, e l’Irlanda nemmeno. Erano paesi che gestivano bene i loro conti pubblici. L’indebitamento eccessivo si è creato nel settore privato, edilizia o banche».
Madrid ha appena annunciato una severa stretta alle spese.
«Come temevo. No, non mi pare che sia il momento giusto. Rischiamo un eccesso di austerità. Così con una stretta troppo forte ai bilanci la patata bollente rischia di rimbalzare di nuovi nel piatto del settore privato».
Ma c’è un’altra via? Come si fa a calmare i mercati, altrimenti?
«A questo punto credo che sui deficit qualcosa occorra fare. Ma non troppo in fretta».
Si discute un irrigidimento del Patto di stabilità europeo. Giusto?
«Certo il ripetersi di casi come quello della Grecia va assolutamente evitato. Però, ripeto, il problema principale non è quello dei bilanci degli Stati. L’instabilità è stata causata da eccessi di indebitamento del settore privato. Secondo me, bisogna innanzitutto inserire del Patto delle regole di nuovo tipo, per evitare che in ciascun paese i debiti privati salgano oltre un certo limite».
Nel rapporto sull’Europa del Fmi si individua il problema del debito privato. Però poi si consiglia di ridurre il deficit pubblico.
«Un’occasione perduta. Insomma, a parte la Grecia, il motivo principale per cui il debito pubblico è aumentato durante la crisi è stato il salvataggio delle banche. Per ogni euro di debito governativo in più, c’è un euro di debito privato che è stato accollato allo Stato o garantito dallo Stato».
Per ogni sterlina sicuramente, in Gran Bretagna.
«Anche nell’area euro. Purtroppo i mercati non si rendono conto di questa interconnessione. Oltretutto, se si comincia troppo presto a correggere i deficit, il rischio è di non poter arrivare fino in fondo, perché avremo meno crescita economica».
La Bce sostiene che non potrà tener calmi i mercati a lungo acquistando titoli pubblici, se i deficit non saranno ridotti. Anche perché quella scelta è controversa...
«La Bce ha fatto benissimo e sono esterrefatto che la si critichi; soprattutto negli Usa e in Gran Bretagna, le cui banche centrali lo fanno da sempre. Talvolta è la stessa gente che prima la biasimava per motivi opposti».