frammenti vari, 12 maggio 2010
Tags : Umberto Bossi
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "BOSSI, UMBERTO"
(frammento diviso in due schede. SEGUE - 216985) -
N.B.: la ricerca è stata fatta cercando la voce "Bossi" in testo
•2010
ALBERTO RONCHI: [...] «L’unico partito che parla una lingua diversa - anche se io lo combatto - è la Lega. Si può dire tutto del partito di Bossi, ma è l’unico che non è culturalmente subalterno al berlusconismo»
Luca Telese, il Fatto Quotidiano 11/5/2010
A dimostrazione che questa volta Bossi non scherza e vuol ricordare a Berlusconi che anche un’alleanza che funziona, come quella tra il premier e la Lega, ha bisogno di essere riscaldata di tanto in tanto con atti concreti. Al Senatùr, va da sè, poco importa che ieri a frenare le sue brame si sia alzato il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl per gli ex-An Ignazio La Russa. L’idea di mettere le mani sull’intero comparto delle politiche agricole marcia di pari passo con la conquista di tutto il Nord avviata con i risultati delle ultime regionali. Dopo aver portato a casa due governatori su tre nelle principali regioni in cui si votava, Bossi si era fatto avanti con Berlusconi per ribadire che lo scambio tra il ministero ex di Zaia e la presidenza del Veneto non gli andava giù. Poi, come fa sempre nelle trattative, dove dà il suo meglio, il leader del Carroccio aveva finto di «accontentarsi» dei tre assessorati all’agricoltura in Piemonte, Lombardia e Veneto per la Lega, per bilanciare, aveva spiegato, il passaggio di consegne all’interno del governo. Ora invece Bossi torna alla carica sostenendo che la strada più semplice da seguire per Berlusconi, per chiudere al più presto lo strascico del caso Scajola, è di spostare Giancarlo Galan, ex-governatore del Veneto approdato a Roma, dall’Agricoltura allo Sviluppo economico liberato da Scajola, e consentire che il Carroccio torni a ricoprire la responsabilità che le era stata assegnata al momento della formazione del governo. Far circolare i due nomi di Bricolo e di Fogliato fa parte della tattica bossiana; così come lo scarto di mercoledì contro il Cavaliere e d’accordo con Fini in difesa della magistratura serviva ad aumentare le difficoltà di Palazzo Chigi, accerchiato in questo momento dalle inchieste sulla corruzione.
Naturalmente, come in tutte le sue trattative, Bossi ha anche una carta coperta, che in questo caso lo è meno di altre volte. Il Senatùr infatti aspetta da troppo tempo di sapere che ne è stato dei famosi «numeri» del federalismo fiscale, indispensabili per metterne a punto i decreti attuativi, che aveva chiesto di conoscere per marzo e che Tremonti fatica a tirar fuori. Il guaio, infatti, è che Bossi lo aveva chiesto a gennaio 2009 per marzo dell’anno scorso. E intanto siamo arrivati a maggio 2010.
Marcello Sorgi, La Stampa 7/5/2010
Umberto Bossi, che nel 1969 aveva incontrato un discepolo di Chanoux
Philippe Ridet, Le Monde, Francia. Traduzione di Stefano Valenti. Internazionale, 30 aprile/6 maggio 2010. Frammento numero 208843 sulle lezioni di federalismo organizzate dalla Lega nord
[...] Non ci sarà da stupirsi se Bossi passerà alla storia come il salvatore dell’unità nazionale, che non vuole festeggiare.
Sergio Soave, Il Foglio 4/05/2010
«Bossi sta combattendo per il suo territorio! Bravo! Noi per il nostro» (Antonello Iannarilli, Pdl di tendenza forzista, presidente della Provincia di Frosinone, dopo il giruamento di Fossanova)
Goffredo Buccini, Corriere della Sera 01/05/2010
[...] è chiaro che Destra nel PdL nasce anche per distinguersi dalla Lega di Umberto Bossi, miglior alleato del Cavaliere.
Fausto Carioti, Libero 3/5/2010
La Lega ha guadagnato in termini assoluti più di un punto percentuale, sfiorando il 14 per cento in Emilia e toccando il 7 in Toscana. Ha aggiunto Piemonte e Veneto ai territori che amministra. Ha preso meno voti del Pdl in Lombardia, ma si sente abbastanza forte per reclamare il sindaco di Milano (si vota l’anno prossimo). Non c’è da sforzarsi troppo per interpretare le ragioni di questa vittoria. Bossi guida da vent’anni un partito vero, ben presente sul territorio, che pretende dai propri iscritti dedizione assoluta, che non è stato coinvolto - praticamente mai - in scandali di nessun tipo, che ha imparato persino a non gridare. I leghisti hanno fatto una campagna elettorale quasi silenziosa, defilandosi da Berlusconi anche nella famosa manifestazione di piazza San Giovanni. A risultato acquisito hanno rilasciato dichiarazioni sobrie. Zaia ha comunicato subito che avrebbe rinunciato, per governare il Veneto, al ministero dell’Agricoltura. Appena eletti, Zaia e Cota (nuovo governatore del Piemonte), hanno dichiarato che avrebbero ostacolato in ogni modo la distribuzione della pillola Ru 486, rientrando subito nei ranghi quando il ministro della Sanità, e poi lo stesso Bossi, hanno ammonito che la distribuzione della pillola, e i suoi modi, sono previsti dalla legge. Intanto però l’attacco all’aborto ha confermato la natura profondamente tradizionalista del partito, che si candida anche così al ruolo di ”vera destra”, pronta a conquistare il resto d’Italia e, quando sarà, a rimpiazzare Berlusconi, il Pdl e quanto esisterà ancora dei post-fascisti di An.
La settimana in cinque minuti, Vanity n.14 del 14/4/2010
La prima dichiarazione della giornata [CIOE’ DOPO LE REGIONALI DI MARZO 2010, NDR] è di Umberto Bossi: «Non ho ancora sentito Berlusconi. Mi complimenterò con lui per la tenuta del Pdl. Ma la Lega è scatenata».
