MAURIZIO RICCI, la Repubblica 11/5/2010, 11 maggio 2010
LA CIFRA ESATTA DELLA SALVEZZA
«Uno shock & awe numero 2, in 3D, con più effetti speciali e un budget più grosso». Il riferimento di un analista all´offensiva americana in Iraq, forse, non è dei più felici, ma dà l´idea della reazione del mercato. Il pacchetto di salvataggio, varato domenica notte a Bruxelles, è stato accolto come «l´impiego di una forza soverchiante che lascia sgomenti gli avversari», secondo la traduzione corrente della dottrina militare dello "shock and awe". Anzitutto, per l´entità dei quattrini messi a disposizione dei paesi in difficoltà: 750 miliardi di euro circa. Una cifra largamente superiore alle attese, come recita il manuale delle guerre psicologiche fra governi e speculatori, dove la prima raccomandazione è, appunto, cogliere di sorpresa gli avversari. Non è, del resto, quasi certamente, una cifra scelta a caso.
In base ad una tabella, preparata dalla Bank of America, delle necessità finanziarie dei "Piigs", i paesi deboli dell´euro, da qui al 2013, si arriva, infatti, a quasi 2 mila miliardi di euro. Tuttavia, se si esclude l´Italia, paese fragile, ma, oggi, senza difficoltà di autofinanziamento, e si restringe l´orizzonte al 2012, il fabbisogno finanziario di Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda risulta esattamente di 724,3 miliardi di euro. Ed è un fabbisogno complessivo, che somma, cioè, sia il debito che viene a scadenza sia il nuovo deficit che si forma. In altre parole, è di quanto avrebbero, in totale, bisogno i quattro paesi a rischio, se non fossero più in grado di farsi prestare neanche un euro per proprio conto. Da Bruxelles arriva, insomma, una copertura completa del massimo rischio potenziale possibile. Il minimo che si possa dire, come l´economista americano Barry Eichengreen, è che «l´Europa ha guadagnato tempo». In effetti, già ieri mattina cominciavano a circolare dubbi su come gli interventi previsti verranno concretamente approvati, finanziati e realizzati. Ma, nella testa dei politici europei riuniti a Bruxelles, il pacchetto di misure varate è, sostanzialmente, una super-arma di riserva da esibire, più che da usare. La guerra di trincea, giorno per giorno, sarà affidata alla Bce e ai suoi acquisti di titoli di Stato sui mercati secondari, nella convinzione che siano sufficienti ad impedire ai loro tassi d´interesse di schizzare verso l´alto, come nelle scorse settimane.
Per ora, nella partita a poker fra governi e mercati, nessuno sembra, infatti, disposto ad andare a vedere l´eventuale bluff di Bruxelles. Al contrario, il "branco di lupi", come erano stati definiti gli speculatori che avevano accumulato posizioni al ribasso sull´euro, risulta in fuga. Un grafico di borsa mostra il crollo verticale - dal 13 all´8 per cento - degli interessi richiesti sui titoli greci a 10 anni, in sole tre ore e mezza: dalle 6 alle 9,30 di ieri mattina. «L´odore di dita bruciate aleggia sull´Europa» scrivono i blogger del Financial Times. Per i ribassisti, è una corsa affannosa a ricoprirsi. Guardare gli spread sui Cds, il Credit default swap, ovvero i titoli con cui ci si assicura contro un eventuale default, ieri era come guardare una bolla che si sgonfia: il costo di un´assicurazione contro il default dei paesi deboli si è praticamente dimezzato nell´arco di una giornata.
L´impressione, però, è che, domenica, a Bruxelles, consapevolmente o meno, non ci si sia limitati a tagliare le unghie alla speculazione. «L´Europa - sostiene Mohamed El-Erian, direttore di Pimco, il leader mondiale del reddito fisso - ha fatto di più che alzare gagliardamente il tono della risposta: l´ha portata ad un livello e ad una dimensione completamente nuovi. Adesso, siamo in acque sconosciute per quanto riguarda la forma e le procedure dell´eurozona». Secondo Elga Bartsch, di Morgan Stanley, come nella crisi dello Sme del 1992, che preparò la strada all´euro, «questa crisi del debito potrebbe agire come un catalizzatore per una unione anche più stretta dei paesi europei». Secondo Marco Annunziata, analista in capo di Unicredit, l´Europa ha compiuto un altro passo verso l´integrazione di bilancio "passiva": nonostante tutte le condizioni elencate, per evitare di accollarsi formalmente debiti altrui, di fatto «i paesi membri della zona euro hanno accettato di mettere in gioco proprie risorse per sostenere i paesi più deboli».