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 2010  maggio 11 Martedì calendario

GLI STATALI NEL MIRINO DELLA STRETTA

Il super piano europeo, varato nel corso di un lungo week-end, ha superato la prima temuta prova, la reazione dei mercati, estremamente favorevole. Parigi ha chiuso con un guadagno del 9,6 per cento, Milano dell’11,3, Madrid addirittura quasi del 15. E sopra il cinque per cento hanno guadagnato le più moderate Londra e Francoforte. La giornata era cominciata con chiusure positive in Asia e a un’ora dal termine delle contrattazioni il Dow Jones è sopra del 3 per cento.
Dunque, le borse mondiali hanno apprezzato la reazione dell’Unione europea, ma il piano è complesso e avrà bisogno di un po’ di tempo per dispiegare i suoi effetti e per stabilizzare la situazione. fatto sostanzialmente di quattro ordini di misure, le prime tre indicate nel comunicato dell’Ecofin di domenica, la quarta messa in atto ieri mattina dalla Bce.
Il primo punto riguarda il salvataggio della Grecia, un prestito da 110 miliardi di euro, che ha fatto molto discutere perché è arrivato dopo settimane di incertezza che hanno complicato le cose (ancora ieri la solita Moody’s è tornata a parlare di declassamento del debito greco). Il cordone sanitario finanziato con l’impegno dei paesi euro, sarà accompagnato da un rigida manovra di finanza pubblica varata la scorsa settimana su cui è scattata la protesta dei sindacati. Il piano di Atene è importante perchè traccia una strada riguardo ai tagli della spesa pubblica su cui anche gli altri paesi si orienteranno.
E qui veniamo al secondo punto. Il più impegnativo politicamente: è la richiesta ai paesi europei di adottare provvedimenti di contenimento della spesa, di aggiustamento fiscale e di riforme strutturali per sostenere la crescita economica. L’invito è pressante per Portogallo e Spagna - dopo la Grecia, i due paesi più in difficoltà nell’Eurozona - a cui si chiede una manovra aggiuntiva già per quest’anno. Il governo spagnolo ha annunciato ieri mattina che ridurrà il deficit di 5 miliardi di euro quest’anno e di 10 miliardi nel 2011, con tagli dello 0,5 e dell’un per cento del Pil che porteranno il deficit al 6,5 nel 2011 (l’anno scorso il deficit era all’11,9 per cento). Lisbona invece punta a portare il deficit dal 9,4 dello scorso anno al 5,1 per cento entro il prossimo. La Grecia ha un programma ancora più serrato, ridurre il deficit di 10 punti in tre anni, dal 13,6 dello 2009. Portogallo e Spagna dovranno dare indicazioni già all’Ecofin della prossima settimana.
Il documento di domenica rivolge l’invito a politiche più rigorose a tutti i paesi. La Francia le aveva già annunciate la scorsa settimana, qualcosa è trapelata anche sulla manovra italiana (entrambe guarda caso nella stessa direzione di quella greca, prima azione: contenimento delle spese nel pubblico impiego).
Di questo punto due, mercoledì parlerà la Commissione europea. il tentativo di una specie di implicita revisione del patto di stabilità con un monitoraggio preventivo dei bilanci dei paesi, a cui già la Germania si oppone. Questa parte del documento è quella destinata a generare il dibattito più serrato. La crisi greca ha fatto vacillare la tenuta dell’unione monetaria. Adesso l’Europa è sì più forte, come ha ricordato ieri Giulio Tremonti, ma deve esibire muscolatura politica e questo è il terreno. Per la maggior parte degli osservatori, gli attacchi speculativi dei giorni scorsi vanno addebitati alle incertezze politiche dell’Unione, priva di leadership e di una chiara indicazione di marcia fino a due giorni fa. Un punto debole resta: al momento non ci sono idee innovative su come favorire la crescita. Mentre l’aspetto interessante sul piano politico è l’influenza culturale della recente esperienza americana, indispensabile per l’entità dello sforzo annunciato e per la spettacolarità che ha impressionato i mercati (del resto, Barack Obama è stato molto presente, anche mediaticamente, nei giorni scorsi a sostegno delle decisioni europee).
Quantitativamente gli elementi di contatto con l’esperienza americana dello scorso anno sono evidenti sul terzo punto del piano, quello della stabilizzazione finanziaria, in cui si parla di risorse molto cospicue. 750 miliardi di euro – pari, per capirsi, a circa la metà del Pil italiano – resi disponibili grazie a Commissione, stati membri e partecipazione del Fmi, con la creazione di uno specifico fondo europeo (vedi articolo sopra di Lorenzo Robustelli). noto che la banca centrale non ha apprezzato il coinvolgimento del Fmi, per quanto il fondo europeo contenga l’embrione di emissioni congiunte di obbligazioni continentali. Altri osservatori invece ritengono che la presenza del Fondo Monetario Internazionale sarà una garanzia di ulteriore supporto tecnico.
L’ultimo punto del piano è fuori dal comunicato Ecofin, ma è stato decisivo per le reazioni di ieri: l’impegno della Banca Centrale Europea per l’acquisto sul mercato secondario di titoli di stato dei paesi euro a fronte di operazioni di finanziamento del sistema bancario. un tema delicato, qualcuno dice che la possibilità di acquistare titoli potrebbe limitare l’indipendenza della Bce. Jean-Claude Trichet ieri ha detto che non è vero, e rivendicato l’orgogliosa indipendenza della banca. Per ora ai mercati l’operazione è piaciuta.