La settimana in cinque minuti, Vanity Fair n. 12, 31/3/2010
[...] Ieri Bossi ha detto: «Temo che le cose non si rimettano a posto. Se le cose non andranno a posto, lo scenario possibile saranno le elezioni». Il senatùr se ne intende: dopo aver lasciato il ministero dell’Agricoltura al berlusconiano Galan, ha preteso che Zaia in Veneto rifacesse la giunta e desse l’assessorato all’Agricoltura a un leghista. Saranno leghisti gli assessori all’Agricoltura di tutt’e tre le regioni settentrionali, Lombardia, Veneto e Piemonte. La Lega non cederà nemmeno il sottosegretario governativo, perché Bossi considera allevatori e coltivatori gente sua. Quando Fini dice che nella coalizione la Lega è forte, non ha torto. Quando Bossi dice che, se farà i gruppi, si andrà al voto, non ha torto nemmeno lui. Evidentemente, per evitare di farsi rosolare per tre anni a fuoco lento, i parlamentari del Pdl sono persino pronti, se del caso, alle dimissioni di massa. Un modo, mai usato in precedenza, per forzare la mano al Capo dello Stato.
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1152 17 aprile 2010
Ieri Bossi ha detto di volere le banche del Nord, il Senato federale e, nel 2013, un premier leghista. « chiaro che le banche più grosse del Nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo». Inoltre, Bossi non vuole modifiche alla legge elettorale, «anzi io toglierei il doppio turno anche alle Comunali» (questo peraltro lo aveva già detto Calderoli). Infine non ci sarà nessuna federazione con il Pdl: «La Lega sta sola». Sulla faccenda delle banche ha risposto, indignato, Michele Ventura, vicepresidente dei deputati del Pd: «Dobbiamo annoverare queste parole tra le battute che si perdono nell’etere o dobbiamo seriamente preoccuparci? Chiediamo a Bossi di rassicurare i cittadini che le nomine a cui sono chiamati, nei prossimi mesi, gli Enti Locali del Nord per i posti di loro competenza nelle Fondazioni bancarie saranno sottoposte ai soli criteri di professionalità, onorabilità, indipendenza e assenza di conflitto d’interessi. E non alla tessera del suo partito».
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1150 15 aprile 2010
Ieri Bossi, che in Emilia ha sfiorato il 14% e in Toscana il 7, ha detto chiaramente che la Lega condizionerà il governo, in direzione delle riforme. C’è il federalismo da fare. Ci sono nuovi posti di potere da pretendere, perché, anche se la Lega non ha preso al nord più voti del Pdl, il partito è avanzato in percentuale mentre il Popolo della Libertà è arretrato. Si sa che i leghisti puntato sul sindaco di Milano e poi bisognerà vedere come saranno ripartiti i posti di governo vacanti, per esempio chi andrà al posto di Zaia – eletto in Veneto e che lascerà il ministero dell’Agricoltura -, chi al posto di Brunetta se, come i sondaggi davano per sicuro, diventerà sindaco di Venezia. Inoltre: la Lega vorrà dire la sua sul riassetto del capitalismo italiano, sa quella roba di cui non abbiamo avuto modo ancora di occuparci, Geronzi alle Generali, Pagliaro in Mediobanca e la sistemazione di qualche succoso istituto bancario locale del Nord.
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1135 30 marzo 2010
[...] «Di fronte agli attacchi - consiglia il Senatur a un Fini ormai esasperato per gli affondi del «Giornale» berlusconiano - un politico deve far finta di niente. Farsi scivolare tutto addosso». Proprio come fa lui. L’altro giorno, uno degli scrittori più raffinati e coccolati nell’establishment culturale e giornalistico, Pietro Citati, ha mosso un attacco greve, al livello di quelli che potrebbero fare certi leghisti non allevati al contrario di Citati alla Scuola Normale di Pisa, al capopopolo lumbard. Dicendo, poco elegantemente, che il suo famoso ictus fu dovuto a overdose di Viagra. E Bossi come ha reagito? Con un’alzata di spalle. Anche Fini dovrebbe fare così?
Mario Ajello, Il Messaggero 29/4/2010
DONNA ASSUNTA ALMIRANTE: [...] «Ha visto quel furbone di Bossi? Lui la sua casetta della Lega se l’è tenuta. Fa l’alleato, ma non ha bisogno di ospitalità da nessuno»
Luca Telese, il Fatto Quotidiano 28/4/2010;
[...] Come tutti sanno, anni fa Umberto Bossi disse che la Lega CELHADURO. E allora – dice questa tradizione ”, una sera per provare i suoi doni sessuali, Bossi andò con una ragazza in uno degli innumerevoli alberghi che decorano i paesotti e le cittadine della Pianura Padana». «Per accrescere la propria forza, ingoiò non una ma due pasticche di viagra. Gli venne un colpo; e di notte, segretamente, venne portato in una clinica svizzera. Ora, se lo vedi alla televisione, balbetta, biascica, sbrodola. Ma Calderoli sostiene che il colpo ha fatto diventare Bossi molto più intelligente di prima: ora è un genio assoluto; qualcosa come Nietzsche dopo l´accesso di follia a Torino». «Non lo sapevo, gli dissi. Bossi mi è sempre stato simpatico. Ma sono certo che la sinistra, austera e severa com´è, non sa nemmeno cosa sia il viagra. Puoi immaginare che Fassino prenda il viagra?» [...] Il mio amico fisico si arrabbiò. Voleva da me cose precise, certe, sicure, anche se fantastiche. «Io, invece, disse, ho una idea chiarissima. Il consumo di viagra si diffonderà, tra vecchi e giovani: il paese (salvo qualche oasi fortunata) crescerà in sciocchezza: l´imprecisione e il pressappoco e l´all´incirca e il «così così» avranno partita vinta. Allora, ci sarà un solo presidente possibile: Umberto Bossi.[...]
Pietro Citati, la Repubblica, 27/4/2010
[....] Arrivando [FINI E I SUOI, NDR] al punto di scagliare addosso al Cavaliere e al gruppo dirigente del PdL l’accusa delle accuse: nell’Italia del nord siamo diventati la fotocopia della Lega, Umberto Bossi è ormai la stella polare del governo.
Giampaolo Pansa, Libero 24/4/2010
[...] La filosofia di Berlusconi, comunque, è quella di un bipolarismo rigido, che consolidi il suo asse con Bossi e scoraggi la formazione di terzi poli (la stessa offerta di uno «Statuto dell’opposizione» ha questa finalità strategica). [...]
