Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 12/5/2010;, 12 maggio 2010
”SERVIZI PAGATI DA ANEMONE”
Ammissioni e nuove scoperte. E il filone d’indagine continua a ruotare intorno ai rapporti tra Diego Anemone, l’imprenditore che gestiva gli appalti per i ”G8”, e i servizi segreti. Un filone sul quale, l’inchiesta della procura di Perugia, sul filone ”cr icca”, continua a trovare riscontri. Il generale dell’A isi Francesco Pittorru, sentito come persona informata sui fatti dai pm Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani, ha ammesso di aver ricevuto soldi da Anemone. Soldi che il generale, che non è indagato, ha dichiarato di aver ricevuto in prestito e che, al momento, non avrebbe ancora restituito. Della restituzione, almeno, non v’è traccia nelle indagini svolte dalla polizia giudiziaria che, nel frattempo, ha raggiunto un altro obiettivo: è stato individuato l’acquirente di un appartamento pagato, per quanto emerge dalle indagini, con gli assegni dell’a rch itetto Zampolini. Il suo nome è Alberto Donati. Non si tratta di un personaggio pubblico all’altezza di Angelo Balducci, ex Presidente della consiglio superiore dei Lavori pubblici. Tanto meno è paragonabile all’ex ministro Claudio Scajola, o al generale della Guardia di Finanza, e l’indagine punta a verificare se anche il nome di Donati sia legato all’a mbiente dei Servizi Segreti. Il punto chiave sta nella data: 7 luglio 2004. E in un sospetto: Anemone, in quell’anno, muove troppi soldi in operazioni di questo tipo. Potrebbe essere il ritorno a qualche favore ricevuto. Nei mesi precedenti ha ottenuto l’appalto per la ristrutturazione di una sede dei servizi, per la quale è necessario il ”nos” - nulla osta sicurezza – che Anemone utilizzerà spesso, da quel momento in poi, per ottenere appalti milionari. Ripercorriamo le operazioni di quell’anno. Nel 2004, in ”relazione al generale della Guardia di Finanza Francesco Pittorru”, scrive l’accusa, ”appaiono riferibili due operazioni immobiliari, riferite all’a p p a rtamento di residenza del medesimo e della figlia, che vedono Angelo Zampolini come intermediario fittizio”. Nel 2001, infatti, viene segnalata la richiesta di 28 assegni circolari da 10mila euro e un assegno circolare da 5mila, tutti all’ordine di Monica Urbani. Parliamo proprio della figlia del generale Pittorru. Sempre nel 2004, questa volta siamo al 6 luglio 2004, Angelo Zampolini versa 900mila euro, richiedendo l’emissione di 80 assegni circolari, intestati a Barbara e Beatrice Papa, che vendettero la casa con vista sul Colosseo all’ex ministro Claudio Scajola. Appena ventiquattrore dopo, sempre Zampolini, ”ver sa 520mila euro in contanti, richiedendo l’emissione di 52 assegni circolari, tutti dell’importo di 10mila euro, all’ordine di Maurizio De Ca- PROTEZIONE E CORRUZIONE ro l i s ”. Ed è proprio su quest’operazione sospetta che s’è concentrata la Polizia tributaria, che sta svolgendo le indagini per conto della procura perugina, scoprendo che, proprio il 7 luglio , sempre dinanzi al solito notaio – Gianluca Napoleone, lo stesso di casa Scajola – M a urizio De Carolis, professione giardiniere, vende un appartamento in via Emanuele Gianturco numero 5. Seguendo la logica delle operazioni precedenti, quindi, l’acquisto avverrebbe, in realtà, con i soldi versati da Zampolini il quale, nelle altre operazioni, agiva per conto di Diego Anemone, sebbene questi abbia sempre negato. L’a c q u i re n t e , però, questa volta non è un nome noto. Parliamo di Alberto Donati, dirigente nato a Montevarchi e, all’epoca, residente a Spoleto. L’appartamento è a un secondo piano rialzato, composto da cinque camere più accessori, con due cantine, per un totale di 8,5 vani che, nel contratto di compravendita vengono valutati, al minimo, 2.524 euro al metro quadro. Anche in questo caso, come nella vicenda Scajola, i conti non tornano: Zampolini, secondo le ricostruzioni investigative, avrebbe infatti versato a De Carolis – il venditore dell’appartamento – 5 2 0 m ila euro in assegni. Sul contratto, però, c’è scritto che De Carolis vende a Donati per 390mila euro. E se, in un primo momento, s’è immaginato che la famiglia Donati fosse un prestanome. Di certo, però, c’è al civico numero 5 di via Gianturco, la famiglia Donati, ci abita. Gli inquirenti stanno continuando a indagare e cercano dei riscontri su una pista che potrebbe ricollegare anche questa vendita ad ambienti vicini ai Servizi. Il numero delle operazioni sospette non è legato solo agli appartamenti e, secondo i pm, il denaro, cambiato in assegni circolari, è stato destinato a diversi pubblici ufficiali, anche con l’intenzione di depistare le indagini.