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 2010  maggio 13 Giovedì calendario

COSSIGA, IL COLTELLO E LA ”PACE SARDA” (*

per vedere domande e risposte aprire il frammento) - E ora eccomi qui davanti
proprio a lui, l’Ingegnere
Carlo De Benedetti, l’uomo
che secondo il Cossiga del
1990 avrebbe acconsentito
a dar fuoco alle polveri di
una campagna contro di lui punper
costringerlo alle dimissioni,
aprendo il fuoco con
un articolo sull’E s p re s s o .
In che rapporti era ed è
con Cossiga?
Io con Cossiga ho sempre
avuto rapporti eccellenti.
Eravamo proprio amici, ci fu
una parentesi in quel periodo
per quello che lui si era
messo in testa su questo
complotto inesistente, ma
poi siamo tornati ad essere
amici come prima. Le dico
solo una cosa: quando lui si
separò dalla moglie, era estate,
venne a casa nostra in
Sardegna a colazione; e si
fermò tutto il pomeriggio
con me e la mia attuale moglie,
perché era assolutamente
disperato, in piena
depressione, e aveva bisogno
di sentirsi consolato dagli
amici. Ricordo che io ero
stanchissimo e dopo qualche
ora gli chiesi il permesso
e me ne sono andato a fare un sonnellino. Eravamo
in buoni rapporti. Lui è una
persona certamente molto
intelligente e colta, molto
ben informata, con degli alti
e bassi umorali, come ammette
lui stesso.
Lui disse che uscì un articolo
contro di lui
sull’E s p re s s o come un fulmine
a ciel sereno, perché
veniva da un giornale del
gruppo dei suoi amici del
cuore: Scalfari, lei, Caracciolo,
L’E s p re s s o . Mi sembra
che fosse il 18 luglio
del 1990. E lui le telefonò.
Se lo ricorda?
Certo che me lo ricordo. Mi
telefonò, ero in Sardegna
per il weekend e
lui era fuori dalla
grazia di Dio.
Mi lanciava accuse
pesantissime,
parlava di
un’azione contro
di lui di cui
non sapevo un
accidente, per
cui gli dissi:
’Presidente se
vuoi vengo a Roma,
parto dalla
Sardegna e ti chiarisco che
non è come pensi”. Ma lui
non mi volle ricevere.
Lui disse che era l’aper tura
delle ostilità per rimuoverlo
dal Quirinale:
un disegno per farlo portar
via con l’ambulanza.
Disse di aver preso come
prima contromisura di
buttar fuori dal Quirinale
tutti i macchinari Olivetti.
Questo non lo sapevo, non
ce ne siamo accorti. Guardi,
le posso dire che ho sul mio
tavolo, nel mio ufficio, un
coltello che Cossiga mi ha
regalato. stato molto bello:
un giorno ero nell’uf ficio
Olivetti in Piazza di Spagna e
mi dicono che c’e Cossiga al
telefono. Penso: ”Questo e
uno scherzo”, perché mi
aveva tolto il saluto. ”Ver ifichi
per favore”, dico alla
mia segretaria. Sì, è Cossiga,
conferma lei. Prendo il telefono
e lui dice: ”Carlo, tu lo
sai che cos’è la pace sarda?”.
’No, non lo so”, rispondo. E
lui: ”Allora invitami a colazione
e io ti insegno cos’è la
pace sarda”. Gli rispondo:
’Va bene, quando vuoi”. E
lui mi disse: ”Dopodomani”.
’Benissimo, ti aspetto
all’una”. Lui sapeva dov’e ra
casa mia perché c’era già stato
varie volte.
E venne?
Venne, ma non è finita. Un
minuto dopo avermi telefonato
per farsi invitare per la
pace sarda, mi richiamò per
dirmi: ”Insalata con aceto
balsamico e una fettina di
carne non troppo cotta”.
’Benissimo, do disposizioni”.
Arriva a casa mia puntualissimo e mi dice: ”Adesso
ti spiego cos’è la pace sarda”,
e mi consegna un coltello
a serramanico, che ho
ancora, con scritto fcacdb:
Francesco Cossiga a Carlo
De Benedetti. Questo coltello
era fatto a Dorgali, in Sardegna,
il luogo dove si fanno
queste lame famose tra i pastori.
La lama di quel coltello
ha una lunghezza tale che,
se piantata tra le costole, arriva
al cuore. Regalare a un
nemico il coltello con cui ti
può uccidere fa parte della
tradizione sarda: si chiama
patto di amicizia sarda. Così
stringemmo questo patto e
lui mi consegnò il coltello
che ho ancora sul mio tavolo
a Milano e che conservo con
p i a c e re .
Quindi la pace consiste
nel consegnare le armi al
nemico.
Non basta consegnare la lama
che può ucciderti. Ci sono
anche le cento lire.
Cioè?
Mi disse: ”Mi devi dare una
moneta da cento lire (c’e ra -
no ancora le lire) perché
quello è il corrispettivo della
pace sarda: io ti do il coltello
con cui mi puoi uccidere
e tu mi dai la moneta
con cui io mi proteggo dal
tuo coltello”. Insomma, una
cosa molto sarda. Per me ancora
oggi è un ricordo piace
vole.