Claudio Sardo, Il Messaggero 27/4/2010
[...] Enzo Bettiza ricorre a una metafora onirica per confidare al Corriere una cosa che non aveva mai detto: il giornalista più raffinato d’Italia, lo scrittore mitteleuropeo, vota Lega. La Lega di Bossi, con il Carroccio, Alberto da Giussano, lo spadone e tutto. «Ma Pontida è un mito immaginario, come i druidi, i celti e le bevute dell’acqua del Po. La Lega non è figlia della battaglia di Legnano, condotta dai lombardi contro un imperatore germanico. Al contrario: la Lega discende dal Lombardo-Veneto asburgico. Gli antenati di Bossi sono Maria Teresa, Giuseppe II, il lato umano di Radetzky. Il suo antecedente è la buona amministrazione austriaca» [...] «Il carisma di Bossi, sempre esistito per il suo popolo, si è molto rafforzato dopo la malattia. Ha assunto una ruvidezza un po’ immobile e statuaria, una loquela condensata e tagliata che fa delle sue apparizioni in pubblico un’icona popolare (Bettiza dice ìcona, con l’accento sulla ”i”, alla greca). Non farà il sindaco di Milano, perché non ha la salute né l’interesse a sobbarcarsi il lavoro e le arrabbiature di un sindaco. Il piccolo de Gaulle popolaresco padano che diventa podestà: no, non lo vedo. Bossi ha un grandissimo fiuto politico. Sa bene dove va il boccino e fin dove lo può spingere. Non è certo lui che aizza Berlusconi, anzi, quando lui esagera con la sua attitudine megalomanica è Bossi a tirarlo per la manica, a esercitare una pressione sedativa. evidente che il dopo-Cavaliere è la Lega».
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 26/04/2010
Umberto Bossi, a un congresso leghista, ne parlò (dello scontro delle armate celtiche con i romani, ndr) accorato come fosse successo la settimana prima: «Fratelli toscani, vorremmo che il mondo celtico ricordasse con un cippo, a Capo Talamone, il monito: fu la divisione tra fratelli a renderci schiavi dei romani». Spiegò infatti, piangendo sulle sorti di re Concolitano ed Aneroesto, sfortunati protagonisti di quella sconfitta, che «l’ armata padana», beffata dall’ infida diplomazia romana, «fu costretta a lasciare forze ingentissime a casa per proteggere le case e le terre minacciate da altri fratelli padani. L’ esercito dei Celti, forte di 50 mila fanti e 5 mila cavalieri arrivò a tre giorni di marcia da Roma ma si trovò davanti un esercito di 250 mila uomini... I nostri andarono incontro a una grande battaglia dalle conseguenze incredibili, la fine del mondo celtico, la schiavitù... Fu l’ inizio del colonialismo».
Sergio Rizzo-Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 24/04/2010
GIULIA BUONGIORNO: «E’ evidente che Bossi e Berlusconi si muovono in sintonia per minimizzare le questioni che pone Fini. Ma noi non vi rinunceremo. Voglio credere che sia ancora possibile farlo. Certo dopo la direzione nulla sarà più come prima».
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 24/04/2010
Vittorio Macioce: «I finiani stanno cercando la loro identità in contrapposizione al nordismo culturale di Bossi, Berlusconi e Tremonti. E anche se Fini è cresciuto a Bologna, sa benissimo che le possibilità di trovare uno spazio per il suo futuro politico crescono in direzione Sud».
Vittorio Macioce, Il Giornale 23/4/2010
Alle regionali nelle due regioni del Nord-Est il Pdl ha preso il 29,4% e la Lega Nord il 29,3%. Per soli 4.332 voti il partito di Bossi nonè riuscito a diventare il primo partito del Lombardo-Veneto.
Roberto D’Alimonte, Il Sole-24 Ore 23/4/2010;
Secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso da fonti interne alla maggioranza - massimi livelli - la prossima tornata di decreti attuativi sul federalismo fiscale, dopo quello demaniale approvato prima di Natale, è attesa per il mese di giugno. Comunque prima della pausa estiva. Un’accelerazione imposta e ottenuta da Umberto Bossi e da tutta la Lega Nord, in cambio - spiegano nel Palazzo - del via libera ai provvedimenti sulla Giustizia tanto cari al Popolo della Libertà.
Affari Italiani, 06/02/2010
il capo della Camera ha chiesto al premier: "Perche’ su altre questioni le risorse, quando Bossi te le chiede, prima o poi le trovi?".
RADIOCOR 22/04/10
«Se è il mio delfino? Per ora è una trota» (Bossi sul figlio Renzo)
Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 22/04/2010
il vicedirettore generale della Rai Antonio Marano, plenipotenziario di Bossi alla Rai
Paolo Conti, Corriere della Sera 22/04/2010
Il Cavaliere vuol tirare le conclusioni, e già prepara un discorso con cui ribattere alle critiche dell’avversario (il nostro è un partito democratico, dirà Silvio, la politica di Tremonti ci ha salvati, quanto a Bossi «che Dio ce lo conservi, rimane il nostro unico alleato»)
UGO MAGRI, AMEDEO LA MATTINA, La Stampa 20/4/2010, pagina 6
[...] Avendo vinto le elezioni, Bossi vuole contare di più nelle fondazioni bancarie del Nord: richiesta legittima perché le fondazioni sono espressione delle amministrazioni locali dove il peso della Lega è cresciuto. Ma prima di cambiare rotta sul rapporto fra fondazioni e banche, Bossi dovrebbe riflettere sul disastro bancario tedesco. E dovrebbe riflettere anche il sindaco Pd di Torino, Chiamparino, che si considera azionista di riferimento di Intesa-Sanpaolo. Per ottenere rendimenti stabili e il più possibile elevati, in modo da investire sul territorio, le fondazioni dovrebbero diversificare il loro patrimonio. Concentrarlo nel possesso di una singola banca è una pura follia, e ancora più folle sarebbe se la Lega o altri azionisti di nomina politica cercassero di influire sulle scelte dei «loro» banchieri ponendo a rischio i bilanci. Se davvero l’ obiettivo di Bossi è far sì che le banche finanzino le imprese, e che le fondazioni investano in strutture sociali, egli dovrebbe ordinare loro di vendere i pacchetti di controllo delle banche e diversificare il proprio portafoglio. Seguire l’ esempio delle Landesbanken significa ritrovarsi con banche deboli e fondazioni prive di risorse, quindi con poco credito alle imprese e pochi investimenti sociali.
