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 2010  maggio 11 Martedì calendario

«QUELLA VILLA IL LORO REGNO QUANTE LITI AFFETTUOSE SULLE PIANTE E LE STATUE»

«Una coppia innamorata come ne ho viste poche. Era il 1989 quando li ho incontrati. Avevo 28 anni. E mi offrirono la possibilità di restaurare il parco di Villa Belvedere: un’occasione unica». Patrizia Pozzi oggi di anni ne ha 48 ed è l’architetto paesaggista che ha curato il recupero del parco della villa di Macherio, durato decenni. Un lavoro lungo, certosino, che l’ha trasformata in un’amica di famiglia. Così, oggi che Macherio è diventata il simbolo della guerra per la separazione dei due coniugi Berlusconi, l’architetto Pozzi è dispiaciuta. Perché quella casa l’ha vista crescere assieme alla famiglia che in parte l’abita ancora. E però, ammette, è contenta che almeno Veronica Lario possa rimanere nel suo «castello»: «Vi ha dedicato tempo e passione. Oggi le comunicherà pure tristezza. Ma un conto è quando dalla tristezza sei allontanata, altro è se la puoi accompagnare».
Provare a raccontare questi 21 anni di collaborazione con Silvio e signora, per l’architetto Pozzi non è facile: «Quando il dottore la acquistò, Villa Belvedere, progettata nel 1907 dall’architetto Alemagna, era disabitata da decenni. Se ne innamorò appena vide lo stemma dei Visconti, il Biscione. Nel giardino convivono il bosco, il prato all’inglese e il giardino all’italiana. La prima cosa che mi stupì, quando fui convocata, è che entrambi mi chiesero di conservare senza stravolgere. Una cosa rara, per chi acquista proprietà del genere. più comune trovare persone che ti chiedono di eliminare un bosco per farci una pista da elicotteri. Ecco, non loro due. Loro erano uniti da una straordinaria attenzione per la natura». A Villa Belvedere l’architetto Pozzi è affezionata: «Ho potuto fare un restauro bellissimo, che ho raccolto nel mio libro Landscape design (Electa). Quando siamo arrivati era tutto invaso dalla vegetazione. Per avere una visuale d’insieme scattammo foto dall’alto». Dall’89 ad oggi, Pozzi ha avuto modo di conoscere passioni e idiosincrasie di entrambi. «La signora Veronica ama la biodinamica, tanto che mi fece realizzare un orto dei cui prodotti si serve ancora l’intera famiglia. Ai tempi lo volle per i bambini, che sono cresciuti in un rapporto stretto con la natura. Le famose caprette, per esempio. Oggi ci giocano i nipotini, ma allora le scelse per i suoi tre figli. Nel parco furono realizzati gli scatti ormai famosi di loro con la mamma. E quelle caprette hanno fatto parte di uno zoo creato accanto all’azienda agricola. Poi, per la grande passione di Eleonora, i cavalli, abbiamo costruito le scuderie». Eleonora, che «ama moltissimo gli animali, portava a casa di tutto. Anche quelli più strani, per i quali poi bisognava trovare una sistemazione nel parco. Ricordo un’iguana... Portò persino un serpente. Che ridere quando poi scappò e si scatenò una battuta di caccia nella villa». Ovunque, nel parco, si è mantenuto lo spirito originale. Oggi si contano tre serre, il giardino all’italiana con i fondali prospettici, il giardino d’inverno, il ninfeum. E «un gazebo fatto di alberi: una cupola di carpini. La famiglia ci faceva i picnic sul tavolo di marmo che avevamo recuperato».
Ma erano i «duetti» coniugali a far sorridere Patrizia Pozzi: «Non erano d’accordo su niente, però alla fine trovavano comunque una sintesi. Non so, litigavano sempre sulle statue. C’era un andirivieni frenetico di questi pezzi: andavano e venivano. Ricordo un cavallo di legno gigante che avevano regalato a lui: lei lo odiava, e così appena poteva lo faceva sparire. E poi le piante. Veronica ama la spontaneità. Lui il contrario: massima linearità, bordure ben potate. Così se lei mi chiedeva cascate di rose Cocorico e White, il dottore la contraddiceva e domandava più aceri e magnolie. Poi, però, se ne faceva una ragione. E magari alla fine diceva che quell’idea era stata sua». Ciò che ancora colpisce la paesaggista è il rapporto di Veronica Lario con il parco: «Non lo vive da sciura milanese. Trovatemi una signora di quel tipo che a piedi nudi va a raccogliere funghi e castagne o piuttosto sceglie fiori di sambuco per le decorazioni delle torte. E poi mi ha sempre stupito il suo senso artistico. bravissima a disegnare e a leggere i progetti: li capiva al volo». Il Cavaliere, invece, era molto abile nell’aspetto imprenditoriale: «Avevi un problema? Ecco la sua soluzione immediata. Mentre lei era più sensibile e romantica».
Di quest’esperienza, Pozzi ancora ricorda la sera in cui loro due, entusiasti «perché era stato finalmente completato il tetto e non pioveva più dentro, hanno organizzato una grigliata nelle vecchie stalle invitando tutti i fornitori. Ognuno portò un piatto o una bottiglia. Si ballò fino a notte fonda al lume delle candele. Sì, erano innamorati. E per questo mi dispiace quel che è successo. Perché credo che fossero una coppia che viveva il rapporto in maniera particolare ma che si è sempre voluta bene. Sotto c’è sempre stato grande sentimento. E non interesse. Certo, erano sempre carinamente in contrapposizione. Ma come si dice: gli opposti si attraggono».
Angela Frenda