Francesco Giavazzi, Corriere della Sera 19/04/2010
Un anno fa [TREMONTI] ha incontrato insieme a Umberto Bossi e al ministro Calderoli, il patriarca di Venezia Angelo Scola, e ha al contempo rafforzato i suoi contatti con gli uomini chiave del governo vaticano.
Andrea Tornielli, il Giornale 20/4/2010, pagina 4
[...]Questa gente non rimprovera a Fini di opporsi oggi a Bossi e alla Lega, ma al contrario, di non aver opposto a Bossi e alla Lega nessun argine di tipo nazionale e statale, sociale e culturale, lungo tutti questi anni. Quando Bossi chiedeva la svolta federalista, inveiva contro l’Italia, Roma e il Sud, Fini dormiva o nicchiava. Quando Bossi chiedeva più poteri alle Regioni, Fini non insorgeva nel nome dello Stato italiano unitario e della sua tradizione risorgimentale, crociana e gentiliana. Quando Bossi chiedeva di non festeggiare l’Unità d’Italia, Fini e i suoi non reagivano. Quando Bossi firmava le leggi sull’immigrazione, Fini cofirmava le medesime leggi. Da anni manca un contrappeso al ruolo di Bossi che legittimamente difende le tesi leghiste. Svegliarsi oggi dopo aver smantellato la destra nazionale e il partito che recava già nel suo nome la ragione sociale italiana, è quantomeno tardivo, ipocrita, pretestuoso. Serve solo a intralciare il governo Berlusconi e a dare una mano all’opposizione.
Marcello Veneziani, il Giornale 19/4/2010
Tremonti, il superministro Pdl più vicino a Umberto Bossi,
MARCELLO ZACCHE’, il Giornale 17/4/2010, pagina 1
[...] la Lega vuole soprattutto più potere nelle amministrazioni locali, come si è subito capito dalle sparate di Bossi sulle banche («ci tocca anche una fetta di banche»); quanto al Pdl, è piuttosto chiaro che la madre di tutte le priorità è proteggere il premier dall’azione dei giudici.
Luca Ricolfi, La Stampa 19/4/2010, pagina 1
Il messaggio Bossi non lo ha voluto certo dare ai suoi elettori. Si rivolgeva invece ai suoi eletti. Col suo reiterato «ci tocca una fetta delle banche del Nord» non ha «raccolto un invito degli elettori», ma ha voluto rassicurare i sindaci della Lega. Non solo quelli che sono assetati di potere e che guardano ai posti nei Consigli d´Amministrazione di fondazioni e banche locali come a un´occasione per piazzare gli amici e ampliare il proprio potere. Si rivolgeva anche a quegli amministratori che hanno meno ambizioni personali e che si trovano in obiettiva difficoltà a far quadrare i conti delle loro amministrazioni. Sono sempre in più a temere di non riuscire a far fronte agli impegni presi nei confronti degli elettori. Non a caso molti dei protagonisti della «marcia» dei 521 sindaci lombardi che hanno simbolicamente consegnato la loro fascia di sindaco al Prefetto di Milano, hanno esplicitamente minacciato di tagliare le prestazioni sociali per le loro comunità nel caso in cui le loro richieste non fossero state accolte.
TITO BOERI, la Repubblica 17/4/2010
Insomma, Berlusconi in questo diabolico tridente con Bossi e Fini non ha veri rivali, essendo Bossi il capo di una potente nazione autonomista confinata al Nord, e Fini un uomo che si è integrato nel Palazzo e che non gareggia per il consenso popolare.
Giuliano Ferrara, Il Foglio dei Fogli 19/04/2010
Umberto Bossi, almeno, ha il pregio della chiarezza, quando dice che ”la gente ci chiede di prenderci le banche del nord ”. Ma quello che sta succedendo intorno a Intesa Sanpaolo è un altro tentativo senza precedenti da parte della politica di condizionare una banca.
Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 17/4/2010;
GIANCARLO GIORGETTI: «quel che intende Bossi è politica nobile, perché è sacrosanto che i banchieri sappiano interpretare gli umori della società di un territorio. Le elezioni hanno cer-tificato certi rapporti di forza: la Lega riesce a rappresentare meglio di altri queste aspettative.
Marco Alfieri, Il Sole-24 Ore 16/4/2010;
[...] lo stesso presidente della Camera ad aver misurato l’azzardo di un’operazione che avrebbe danneggiato il Pdl e reso irrilevanti gli esponenti dell’ex An. Gli unici a trarre vantaggio dall’operazione sarebbero stati i leghisti: con Bossi che nelle ultime ore si godeva lo spettacolo del litigio tra i due cofondatori del partito alleato. Un Bossi che è arrivato persino a considerare l’ipotesi di elezioni anticipate, avendone compreso il tornaconto per il Carroccio. Del resto, Fini non ha mai nascosto di considerare la nascita del gruppo autonomo una sorta di mossa disperata: un «muoia Sansone con tutti i filistei». Un modo per rappresentare in forma plastica e drammatica il disagio politico e anche psicologico di chi non si sente padrone in casa propria, cioè in quel Pdl che l’ex leaderdi An ha contribuito a creare. Di qui la quasi rottura di giovedì. Un passo azzardato, non c’è dubbio. Se in politica il tempismo è importante, non si può dire che il presidente della Camera si sia mosso in questa circostanza con grande senso tattico. Tuttavia con il passare delle ore è emersa una linea più realistica. Niente mini-scissione, nessun atto di clamoroso autolesionismo, bensì una più decisa sottolineatura dei temi politici cari a Fini, quelli che distinguono il profilo del presidente della Camera rispetto a Bossi e allo stesso Berlusconi.
Stefano Folli, Il Sole-24 Ore 17/4/2010;
NICOLA PIEPOLI: «Non c’è un rapporto tra gradimento di un leader e peso elettorale del suo partito. Umberto Bossi ha sempre avuto percentuali scarse di gradimento. Malgrado ciò la Lega ha sbancato alle ultime consultazioni ».
Celestina Dominelli, Il Sole-24 Ore 17/4/2010;
un altro ex politico, uomo di fondazioni e di banche, il rappresentante della Crt e vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona: «Bossi vuole fare un’Opa? Il mercato è contendibile».
Paola Pica, Corriere della Sera 16/04/2010
"Bossi ce lo ha sempre raccomandato. Gazebo, gazebo, gazebo, fuori per strada, tra la gente, cosa ci fate qui chiusi in una stanza?". Mauro Manfredini, 68 anni, modenese, recordman di preferenze tra i leghisti eletti in regione (7.392)
Gigi Riva, L’espresso, 15/4/2010
Giorgetti, sottosegretario all’Economia, è infatti l’uomo di fiducia del leader della Lega Umberto Bossi nel mondo delle banche e delle imprese, pubbliche e non. [...] I leghisti sono anche nella A2A, società che fornisce energia e gas a mezza Lombardia, con Bruno Caparini (padre del deputato Davide e proprietario del castello di Ponte di Legno dove Umberto Bossi trascorre le vacanze)
Marco Cobianchi e Gianluca Ferraris, Panorama 15/04/2010
[...] Da tempo il presidente della Camera si ritiene emarginato dall’asse tra il premier e il Senatùr e non ha tollerato che il progetto di riforma elettorale concordato tra i due venisse annunciato dopo un’allegra serata di canti e barzellette, per festeggiare il neo-governatore leghista del Piemonte Cota, nella villa berlusconiana di Arcore. [...] a Berlusconi, di concordare con l’opposizione, tutta o in parte, il suo progetto riformatore, non ha alcuna voglia. E men che meno di rischiare di finire in minoranza, perché magari Fini, Bersani, e lo stesso Bossi si mettono d’accordo ai suoi danni.[...]
Marcello Sorgi, La Stampa, 16/4/2010
[...] Ma l’eventuale nascita di gruppi parlamentari autonomi promossi da Fini equivarrebbe a una scissione del Pdl, con tutte le conseguenze del caso. Saremmo di fronte a un singolare episodio di suicidio politico da cui l’unico a trarre vantaggio sarebbe Umberto Bossi. [...] Ma se si dovesse davvero consumare la frattura, Berlusconi sarebbe più debole e non più forte nei confronti di Bossi. Questi potrebbe decidere di approfittarne, alzando il prezzo dell’alleanza, oppure al contrario potrebbe addirittura scegliere di svolgere in prima persona un ruolo di mediatore nel centrodestra. In un caso come nell’altro sarebbe padrone della scena più di quanto già non sia.
Stefano Folli, Il Sole-24 Ore, 16/4/2010
La risposta del Cavaliere, anziché tranquillizzare il presidente della Camera, lo rafforza nella sua determinazione: «Gianfranco, la Lega siamo noi, con Bossi siamo amici, garantisco io per lui».
Francesco Bei, la Repubblica, 16/4/2010 (scheda molto confusionaria. Numero: 206036).
[...] Qualcuno dovrebbe spiegare a Bossi che «le banche più grosse del Nord» verso cui vuole allungare le mani - in particolare le citate Unicredit e IntesaSanpaolo - oggi sono società da tempo quotate in Borsa e, in varia ma non piccola misura, partecipate da capitali che vengono dall´estero. Quindi, che i suoi proclami di conquista politica rischiano di influenzare pesantemente l´andamento dei titoli sul mercato, con conseguenze pure per il portafoglio della vasta platea dei piccoli azionisti. Anche perché va ricordato che i precedenti bancari della Lega depongono per il peggio: com´è il caso di quel Credieuronord che fu salvato dal fallimento con un avventuroso (e anche un pò torbido) intervento della Popolare di Lodi ai tempi della famigerata gestione Fiorani. Il fatto più sorprendente, tuttavia, non è che dalla bocca di Bossi escano simili spropositi. Ancora più allarmante è che le sue parole siano state accolte senza il minimo scandalo da gran parte degli esponenti del centrodestra. Quelli stessi, per intenderci, che seppero crocifiggere con parole di fuoco la ormai celebre battuta («Allora, abbiamo una banca») pronunciata da Piero Fassino quando sembrava vicina al successo la scalata di Unipol alla Bnl. Questa logica dei due pesi e delle sue misure getta un´ombra inquietante sulla mossa di Bossi. Non si vorrebbe che la sua sortita sia soltanto un mettere le mani avanti in una guerra sotterranea, ma già aperta dentro la maggioranza, per la spartizione del potere dapprima dentro le Fondazioni e poi all’interno delle banche.
MASSIMO RIVA, la Repubblica 15/4/2010
«Abbiamo i comuni e le province, è chiaro che anche le banche più grosse del Nord avranno uomini nostri ad ogni livello...». L’ambizione fa un certo effetto perché a parlare è direttamente Umberto Bossi. [...] Parole forti quelle del Senatur. Tanto da mandare in fibrillazione un pezzo di establishment bancario alle prese con i rinnovi in Intesa San Paolo (poco dopo la sparata bossiana è stata ufficializzata guarda caso l’indicazione in CdG del tremontiano Siniscalco, si veda aritcolo a pagina 41) e il difficile parto del "bancone" profumiano. [...]
Marco Alferi, Il Sole-24 Ore 15/4/2010
Luca Zaia, neo presidente della Regione Veneto. Nel 2008 ha dichiarato 161mila euro di reddito, più di Umberto Bossi e di Roberto Maroni
Alessandro Penna, Oggi 14/4/2010.
[...] Quando il povero Bossi si faceva vedere in canottiera scandalizzava mezzo mondo e gridavano alla sua cafoneria. Lo fa Marchionne alle cerimonie ufficiali, e nulla da obiettare, anzi che figo, che elegante.
Marcello Veneziani, il Giornale 14/4/2010, pagina 1
Bossi, che nei suoi primi anni romani si faceva ampiamente aiutare da un quasi novantenne giornalista ex democristiano, Gigi Rossi, con cui poi litigò.
FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 12/4/2010
La Lega vuole: senato federale, nuova riforma del titolo quinto per dare reali poteri alle regioni, semipresidenzialismo alla francese, taglio dei parlamentari. Incontro del 6 sera ad Arcore: i tyre coordinatori, Maroni, Calderoli, Bossi padre e figlio. Galan all’agricoltura. Perplessità su Bossi sindaco
varie (frammento 205266).
Gianpaolo Gobbo, quello che Bossi chiama "il mio imam in Veneto".
FRANCESCO JORI, la Repubblica 9/4/2010
Roberto Maroni insiste: «La Lega è il motore delle riforme». Senz’altro, e Silvio Berlusconi è la benzina. E se la Lega è il motore e Berlusconi è la benzina, Gianni Letta è l’acceleratore, Umberto Bossi è il pistone e Roberto Calderoli è lo spinterogeno, così come Ignazio La Russa è il volante e Denis Verdini è il navigatore. E Sandro Bondi è la freccia che indica la direzione e Fabrizio Cicchitto è il tergicristallo che spalanca l’orizzonte e Maurizio Gasparri è il clacson dell’allegra brigata. E Gianfranco Fini? Eh, un attimo di calma: intanto gli stanno spiegando che bisogna tenere la destra.
Mattia Feltri, La Stampa 9/4/2010, pagina 2
[...] E sul terreno riformatore più specificatamente istituzionale, non mancavano, per logica natura delle cose, i riferimenti corposi a una cultura di origine cristiana. Più volte, quando ogni sera passava a colloquio con il direttore del giornale (e senza dare neppure un occhio alla prima pagina da pubblicare), l’onorevole Bossi confessava di ritrovare più consonanza rispetto alla sua azione politica con il solido autonomismo di Luigi Sturzo più che con l’architettura di pensiero di Carlo Cattaneo, anche se in pubblico non poteva certo ammetterlo. Apparendo comunque (e non solo sul terreno federalista) insieme attirato e respinto dal mistero della fede cristiana – che disconosceva solo per sé stesso – e dai suoi influssi innegabili sedimentati nella storia e nella società.
Giuseppe Baiocchi, Liberal, 7/4/2010 (ripreso dal blog di Sandro Magister)
E allora che cosa volete? ROBERTO MARONI: «Che sia affidato a Umberto Bossi e Roberto Calderoli il compito di formulare una proposta di grande riforma della Costituzione disegnando il nuovo assetto costituzionale e federale. Credo che la Lega lo meriti, che sia il riconoscimento del nostro straordinario successo. Siamo pronti e soprattutto abbiamo la capacità per farlo [...] Abbiamo già riformato le pensioni e il Welfare, ora Bossi e Calderoli sono le persone giuste per fare il resto». Il candidato sindaco di Milano sarà del Carroccio? «Bossi si è già prenotato».
Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 06/04/2010
Quanto ai suoi alleati e partner principali, Bossi e Fini, i custodi della democrazia diffidano del primo (Bossi), perché detestano la sua xenofobia e il suo antimeridionalismo; e confidano nel secondo (Fini), perché trovano affascinanti le sue uscite eterodosse, ora a difesa degli immigrati, ora a difesa della Magistratura, ora a difesa del Mezzogiorno.
Luca Ricolfi, La Stampa 4/4/2010, pagina 1
[...] Bossi non è più un avventurista, nel centrodestra ci sta come il topo nel formaggio, nel senso che se lo mangia e si ingrassa. Non farà alzate di testa, e anzi potrebbe perfino imporre a Berlusconi una maggiore prudenza nei rapporti con l’opposizione, essenziale per quelle riforme, in primis il federalismo, che alla Lega interessano più di ogni altra cosa.
Antonio Polito, Il Riformista 30/3/2010
l´«amicizia», categoria che Bossi ha elevato al cielo della politica
ODOLFO SALA, la Repubblica 3/4/2010
Ma quali sono le ragioni e i meriti concreti per cui la Lega ha tenuto e ora celebra il suo tsunami, la sua clamorosa vittoria alle elezioni regionali? Una delle ragioni è di essere un partito compatto e disciplinato: Bossi dura da più di vent´anni, il suo primato è indiscutibile, quando Maroni tentò una sortita venne richiamato all´ordine e tornò fedelissimo. L´altra sono i segni di una identità, il colore verde esibito nelle cravatte e nei fazzoletti, la difesa degli interessi locali. Ecco perché i nuovi governatori del Piemonte e del Veneto sanno come esordire. Cota: «A me di Termini Imerese non importa niente, io penso al Lingotto e a Torino». Zaia: «Il ministero dell´Agricoltura? Lo lascio ai romani, io preferisco incontrare i contadini del Veneto».
GIORGIO BOCCA, la Repubblica 3/4/2010
E Bossi (AL QUIRINALE, NDR)? ROBERTO CALDEROLI: «No lui sarebbe imbrigliato in un ruolo del genere. Lui è un capopopolo ed è un complimento»
Eugenio Bruno, Il Sole-24 Ore 4/4/2010;
un esempio per tutti il compianto arcivescovo di Como, Alessandro Maggiolini, che nel ’98 incontrò segretamente Umberto Bossi, per anni etichettato come il " vescovo leghista".
Carlo Marroni, Il Sole-24 Ore 3/4/2010;
[...] Bossi sfrutta le difficoltà attuali delle gerarchie ecclesiastiche. E cerca di piegare le posizioni della Cei alle priorità leghiste in materia di lotta alla diffusione dell’islamismo; all’immigrazione clandestina; e di competizione sia col Pdl che con la sinistra. Per raggiungere lo scopo non esita a bacchettare i cardinali che ritiene «fuori linea», come avvenne nel dicembre scorso contro l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, considerato dai leghisti troppo «filo-islamico». L’offensiva di Cota e Zaia riflette un leghismo popolare, cristiano e padano che offre i propri «crociati» alla Chiesa cattolica; ma in cambio pretende un collateralismo senza cedimenti sui temi che interessano al partito.
Massimo Franco, Corriere della Sera 02/04/2010
Bossi: 156.405 euro nella dichiarazione dei redditi 2009 + 22 mila rispetto all’anno prima
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1121 16 marzo 2010
Bossi ha fatto una dichiarazione il cui significato capiremo fino in fondo solo dopo le elezioni: «Abbiamo fatto cose più grandi, ma non vedo perché definire la protesta grottesca». Starà prendendo le distanze dal Cavaliere?
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1119 14 marzo 2010
Pare che lo stato maggiore della Lega, Umberto Bossi in testa, arrivi tra gli stucchi del Carignano venerdì 9, a godersi Stasseira, regista Massimo Scaglione, coordinatore artistico Giulio Graglia, scene di Carmelo Giammello, collaboratore ai testi Bruno Quaranta.
ALESSANDRA COMAZZI, La Stampa 2/4/2010, pag. 33
LUCA ZAIA: «Ero sempre stato democristiano, poi quando esplose Tangentopoli mi trovai disorientato. Un giorno ricordo che Bossi venne a Fusina. Ne fui conquistato».
JACOPO IACOBONI, La Stampa 2/4/2010, pag. 9
[...] Umberto Bossi, come sempre, aveva reso plasticamente la questione proclamando: «Devono cacciare i soldi!» Ma la partita che si è subito aperta tra Zaia, Unicredit e Intesa San Paolo, che ha costretto martedì Alessandro Profumo e Giovanni Bazoli a piantare i loro paletti rispetto alla conclamata invadenza della nuova politica vincente, ha subito fatto un salto di qualità allargando l´editto imperiale leghista dalle banche alle società di gestione autostradale che, come le fondazioni bancarie, allineano in alcuni casi tra i loro azionisti di peso gli enti locali controllati dalla Lega: comuni, province e adesso anche regioni. «Vogliamo governare queste realtà in prima persona», ha detto papale papale Dario Fruscio, ex senatore, consigliere dell´Eni, commercialista e economista di fiducia di Bossi, che governa l´economia leghista al fianco di Giancarlo Giorgetti.
ALBERTO STATERA, la Repubblica 1/4/2010
Angelo Alessandri ora di anni ne ha 40. Da nove è il capo della Lega emiliana, che ha portato dal 3 al 13%. Come premio, Bossi gli ha dato la presidenza della Lega Nord, di cui l’Umberto è segretario. [...] I primi dieci parlamentari leghisti furono eletti in Emilia nel ”94, quando Bossi strappò a Berlusconi gran parte dei collegi del Nord; ma quando il governo cadde, in otto andarono con Forza Italia e restarono soltanto in due, tra cui Giorgio Cavitelli, storico sindaco monocolore di Busseto, culla di Verdi. «Bossi era venuto per la prima volta in Emilia nel ”91. Parlò a Luzzara, nella sala che oggi è dedicata al figlio più illustre del paese, Cesare Zavattini. Zavattini è sempre stato il mio mito, insieme con Guareschi e Gianni Brera, il primo a parlare di Padanìa, con l’accento sulla ”i”. Bossi ci disse che dovevamo portare pure sotto il Po il vento del cambiamento. Sembrava pazzia, ma ora ci siamo, il traguardo è a un passo».
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 01/04/2010
[...] Il vero exploit economico l’ha ottenuto la Lega Nord di Umberto Bossi, che avrà diritto a un rimborso di 26,3 milioni di euro affermandosi ormai come terzo partito italiano. Economicamente il Carroccio vale quasi il doppio dell’Italia dei valori, anche se Antonio Di Pietro è il solo insieme a Berlusconi e Bersani ad ottenere rimborsi in tutte le regioni in cui si è votato. Per Bossi non erano attesi i quasi 3 milioni di euro conquistati in Emilia Romagna e Toscana e l’altro milione e mezzo racimolato fra Liguria, Marche e Umbria, scendendo ben al di sotto della linea del Po.
Chris Bonface, libero 31/3/2010
Dove vince LA LEGA
Uno studio mostra come Bossi abbia raccolto al Nord i consensi che erano della Dc. Grazie alla diffusione della piccola proprietà agricola e alla resistenza alla secolarizzazione
L’Espresso, 31/3/2010
Qualche mese fa, ad esempio, era presente alla prima del pur non memorabile «Barbarossa», officiante proprio Umberto Bossi.
FRANCESCO MANACORDA, La Stampa 31/3/2010, pagina 6
Bossi è, come sempre, abilissimo a spostare l’attenzione verso la sinistra con l’ormai consunta retorica del voto operaio, ma i dati sono inequivocabili: il Pdl è andato male (meno 7% dei voti rispetto al 2008), la Lega ha sfondato al nord, il Pd tiene e dunque è difficile immaginare ipotetici travasi elettorali dall’opposizione al governo. [...] Nell’attuale sistema Bossi si è conquistato una posizione di controllo invidiabile, simile a quella di Craxi negli anni Ottanta e ora, è facile prevedere, incomincerà anche lui a parlare di "grande riforma". Va riconosciuto che se l’è meritata con atti di coraggio che forgiano un autentico leader politico: tra il 1994 e il 1995, resosi conto che Berlusconi si stava annettendo il suo partito per via parlamentare, ebbe la forza di uscire dal governo, di consegnare nel 1996 l’Italia al centro- sinistra per cinque anni, nella consapevolezza che, se Berlusconi e Fini avessero voluto riconquistare il governo, sarebbero dovuti tornare a prendere il caffè con lui, ma con al-tri rapporti di forza, tutti a suo favore. Per compiere simili operazioni servono determinazione e convinzione ideale non comuni: tenere un partito unito dal governo è facile, portarlo deliberatamente all’opposizione per difenderne l’identità è una prova del fuoco.
Miguel Gotor, Il Sole-24 Ore 31/3/2010;
«La Padania è una nazione, l’Italia solo uno stato...». Ieri il vecchio mantra bossiano è uscito dai cassetti delle prime Pontida per finire sulla bocca di molti leghisti, in un modo così liberatorio che solo la presa del Piemonte e di Torino può completare, a pochi mesi dal centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia?
Marco Alfieri, Il Sole-24 Ore 30/3/2010;
Bossi non è mai stato così forte in un arco alpino che va dal Veneto al Piemonte. Zaia ha trionfato nel nordest, Cota si è affermato nel nord-ovest; solo Formigoni è riuscito a controllare in Lombardia l’avanzata leghista. Ma non basta, perché la Lega deborda oltre le sue aree di antico insediamento, ottiene risultati a due cifre in Emilia-Romagna, avanza in Liguria, Toscana e Umbria. In altre parole, incalza la sinistra nei suoi territori storici.
Da oggi il suo messaggio a Berlusconi è molto chiaro. La Lega sostiene con lealtà il premier, ma diventa il motore della maggioranza e del governo. Bossi può chiedere o meglio pretendere le riforme, il federalismo fiscale, un assetto più snello dello Stato. In un certo senso assume la veste di presidente del Consiglio «ombra», con il preciso intento di difendere le ragioni e gli interessi del Nord. Spetterà a lui limitarsi a questa missione, con tutti i rischi connessi per l’unità nazionale, oppure fare un passo avanti. Proprio in virtù della sua grande forza, Bossi potrebbe essere il mediatore di un nuovo patto politico-istituzionale offerto all’opposizione, a cominciare dal Pd. [...] Ma Bossi ora è più che un partner: è il detentore delle chiavi del Nord più di quanto non sia mai stato in passato. Tutti dovranno fare i conti con lui. Primo fra tutti, Berlusconi. Quanto all’opposizione, l’Udc ha confermato più o meno le sue percentuali dove si è presentata da sola. Ha dimostrato in qualche caso (la Puglia) che con il suo appoggio il centrodestra avrebbe vinto. Come è accaduto nel Lazio. Al Nord ha tentato senza riuscirvi (in Piemonte) di costruire un muro davanti alla Lega. Ora per Casini comincia un lungo cammino da compiere senza errori verso le scelte del 2013, sapendo che i suoi voti restano importanti, talvolta decisivi. Tanto più che Bersani, nel momento in cui il Pd evita il tracollo e conferma la sua solidità, deve prendere atto del successo dell’Italia dei Valori e anche delle liste «grilline »: le nuove forme del radicalismo. Non sarà facile per il centrosinistra comporre una credibile alternativa di governo, evitando il rischio di logorarsi. Comunque un personaggio nuovo c’è e si chiama Vendola. E in ogni caso la prossima scommessa passa dal rinnovamento del paese. Un tema che riguarda tutti, governo e opposizione. Sarebbe grave lasciarlo nelle mani del solo Bossi.
Stefano Folli, Il Sole-24 Ore 30/3/2010;
ROBERTO COTA: «Ha ragione Bossi. La classe dirigente leghista è la migliore in assoluto». [...] La prima volta che Bossi mi disse ”un giorno sarai tu il governatore del Piemonte” fu nel 2000. E quando si è trattato di scegliere le candidature per queste Regionali, la mia discesa in campo era nell’aria. Me l’ha chiesto con insistenza anche il PdL per mesi. Bossi mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto: ”Roberto, ma tu sei sicuro di voler fare il candidato alla presidenza del Piemonte? Perché, sai, io conto molto su di te come capogruppo”. Lui non era mica tanto d’accordo». Ma alla fine all’Agricoltura chi ci andrà? Bossi ha detto che ci resterà Zaia, ma non è credibile. « Bossi che decide». [...] grazie a un giornale che lei si innamorò di Bossi.
«Votavo per lui dal 1987. Sono il più vecchio della generazione di quelli che hanno sempre votato solo Lega. Nel ”90 lessi quest’articolo su Panorama e dissi: ”Adesso basta. Vado”».
La sua investitura è avvenuta nel sottoscala di un bar. «Il bar ”Otello” di Novara. Andai lì con il mio amico Giorgio Ferrari e l’Otello ci sussurrò: ”Sì sì, per la Lega. Ma andate nel sottoscala, sennò perdo i clienti”. Abbiamo fatto un paio d’incontri lì, e poi ci demmo appuntamento nella sede della Lega, in periferia di Novara. Da quel giorno iniziai a mangiare pane e Lega».
Il suo primo incontro con Bossi?
«La prima volta che Bossi venne a Novara, nel ”91. Io facevo la gavetta. Andammo con altri della Lega ad aspettarlo. Lui ci caricò tutti sulla sua Citroën rossa, e noi, dai sedili di dietro, gli indicavamo la strada». Il rapporto tra voi si saldò nel ”99, quando scoppiò il caso di Domenico Comino, il segretario del Piemonte cacciato dalla Lega, che lei sostituì.
«Bossi mi telefonava tutte le notti. La mattina mi chiedevo: mi avrà chiamato o l’ho sognato? Lui mi dava tutti gli ordini e io puntualmente sbagliavo qualcosa. Poi non mi sono fatto più prendere alla sprovvista: block notes sul comodino e non ho più fatto errori».
E in breve tempo lei riuscì a scalzare Matteo Brigandì, diventando l’avvocato di fiducia del Senatur. «Brigandì è ancora il suo avvocato di fiducia. Ogni tanto Bossi mi chiede consiglio. Ma una volta è stato lui a farmi vincere un processo in cui difendevo delle persone per un reato di opinione, suggerendomi la linea difensiva».
Lei è diventato più intimo di Bossi di tanti leghisti storici e gli è stato molto vicino durante la malattia. Che rapporto ha Bossi con la fede? « già difficile parlare della propria fede, figuriamoci di quella altrui. Quello che posso dirle è che nel cortile di casa sua c’è una Madonnina di legno. Tutte le volte che esce, lui l’accarezza».
Barbara Romano, Libero 25/3/2010
[...] Correva il 2003, quando Bossi, che prima della malattia inondava le platee di interminabili discorsi, infiammava il popolo del congresso di Assago con queste parole: «Il ministro Tremonti e il nostro Giorgetti hanno messo fine a quella logica che tolse il controllo delle fondazioni agli enti locali. Le fondazioni ritornano al territorio, agli enti locali, ai comuni,alle province. Io mi auguro che tutti noi sappiamo cosa vuol dire avere il potere finanziario, avere o non avere le banche».
ALBERTO STATERA, la Repubblica 25/3/2010
Jean-Marie Le Pen: «Conosco Borghezio. Bossi non lo conosco e non abbiamo molto in comune. Lui vuole dividere il suo Paese, io la Francia la voglio salvare».
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 23/03/2010
la fondazione "Carlo Cattaneo", che riunisce lo stato maggiore del Carroccio e di cui è presidente onorario Umberto Bossi
PAOLO BERIZZI, la Repubblica 23/3/2010
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Libri:
DI PIETRO Antonio - La mia politica. Presentazione di Paolo Flores d’Arcais. Micromega, Roma 1997
Subur
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Bossi e la Lega, Patrimoni, riforma pubblica amministrazione, Rifondazione comunista, Amnistia per Tangentopoli, corruzione, elettori socialisti, voto degli italiani all’estero, finanziamenti illeciti, presidenzialismo, indulto, art. 513 c.p.p.